Quello che passa è quello che accade?

    Si è chiusa sabato scorso la XIV edizione del Premio Ilaria Alpi. Il premio giornalistico televisivo dedicato alla giornalista Rai, uccisa con il suo operatore Miran Hrovatin, a Mogadiscio. Da Riccione, come ogni anno si sono aperte varie finestre sul mondo dell’informazione seria e impegnata; sul giornalismo d’inchiesta e sulle tematiche che infiammano l’attualità dei media nazionali e internazionali. Ricco il programma che ha spaziato dai seminari ai dibattiti, alle mostre alle presentazioni dei libri. Uno tra tutti “Giornalismi & mafie”, il terzo taccuino della collana curata dal Premio e che quest’anno ha sviluppato un tema tanto delicato quanto attuale. Qual’è il ruolo dell’informazione nel raccontare quanto commesso dalla criminalità organizzata? All’appello hanno risposto personaggi di spicco come Giancarlo Caselli, Procuratore Capo di Torino che con un balzo non tanto ampio ha parlato del modo in cui i media nazionali si sono occupati della questione “sicurezza” negli ultimi mesi, compresi quelli di campagna elettorale. Secondo il procuratore la questione è molto semplice: “É vero i problemi ci sono, ma è altrettanto vero che molto è stato indotto. Si è creato un allarmismo che ha generato panico e senso di incapacità. Pericoloso”. In tema di mafie, invece la cosa pare essere ancora più difficile. A parlarne, tra gli altri, è Lirio Abbate, giornalista Ansa di Palermo che vive sotto scorta per aver pubblicato il libro “I complici”, in cui faceva i nomi e i cognomi con i collusi. “Noi non siamo la magistratura, non scriviamo sentenze, ma notizie. Io sono sotto scorta, perchè ho fatto nomi e cognomi e perchè sono andato a toccare, scoperchiandolo, il loro business”.
    Tra le varie cose che quest’anno sono passate dal premio anche un’importante conferenza internazionale dedicata all’Africa. Un evento nell’evento quello del 2° Forum Internazionale su Conflitti, Democrazia Ed Etnie In Africa. Le Comunità Dentro Le Comunità. Obiettivo della due giorni cercare di rispondere ad alcune domande: “Chi si interessa delle guerre che ancora si combattono in Africa? Perché c’è tanta indifferenza quando a morire sono gli africani? Cosa sappiamo di quelle guerre? Sono davvero guerre etniche? Perché nessuno ce ne parla? Perché le guerre dimenticate continuano ad essere dimenticate? Cosa c’è dietro a tanto orrore e altrettanto silenzio? Complicità? Insensibilità? Razzismo?”.

    Angela De Rubeis