Home Attualita “Soluzioni concrete, rapide e condivise: non possiamo più aspettare”

“Soluzioni concrete, rapide e condivise: non possiamo più aspettare”

Con il senno di poi verrebbe da pensare: se non ci avesse messo lo “zampino” la Prefettura, il Tavolo anticrisi illustrato dal Prefetto di Rimini, il dott. Claudio Palomba lo scorso 12 marzo in Sala Manzoni, sarebbe mai partito? Gli attori coinvolti (pubbliche amministrazioni, imprese, sindacati, banche) avrebbero continuato a rimpallarsi le responsabilità? Possibile che un’iniziativa così importante venga ideata e lanciata dal simbolo del “centralismo romano” più che da “Rappresentando lo Stato sul territorio, la Prefettura ha per legge un ruolo di coordinamento – precisa il dott. Palomba -. Gli attori interessati sono tanti, pubblici e privati e un ruolo che coinvolga più o meno tutti, deve svolgerlo l’Ufficio Territoriale del Governo. La necessità è quella di trovare una coesione istituzionale per dare strumenti immediati per il territorio e analizzare problematiche più ampie, che possano essere portate in Parlamento”.

Com’è nata l’idea di questo Tavolo?
“Da tempo abbiamo attivato come Prefettura un lavoro di questo tipo incontrando i vari attori sulle problematiche che oggi costituiscono i temi dei quattro gruppi: crisi occupazionale, accesso al credito, disagio sociale e sburocratizzazione. Il grido d’allarme di fine anno del presidente di Confindustria Rimini, Maurizio Focchi, ha accelerato questo lavoro. Ho trovato da parte di tutti una piena condivisione, ma soprattutto una piena assunzione di responsabilità”.

Quali le tappe?
“Per il 20, 25, 26 e 27 marzo sono fissati gli insediamenti dei quattro gruppi. La mia intenzione è di serrare nel mese di aprile per partire già con delle proposte concrete e condivise. Queste verranno poi sottoposte all’attenzione del Tavolo istituzionale”.

Lei ha parlato di zone a “burocrazia zero”. Come raggiungere questo obiettivo non ancora applicato in Italia?
“Tutto è legato alla creazione di un Distretto turistico, o riminese o della Riviera romagnola. Un Distretto turistico, di per sé, è una zona a burocrazia zero. Se dobbiamo semplificare, cominciamo con una norma che dica chiaramente: entro 60, massimo 90 giorni, indipendentemente dal numero degli Enti che devono intervenire, quel procedimento si chiude. Gli strumenti delle Conferenze di Servizio, così come concepite oggi, non funzionano. Per questo parlo di silenzio-assenso. Ci deve essere uno sforzo tra enti territoriali (Regione, Provincia e Comuni) affinché le attività partano e i controlli vengano dopo. Se noi sblocchiamo questo, sblocchiamo le attività produttive, quindi lavoro e accesso al credito”.

Entro quando potremmo ottenere questo risultato?
“La proposta deve partire entro aprile. La delimitazione deve arrivare prima del 30 giugno dalla Regione. Noi partiamo come Rimini, poi se si vogliono aggregare Forlì e Ravenna, da parte mia c’è l’impegno a sentire i colleghi delle altre province. Ma Rimini deve dare un segnale di partenza”.

Tra le cause della crisi c’è anche l’aumento degli oneri fiscali. Come verrà affrontato questo tema?
“È una criticità su cui devono intervenire prima di tutto gli enti locali. Devono esserci forme di agevolazione soprattutto verso le imprese che assumono. Anche il fatto di non pagare alcuni oneri, per le imprese che vogliono investire è importante; un aspetto, anche questo, previsto nei Distretti turistici”.

A proposito di lavoro: i sindacati lamentano di non essere stati coinvolti il 12 marzo…
“Io ho incontrato preliminarmente tutte le associazioni, compresi i sindacati. I piani che loro hanno illustrato, sono presenti in tutti i gruppi di lavoro, li sentirò come ho sentito e continuerò a sentire tutti gli altri. Proprio nei giorni scorsi abbiamo chiuso insieme un Protocollo sul lavoro nero in cui parte molto attiva hanno avuto le organizzazioni sindacali. Sia chiaro: il Protocollo in sé, se non contiene misure concrete, non serve a nulla. In quel Protocollo invece c’è un passaggio fondamentale come il concetto di azienda etica”.

C’è una criticità che la preoccupa maggiormente?
“La paura e la sfiducia, il fatto che non si investa più. Questa sensazione non si è mai provata. Mi preoccupa anche molto il disagio sociale e abitativo. Ci sono 5mila persone in questa provincia, che non cercano più lavoro: se quello che faremo può accendere una fiammella di speranza in questi scoraggiati, sarà già un buon risultato”.

Alessandra Leardini