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Parcheggi incastro

Erano anni che non salivo su un treno nella tratta Rimini-Ravenna, e osservare la zona turistica fino a Cesenatico, mi ha offerto un inedito spettacolo: il retro di pensioni e alberghi, dove i turisti parcheggiano le loro auto. Complessi incastri di veicoli per sfruttare al massimo il ridotto spazio disponibile; station wagon parcheggiate al millimetro che viene da chiedersi come siano entrate e come usciranno. Uno spettacolo che ovviamente stupisce il riminese, in genere poco avvezzo a scomporsi più di tanto per un parcheggio: laddove mancano le righe, se al riminese serve un posto e mezzo (quindi due) per parcheggiare, non fa troppo problema. Per qualcuno saper fare il parcheggio in retromarcia è come ricordare le declinazioni del latino: un vezzo da intellettuali. Discorso a parte per i suv: per loro occupare due posti è prassi, e forse qualcuno sta studiando come occuparne tre. Tornando agli hotel, ci deve essere alla base anche una puntigliosa organizzazione, visto che per far uscire un’auto spesso se ne devono muovere almeno altre quattro. Forse qualche esperto informatico sta già lavorando a dei software che, oltre all’occupazione delle camere, gestiscano anche i posti auto, sulla base di spostamenti da comunicare ovviamente al momento della prenotazione. Ma chi sono i protagonisti di questi impegnativi parcheggi? Bolognesi, milanesi, turisti delle grandi aree urbane del nord, per fortuna ancora tedeschi in Audi o Mercedes. Tutta gente abituata a lavorare di retro e specchietto in centri storici o aree dove magari si parcheggia in seconda fila ma non si occupa un dito più del minimo indispensabile. Dei veri metropolitani di costa.