Forse pochi ne sono a conoscenza ma Rimini è, al pari di Bologna, la provincia regionale col più alto numero di start up (nuove imprese) innovative: prendendo il periodo 2012-2024 ne sono nate più di 10 ogni 10.000 abitanti maggiori di 15 anni, quando la media dell’Emilia-Romagna si attesta poco sopra quota 7. In numero assoluto stiamo parlando di 302 imprese (Banca d’Italia). La vivacità e l’intraprendenza di questo territorio è confermata anche dall’intervista a Matteo De Angeli, instancabile promotore e produttore di start up, che potete leggere all’interno di questo numero di TRE. Il quale ci dice una cosa molto interessante: contrariamente ad una diffusa opinione secondo cui Rimini, per la promozione di start up tecnologiche, verrebbe penalizzata dalla mancanza di una facoltà ingegneristica del suo Polo universitario, cosa che comunque ha un suo peso, in realtà le fa premio, e compensa, la sua posizione geografica, a metà strada tra il Politecnico di Ancona e quello di Bologna, che le consente così di attingere competenze in due bacini di formazione tecnica superiore. Considerando il basso numero di addetti in imprese ad alta tecnologia e intense in conoscenza locali, rispetto alle corrispondenti emiliane, verrebbe da dire che questa abbondanza di imprese innovative è una manna e serve a coprire una serie di criticità locali come stipendi bassi ed elevata emigrazione, soprattutto di giovani laureati. Ma purtroppo non è proprio così. Perché tante di queste imprese, soprattutto quelle con maggiori prospettive di crescita, arrivate ad un certo punto vengono cedute e operativamente si trasferiscono in altra parte e al territorio rimane solo il merito di averle create, dando un temporaneo lavoro a competenze locali, ma non quello di vederle crescere e rimanere. Non è un destino ineluttabile. Queste imprese potrebbero restare e svilupparsi sul territorio se si decidesse di investire in questa direzione. Un illuminato imprenditore locale, Maurizio Focchi, titolare dell’omonima azienda, ha un suggerimento: perché non riutilizzare ed adattare una della tante colonie senza destinazione per farne una sede di imprese innovative (invece dei soliti appartamenti)? In riva al mare sarebbe una posizione invidiabile. Anche De Angeli la trova una ottima idea e sarebbe disponibile a dare una mano. Ce solo un ostacolo da superare: ci vogliono investitori, non necessariamente locali anche se l’Italia non brilla per capitale di rischio (venture capital), che credano nell’idea e il Pubblico che la faccia propria e si adoperi per realizzarla. Perché, ripetiamo, incubare tante imprese promettenti per poi vederle partire, quando a Rimini mancano buone occasioni di lavoro, è un proprio peccato.

