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Nei dintorni di Mahler

Il baritono Benjamin Appl accompagnato dal pianista James Baillieu ©Max Verdoes

Alle Settimane Musicali Gustav Mahler concerti di Benjamin Appl e della Camerata Vienna Milano 

DOBBIACO, 15-16 luglio 2025 – È un legame speciale quello che univa Gustav Mahler a Dobbiaco, la località altoatesina dove villeggiò per alcuni anni: vacanze sempre operose, beninteso, come testimonia la casetta di composizione in cui si ritirava a scrivere. Da quarantacinque anni le Settimane Musicali eponime ne celebrano il genio, con un festival in cui si alternano programmi a lui dedicati: dalla produzione delle magniloquenti sinfonie alla cameristica e, talvolta, ai recital vocali.

Il baritono Benjamin Appl e il pianista James Baillieu © Max Verdoes

Fra gli appuntamenti imperdibili del cartellone di quest’anno una Liederabend di Benjamin Appl accompagnato dal pianista James Baillieu, ospitata nell’auditorium dell’ex Grand Hotel (oggi Kulturzentrum): sala dalla magnifica acustica e intitolata, ovviamente, a Mahler. Il baritono tedesco, che fra l’altro si esibiva per la prima volta in Italia, ha impaginato con notevole gusto un programma generosissimo, basato su pagine vocali mahleriane alternate a quelle di altri compositori dell’epoca, in modo da costruire un’ideale drammaturgia. Nella prima parte i cinque Rückert Lieder si sono così avvicendati a musiche di George Butterworth, autore inglese morto giovanissimo durante la prima guerra mondiale. Nella seconda invece, i Lieder di Des Knaben Wunderhorn incrociavano brani della moglie Alma (da riscoprire non solo come musa, ma anche musicista) e di Korngold. L’ultima parte era invece dedicata ad alcune pagine nate nel campo di concentramento di Terezín, dove vennero rinchiusi vari compositori e artisti prima di essere definitivamente deportati verso luoghi ancor più terribili, in cui trovarono la morte: l’attività qui svolta veniva poi utilizzata a fini propagandistici dal regime nazista. Fra queste canzoni s’imprimono nella mente quelle di Ilse Weber e, in particolar modo, Wiegala: straziante ninna-nanna che la scrittrice e musicista ceca cantava ai bambini ammalati nel campo, con la speranza di alleviarne le sofferenze. Ancora nel nome di Mahler, invece, la conclusione, affidata allo struggente Urlicht – sempre tratto da Des Knaben Wunderhorn – che appare come un cono di luce in grado d’illuminare le contraddizioni dell’animo umano.

Liederista fra i massimi di oggi, Appl si è dimostrato all’altezza della fama che l’accompagna (può vantare anche studi effettuati con il leggendario Fischer-Dieskau): per la cristallina perfezione della linea vocale non meno che per l’esemplare intensità espressiva, mai disgiunta dall’eleganza del fraseggio. Il suo canto si caratterizza anche per la ricchezza di sfumature dinamiche: particolarmente suggestivi i passaggi dall’emissione a voce piena ai pianissimi, effettuati a bocca semichiusa e, nonostante ciò, sempre perfettamente intelligibili, lontanissimi dagli impercettibili sussurri cui certi interpreti ci hanno abituati. Con lui James Baillieu, molto più di un semplice accompagnatore al pianoforte, ma eccellente fraseggiatore: insomma, una vera e propria spalla, capace di realizzare quella solida base melodico-ritmica necessaria al cantante per cesellare ogni frase.

Cambio di passo il giorno successivo con un concerto che ha visto impegnata – era la loro prima esibizione pubblica – la Camerata Vienna Milano: un ensemble formato da quattordici strumentisti (solo archi e un’arpa) provenienti dai Wiener Philharmoniker e della Scala, con primo violino Laura Marzadori, esattamente come nel teatro milanese. In realtà per questo organico era concepito solo il brano iniziale: il celeberrimo Adagietto, quarto movimento della Quinta sinfonia di Mahler reso celeberrimo da Morte a Venezia di Visconti. Pensato su misura per la Camerata – arpa esclusa – era poi il brano che chiudeva la serata, ossia il Concerto per archi di Nino Rota, mentre per le altre pagine – tutte vocali, e affidate al mezzosoprano Ulrike Helzel – è stato necessario ricorrere ad arrangiamenti. Erano infatti in programma i mahleriani Kindertotenlieder, cinque liriche ancora su testo di Rückert, seguite da Il tiglio dalla Winterreise di Schubert e da un Lied chopiniano dall’andamento danzante, dove forse la cantante si è espressa al suo meglio.

Con strumentisti di questo livello, il compito del direttore – il polacco Jurek Dybał, anche lui componente dei Wiener Philharmoniker nel ruolo di spalla dei contrabbassi – non è stato certo difficile. Come ha spiegato spiritosamente, rivolgendosi al pubblico, il suo intervento si sarebbe limitato a scandire i tempi. Un peccato perché, vista l’eccellente squadra a disposizione, avrebbe potuto azzardare qualcosa di più.

Giulia  Vannoni