29 marzo, giornata della solidarietà

    L’ultima domenica di Quaresima, il 29 marzo, sarà quest’anno la Giornata della Solidarietà. In tutte le chiese verranno raccolti fondi per le situazioni in difficoltà a causa della crisi economica.
    La nostra Diocesi già 13 anni fa, all’interno della Caritas, ha promosso un’associazione, denominata Famiglie insieme. La sua finalità era e rimane quella di concedere fidejussione bancaria, per piccoli prestiti da parte di un Istituto di credito convenzionato, a famiglie per affrontare una momentanea situazione di difficoltà, con l’impegno della restituzione attraverso modeste rate mensili e a tasso ridotto.
    In questi 13 anni sono stati favoriti prestiti a 1.031 famiglie, per un totale di 1.967.705 euro.
    In questo momento di difficoltà aumenta il numero delle richieste e la conseguente necessità di consolidare il fondo per le fidejussioni bancarie, anche perché aumenta la percentuale di sofferenza delle restituzioni.
    Iniziative simili sono sorte o si potranno promuovere anche da parte di alcune Caritas interparrocchiali.
    È questa la proposta più importante emersa nel Presbiterio sulla crisi finanziaria ed economica che si è svolto venerdì 20 febbraio in Seminario.

    Le cause remote della crisi
    Dopo l’introduzione del vescovo Francesco è intervenuto il prof. Stefano Zamagni, che ha esaminato non le cause prossime della crisi, ma quelle remote. Individuandone tre principali.

    La prima è la sostituzione di quella che è la causa che produce ricchezza: non più il lavoro (manuale o intellettuale), come fino a 30 anni fa, ma l’attivita’ speculativa. “Passerà la crisi – ha detto l’economista – ma non passerà questa impostazione mentale, che non è solo della grande finanza, ma riguarda anche le famiglie normali: ‘Per arricchirsi non serve lavorare; basta un po’ di capacità di rischio, giocare in borsa, acquistare e rivendere poco dopo titoli…’”.

    La seconda è la sostituzione della natura dell’impresa. In passato, dal XIII secolo in poi, l’impresa era intesa come associazione o comunità;
    in questi ultimi decenni l’impresa è considerata una “merce”, che può essere comprata o venduta, è proprietà di qualcuno. “Obiettivo del proprietario – ha spiegato Zamagni – è di massimizzare gli utili (i dividendi o anche il prezzo di vendita); e questo nel breve termine, nemmeno più annuale, ma trimestrale. Di qui la ricerca della massimizzazione del profitto in tempi brevissimi, senza nessuna attenzione ai dipendenti, alla salute, all’ambiente…”

    La terza causa è la sostituzione della categoria di Bene Comune con quella di Bene Totale. Il Bene comune è un concetto illustrato dalla Dottrina Sociale della Chiesa, è una categoria di pensiero tipico della tradizione cristiana (dal XI sec. in poi). Il Bene totale è invece figlio dell’utilitarismo. Il bene della società è visto come la somma dei beni individuali. Annullando qualche addendo, la somma è sempre positiva, anzi qualcuno ci guadagna. Allora è giustificato annullare quelli che non producono. Chi è meno efficiente consuma come gli altri, ma produce di meno. Zamagni ha allora citato Giovanni Paolo II, il 29 novembre 2004, nel suo ultimo intervento pubblico, fatto proprio all’Associazione Papa Giovanni XXIII che diceva: “La discriminazione in base all’efficienza non è meno disumana della discriminazione in base al sesso, alla razza, alla nazionalità…”.

    Che fare di fronte alla crisi?
    La risposta alle cause prossime deve essere dei governanti e dei tecnici. Invece le cause remote postulano un’antropologia e qui la Chiesa deve dire la sua.

    La prima proposta riguarda il mercato, che non è nato come mercato capitalista ma civile, per costruire il bene comune. Il mercato è uno strumento non il fine; il fine è invece il bene comune. “L’economia di mercato può essere civile o capitalista: ecco perché chiediamo il pluralismo dell’economia di mercato, di garantire cioè a tutti i tipi di economia gli stessi diritti e doveri”.

    Occorre “creare la Borsa sociale, in contrapposizione alla Borsa speculativa, dove le nostre famiglie possano mettere i loro risparmi per raggiungere fini non speculativi”.

    Ancora. In questo momento di difficoltà occorre fare in modo che in questa situazione di emergenza si creino dei segni, che diano un messaggio controcorrente (microcredito, contributo diretto…).
    Infine occorre incidere sul livello specificatamente culturale. “Anche la cultura è carità”.

    Uno strumento della Pastorale Sociale
    L’Ufficio per la Pastorale Sociale ha preparato uno strumento di lavoro, da utilizzare in parrocchia e nei gruppi per riflettere sulla situazione in atto.
    Vi è descritta un’analisi delle cause generali e soprattutto della situazione nella nostra provincia, con il ricorso alla Cassa integrazione che è salito, nel riminese, del 541%. L’ultimo capitolo è dedicato a come uscire dalla crisi, dove vengono presentate alcune proposte concrete (che presenteremo sul prossimo numero).