L’11 settembre del 2001 è nata la società della paura. La paura è epidemica e come un virus passa da uno all’altro e diventa panico. Viviamo ormai in una società tesa sempre ad immaginare che da un momento all’altro possa succedere qualcosa di drammatico per la vita del singolo e della comunità. La paura finisce per caratterizzare una società quando perde il suo significato biologico, naturale, che è un meccanismo di difesa, poiché permette di prevedere un pericolo e quindi anche la possibilità di evitarlo. Ma c’è un momento in cui la paura non sa legarsi a qualcosa di specifico e dunque di prevedibile e che, per questo, diventa panico.
L’attentato dell’11 settembre è la raffigurazione dell’orrore e dell’inimmaginabile. Credo che quella terribile giornata abbia mostrato come la paura non fosse più un meccanismo di difesa perché era impossibile difendersi da quella forza che scatenò il disastro. Tutto ciò ha creato in ciascuno di noi una specie di “fatalismo” che ci fa dire “non siamo più in grado difenderci”.
Oggi, il virus della pandemia Covid-19, un’invisibile realtà, un oggetto biologico, colpisce tutto il mondo e ci costringe a restare in casa, che vuol dire “non potersi difendere”. La società della paura è ulteriormente spaventata poiché sa che tra un minuto ci può essere la fine, lo sconvolgimento, il dolore inaspettato. Siamo pervasi da un forte senso di incertezza e insicurezza. In questo senso vedo una continuità, sul piano della società della paura, tra pandemia e 11 settembre.
La nostra società non è stata capace di attivare forme di reazione a questa paura diffusa, anzi le ha aumentate. Oggi in 15 minuti testate nucleari sono capaci di partire dalle loro basi e colpire ovunque. Un ulteriore segno che non abbiamo compreso i tempi. Non si può vincere la paura facendo paura. Per tornare ad acquistare un po’ di certezze e di sicurezza bisogna fondarsi sul rapporto tra gli uomini, su di un “umanesimo” basato sui principi del rispetto dell’altro, della diversità, della vita. Diversamente continueremo a creare nemici pensando erroneamente di essere forti. L’11 settembre, così come il Covid-19, mostra l’evidenza di questo errore tanto è vero che siamo tutti impotenti nell’agire.
Un nemico non si vince facendogli paura ma amandolo. La solidarietà era la vera risposta all’11 settembre, non la guerra. È il messaggio lanciato duemila anni fa da Gesù di Nazareth. Le parole chiave sono l’umanesimo e il rispetto. Ma perché un messaggio straordinario come quello di Gesù non riesce più ad essere un riferimento principale? Occorre riporre fiducia nell’uomo e dall’uomo alla trascendenza. O vogliamo continuare a pensare alle armi? Un mig atomico costa 800 milioni di dollari. Quanta gente si potrebbe sfamare con questa cifra? Persone vittime di terrorismi, di regimi dittatoriali, di violenze inaudite. È un tempo per cambiare e per ritornare al senso dell’uomo.
Vittorino Andreoli