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“Venite tutti alla Mensa del perdono”

saiano

Carcerati come chierichetti, un popolo in pellegrinaggio alle 6.30 del mattino, quaranta recuperandi tra il “popolo” pronti ad offrire la loro testimonianza di errore, perdono e voglia di riscatto, una bambina con handicap a ricevere la Cresima. Come può essere una festa normale una solennità dell’Assunta vissuta in questo modo ai piedi della torre cilindrica dell’Eremo di Saiano, con il Marecchia ai piedi e il cielo terso pronto per essere toccato?
Un piccolo mattone aggiunto al grande ponte della fraternità nel nome di Maria, “misericordiata e misericordiosa”. È quello attaccato alla Festa del Santuario dell’Eremo di Saiano, in Valmarecchia, in occasione della solennità dell’Assunta. Quaranta detenuti delle Case “Madre del Perdono” e “Madre della Riconciliazione” han partecipato alla festa insieme al rettore del Santuario don Osvaldo Caldari e al Vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, il quale ha conferito il sacramento della Cresima ad una bambina di circa 10 anni, Rebecca, affetta da un handicap invalidante.
La giornata dal tema “Costruire ponti e non muri” si è aperta alle ore 6.30 con la processione a piedi dal vecchio mulino al Santuario recitando il rosario per implorare il dono della pace. “Maria è colei che ha ricevuto misericordia e a sua volta, raggiunta dalla misericordia di Dio, ne ha distribuito intorno a lei, e continua a farlo anche dopo l’assunzione al cielo” è un passaggio dell’omelia del Vescovo. Giorgio Pieri, il responsabile della Casa “Madre del Perdono”, ha raccontato la nascita di questa esperienza, nella quale i ragazzi intraprendono un percorso alternativo al carcere. Un “recuperando” ha poi portato la sua vibrante testimonianza di riconoscimento dell’errore, di accoglienza e di perdono. Al termine della celebrazione, ogni ragazzo ha preso per mano un fedele e sono usciti dal Santuario passando per la Porta Santa Giubilare.
Il pranzo è stato servito ad oltre 400 persone dai ragazzi della Casa “Madre del Perdono” a dimostrazione che “cambiare è possibile, – ha detto Pieri – si può fare del bene e servire”. “Volevamo che partecipassero al pranzo soprattutto i ‘lontani’ socialmente, etnicamente e religiosamente. – spiega don Osvaldo Caldari, rettore del Santuario – Per questo non ci sono stati ‘invitati’ ma tutti erano ‘convocati’ per rendere il pranzo un momento di festa e di fraternità”.

Paolo Guiducci