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16 anni: voto sì o voto no

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Finalmente sono arrivati i sedici anni: puoi conseguire la patente del 125, dire addio alla scuola dell’obbligo, addirittura sposarti con il via libera del tribunale e perché no, anche aprire e gestire un’attività commerciale. Insomma, quando sei ancora seduto sui banchi di scuola, la vita adulta ti fa già un occhiolino e comincia a farsi vedere non troppo lontana da te.

Pensare che fino al 1975, in Italia, si poteva entrare per la prima volta in una cabina elettorale soltanto a ventuno anni, porta a uno stimolo ulteriore: che idea sarebbe se la soglia di voto fissata per coloro che compiono i diciotto fosse abbassata ai sedicenni? Magari per responsabilizzarli, e aprirli ancor prima al mondo della politica e alla responsabilità di prendere in mano scheda e matita ed esprimere le proprie idee per il bene altrui e di loro stessi: maturando una coscienza nazionale che forse, tra gli “sbarbati” tende ad essere più fievole.

Del resto lo scorso 27 settembre gli studenti delle scuole superiori sono scesi nelle piazze di tutta la Penisola per scioperare per il clima, e hanno fatto intendere che non rimarranno con le mani in mano di fronte alle sorti del mondo. Ma che, al contrario, vogliono farsi trovare in prima linea. Teniamo conto che Greta Thunberg, attivista svedese per lo sviluppo sostenibile, ormai simbolo delle nuove generazioni, ha appena soffiato su sedici candeline. I giovani non si interessano soltanto di videogiochi e vestiti firmati ma anche di ciò che li circonda, perché in fondo saranno loro i futuri italiani, abitanti di questo Stato (e di questo pianeta).

Perché quindi non allargare il diritto di voto anche ai coetanei della Thunberg?

La proposta è stata rispolverata dall’ex premier Enrico Letta, dopo che già nel 2007 ne aveva parlato Walter Veltroni, e subito gran parte della classe politica si è mostrata favorevole: dal capo del Governo Giuseppe Conte a Nicola Zingaretti del PD, dal pentastellato Luigi Di Maio fino al presidente leghista del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga. Sono tre i paesi europei che hanno adottato questa politica: Austria, Grecia e Malta, e ce ne sono altri nel resto nel mondo, Argentina, Brasile, Corea del Nord, Cuba, Indonesia, Nicaragua e Timor Est.

Un tema importante. Parola ai ragazzi.

Ma cosa ne pensano i giovani del territorio riminese, proprio i protagonisti di questo ipotetico cambiamento, che potrebbe cambiare la rotta di un Paese che è sempre più anziano?

L’abbiamo chiesto a Chiara, sedicenne di Riccione, al terzo anno di liceo Classico.

 

Hai compiuto da poco sedici anni, come ti senti?

“Sinceramente non noto grandi differenze rispetto a un anno fa se non quelle fisiche, forse ho un poco più di esperienza sulle spalle, ma la maturità che mi sento di avere è sempre quella. Un ragazzo può sentirsi responsabile già a tredici anni: ormai con l’avvento di Internet e dei social network, ci sentiamo più grandi della reale età anagrafica che abbiamo sul documento”.

 

Pensi che i social network ed i nuovi media aiutino in positivo o in negativo la maturazione dei ragazzi?

“Sicuramente i social e tutto il mondo che li circonda sono un fenomeno ambivalente: presentano aspetti positivi ed altri negativi, sicuramente ci fanno tenere aggiornati su quello che succede nel mondo: così anche noi giovani che non frequentiamo assiduamente telegiornali e giornali, possiamo essere informati e al passo con ciò che succede”.

 

I ragazzi sono davvero informati sull’attualità e sulla politica?

“Di certo la scuola non aiuta. Io che frequento un liceo Classico sento la mancanza di qualche ora di educazione civica o di diritto. Molti ragazzi escono dai cinque anni che sanno perfettamente tradurre una versione di Tacito ma non hanno neanche idea di cosa sia il Parlamento. Non nego però che sono numerosi i miei coetanei che si informano sull’attualità e la politica: nel 2019 in fondo basta solo un click”.

 

Hai sentito parlare della volontà di allargare il voto anche ai ragazzi di sedici anni?

“Sì, ne ho sentito parlare e ho letto articoli su Internet, non sarebbe una cattiva idea: in fondo siamo noi il futuro e chi meglio dei cittadini del domani può dibattere sull’avvenire dell’Italia”.

 

In un paese sempre più vecchio, a tuo parere cambierebbe qualcosa?

“Ho letto che i ragazzi tra i sedici e i diciassette anni sono soltanto l’1,1% a fronte dei 49 milioni di elettori: avrebbero un peso di appena il 2% sul totale e quindi non penso possano muovere davvero tanto le sorti della politica. Però darebbero una scossa al Paese per fare capire cosa davvero vogliono i giovani e quali possono essere le vie per il futuro”.

 

Pensi che i tuoi coetanei sarebbero pronti a prendere parte all’elettorato passivo?

“Tra i sedici e i diciotto anni non passa poi così tanto tempo, magari un esame di maturità di mezzo, ma niente di più. La maturità per prendere questo genere di decisioni la puoi avere a 16 anni come non averla raggiunta neanche con il conseguimento della maggiore età: è questione di caso per caso”.

 

Sei d’accordo con questa iniziativa?

“Se la classe politica vuole andare fino in fondo con questa idea occorre che la estenda in principio al sistema scolastico, allestendo ore di educazione civica per preparare al meglio gli studenti. In definitiva è una proposta di fiducia nelle nuove generazioni e ne sono favorevole; però deve essere fatta in modo completo, come ho detto in precedenza, con un adattamento della scuola. Allargare il voto a coloro che compiono sedici anni sarebbe una riforma a costo zero, e in un Paese che spesso gestisce le proprie politiche contro i giovani, o comunque ignorandoli, rappresenterebbe una bella scossa. Ma qualcuno che si dimostra titubante c’è: Mario Monti, ad esempio, che sostiene possa essere soltanto ‘un contentino per i ragazzi, realmente la situazione non cambierebbe’”.

Federico Tommasini