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Poveri di casa nostra

Nel 2017 sono 5.238 le persone che si sono rivolte ai Centri Caritas, (6700 nel 2016) e in forte diminuzione rispetto al 2014 (7.455), soprattutto perché sono calati drasticamente gli immigrati. Se si contano i familiari conviventi si tratta comunque di quasi 15 mila persone, pari al 4% degli abitanti della diocesi.
Sono 1.876 gli italiani che nel 2017 si sono rivolti ai CdA Caritas. Se si considera il valore percentuale si passa dal 19% del 2002 al 36% del 2017. Inizialmente erano prevalentemente uomini intorno ai 40 anni, a partire dal 2011 è aumentata la presenza femminile (ora sono il 43,8%) ed entrambi i generi appartengono a una fascia d’età più matura. Gli uomini sono prevalentemente celibi e soli, mentre le donne sono coniugate o nubili e vivono in famiglia. La percentuale tra separati e divorziati è identica per entrambi i sessi (27%), segno che il fallimento della vita coniugale incide sia sugli uomini che sulle donne.
Gli italiani senza dimora sono 520 pari al 27,6% del totale degli italiani.
Il 65% degli italiani che si sono rivolti alle Caritas sono residenti nella provincia di Rimini. Se ad essi si aggiungono i familiari si arriva a circa 2.600 individui, tra questi 631 sono figli minori conviventi.

L’appuntamento annuale con il Rapporto sulle Povertà (giunto all’edizione 14), realizzato dalla Caritas diocesana di Rimini, fa – quest’anno – i conti non solo con gli ultimi 12 mesi di attività di sostegno ai bisognosi, ma anche con l’ultimo decennio.

Il quarantesimo compleanno di Caritas, infatti, ha fatto da spunto per fare un bilancio di come sia cambiato il volto dei poveri negli ultimi anni. Isabella Mancino, Responsabile dell’Osservatorio sulle Povertà e relatrice del Rapporto ci aiuta a guardare oltre ai numeri…

Isabella, siamo all’annuale Rapporto sulle Povertà. La prima cosa che salta agli occhi è la diminuzione dei numeri delle persone che sono venute a chiedere aiuto, sia in Caritas sia nelle altre realtà presenti sul territorio. Cosa puoi dirci in merito?
“In Caritas come in altre realtà c’è stata una diminuzione importante di persone incontrate. E questa diminuzione ci ha posto delle domande. Ci siamo chiesti: È vero che la crisi è finalmente finita? Anche perché il fenomeno non ha interessato solo noi come Caritas ma anche gli Sportelli sociali, la Capanna di Betlemme, la mensa dei Frati. D’altro canto ci siamo fatti un’altra domanda: forse quello che facciamo non basta più?
Nell’andare a vedere in maniera approfondita i dati quello che è emerso è che – in realtà – la diminuzione è dovuta principalmente al calo della presenza degli immigrati.
Per quanto si dica sempre che aiutiamo di più gli immigrati. E sono diminuiti di parecchio, anche dal 2011 al 2017 sono scesi di 2.000 unità, arrivando comunque a un numero importante 3.310. Complessivamente le persone incontrate dalle Caritas nel 2017 sono state 5.238 che, sommate ai familiari conviventi, fanno comunque un numero impressionante: 15.000 individui, pari al 4% degli abitanti della diocesi di Rimini”.

Gli immigrati però sono una componente importante…
“Sì, seppur calati in numero, gli immigrati rappresentano comunque il 63% delle persone incontrate. Soprattutto le famiglie con minori, in Italia già da tempo, e i nuovi arrivi. Principalmente profughi che hanno terminato il percorso cominciato con l’emergenza, che hanno avuto (per la maggior parte) il permesso di soggiorno, ma che non sanno dove andare.
Diverso è il discorso per i ragazzi inseriti in progetti mirati, oppure che sono arrivati con i corridoi umanitari. Loro raggiungono un’indipendenza che non li porta a rivolgersi al Centro di Ascolto”.

Ci sono categorie che alla Caritas non erano mai venute in passato e che invece si sono affacciate per le prime volte a questo mondo?
“Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento di persone che hanno la casa. Non solo in affitto da privato, ma anche abitanti delle case popolari e proprietari di casa, ma spesso con mutuo in essere”.

Ma numeri a parte, ci sono delle dinamiche che vanno oltre? Rispetto al tema dela casa, intendo…
“Certo. Per esempio, abbiamo registrato casi di affitti parzialmente in nero che creano diversi problemi. Basta pensare alle dichiarazioni dei redditi: come la metti che una parte la paghi e il resto rimane fuori? Inoltre, ci sono dei proprietari che non danno la residenza. E, se non hai la residenza non si può accedere ai servizi del territorio. Ci sono poi degli appartamenti che necessitano di ristrutturazioni o innovazioni che inciderebbero sulle bollette (eliminare gli sprechi, per esempio) ma che i padroni di casa non sono disposti a finanziare, anzi chiedono comunque un affitto oneroso”.

In questi 14 anni i numeri ci hanno aiutato a fare sintesi, a tirare le fila. Cosa puoi dirci? Riesci a fare un bilancio?
“I quarant’anni hanno dato modo di rileggere la storia. Un modo per fermarci, riflettere e – perché no – ripartire in maniera più innovativa. Il fatto di aver chiesto a tutti gli enti, che hanno collaborato alla stesura del Rapporto, la loro storia è stato molto interessante. Perché ci ha mostrato il modo in cui è cambiato il modo di affrontare i problemi e le difficoltà nella nostra città. Ad ogni modo, per quanto le situazioni di povertà siano diminuite a livello numerico, le storie di sofferenza sono sempre più complesse e caratterizzate da multiproblematicità. Lo dimostra il fatto che sono aumentati gli interventi e che ogni persona si è rivolta alla Caritas come minimo 8 volte in un anno”.
Angela De Rubeis