Questione di fibre… nell’aria

    L’inestinguibile, la fibra minerale che fin dai tempi degli antichi greci è stata apprezzata per la sua resistenza al fuoco e le sue caratteristiche di isolante, è diventata un grave problema di sanità pubblica. L’amianto, in natura, è molto comune. La sua resistenza al calore e la sua struttura fibrosa lo rendono adatto come materiale per indumenti e tessuti da arredamento a prova di fuoco, ma la sua ormai accertata nocività per la salute ha portato a vietarne l’uso in molti paesi, Italia compresa. Le polveri di amianto, respirate, provocano infatti patologie mediche gravi, come il carcinoma polmonare e il tumore alla pleure.

    Il divieto in regione
    In Emilia-Romagna nel periodo 1970-1994 si sono verificati 410 decessi (280 uomini e 130 donne) riconducibili all’esposizione ad amianto. In Italia il divieto arriva nel 1992 con la legge numero 257.
    Amianto prima elogiato, poi bandito, ma cosa dobbiamo farne? Ci si chiedeva.
    Si aprì, allora, in quel lontano 1992 una fase di lavoro che prevedeva l’individuazione e la bonifica di siti nei quali il materiale era presente, per poi smaltirlo. Tra una verifica e l’altra, siamo arrivati al 2002, quando la Regione con “Togliamocelo dalla testa! … ma non solo” mappa le situazioni a rischio sull’intero territorio e cerca di fare informazione per sensibilizzare al problema.
    Fatta la mappatura su 266 comuni si è giunti a una conclusione: si devono bonificare le situazioni con maggiore rischio e monitorare i siti non bonificabili.

    La mappa riminese
    Passano tre anni e la Regione realizza una nuova mappatura. Con dati aggiornati al 30 settembre 2005, ogni provincia della regione, Rimini compresa, viene mappata capillarmente e scrupolosamente. Vengono suddivise le aree d’intervento in “Impianti Industriali” attivi o dismessi; “Edifici Pubblici” in area urbana. A ogni sito controllato viene attribuito una classe, un valore numerico che ha priorità d’intervento differente a seconda della pericolosità dello stesso.
    Partiamo con un dato generale. Dei 93 edifici pubblici censiti il 12% ricadono nella classe di priorità 1 ossia la più pericolosa, quella in cui è presente materiale in matrice friabile non confinato e dove c’è una possibilità di accesso molto alta. Il 69% di edifici di classe 1 è rappresentato da scuole. Anche la maggior parte degli edifici di classe 2 (amianto in matrice compatta, come tetti e pavimentazioni) è rappresentata da scuole, e più precisamente il 55% del totale. Un dato non del tutto confortante.
    9 scuole su 33 censite nel solo comune di Rimini, appartengono alla classe di maggiore pericolosità.
    Altri edifici pubblici censiti sono gli ospedali, nei quali si registra la presenza di amianto compatto e la quale apertura al pubblico influisce sul collocamento del “Ceccarini” di Riccione in classe 2. Positiva la posizione dell’“Infermi” di Rimini che si colloca in classe 5 (livello minimo di pericolosità).
    Di classe 4 il penitenziario che presenta una copertura in cemento-amianto. In Classe 2 anche la biblioteca Gambalunga, essendo questa ad accesso libero e con presenza di materiale di amianto in matrice compatta sia nella copertura che all’interno di un vaso di espansione.
    Censiti poi i luoghi di culto, i supermercati, gli impianti sportivi e i luoghi di cultura.
    Svettano al primo livello di priorità d’intervento sia lo stadio Romeo Neri che la Piscina Comunale (non bisogna dimenticare che i livelli di priorità vengono soprattutto attribuiti in base al numero di persone che possono essere coinvolte e che quindi frequentano quel luogo). Il triste primato è dovuto alla presenza di amianto friabile nelle guarnizione di caldaie e centrali termiche.
    Mentre Teatro Galli e Novelli si collocano in classe 2 per presenza di materiale in matrice compatta.
    Per quanto riguarda i siti dismessi, invece, ne sono stati mappati appena 14. In questa tipologia di luoghi il livello di pericolosità scende perché di norma si tratta di luoghi difficilmente accessibili al pubblico. Qui la quasi totalità dei materiali censiti era rappresentata da coperture di cemento-amianto. Non si è mai censito amianto friabile.

    Amianto sotto casa. Cosa fare?
    Attualmente non c’è una legge che impone al privato o alle aziende di eliminare le coperture in amianto, siano esse tetti di pochi metri quadrati o imponenti. Qualora si intenda rimuovere l’amianto, però, si deve seguire una procedura alquanto complessa, ma necessaria, che vede sullo stesso piano il privato cittadino che la ditta o l’azienda. “Occorre presentare un piano sicurezza da far pervenire all’Asl, in cui indicare come ci si comporta. – spiega Renzo Lombardini de La Cart la ditta riminese che si occupa di trasporto dell’eternit verso le discariche – L’ente ha 60 giorni di tempo per rispondere, dopodiché entra in campo una ditta specializzata che provvede alla rimozione”. La ditta in questione, iscritta all’apposito albo degli smaltitori, smonta l’eternit e lo incapsula: un trattamento con collante lastra per lastra. Una volta che tutto l’amianto è stato termoavvolto ed etichettato, il materiale è inoffensivo: è pronto per lo smaltimento in discarica. La Cart privilegia i siti tedeschi e austriaci, in pochi casi smaltisce in Svizzera, mentre sceglie di non indirizzarsi nei siti italiani, dove le regole non sono sempre chiare.
    “Ci spingevano ad usarlo, ora è all’indice, veleno”. Walter Magnani dell’omonima impresa edile di Savignano prende atto. E si adegua. Via l’amianto, è pericoloso, fa male, le particelle si fermano sui polmoni e sono nocive. Infatti la legge ne vieta la commercializzazione e l’utilizzo in nuove costruzioni, e stabilisce le condizioni ferree alle quali può essere smaltito. Come impresa edile si trova spesso ad affrontare la questione. “Capanni agricoli o artigianali, in particolare: in questo caso incarichiamo ditte specializzate per lo smantellamento e lo smaltimento”. I costi? Dai 9 ai 15 euro al metro quadro, assicura Magnani.

    Sanzia Milesi
    Angela De Rubeis