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Non ci resta che piangere

In occasione della festa dell’Assunta molte parrocchie del riminese hanno scelto di aggiungere alla preghiera dei fedeli un’intercessione per il nostro Paese. L’aveva suggerito il Vescovo in una lettera a tutti i sacerdoti e molti hanno proprio ripreso, nella preghiera, proprio le stesse parole di monsignor Lambiasi: “Ti preghiamo Signore perché le autorità civili e le forze sociali si adoperino per una soluzione della crisi che sia degna dei tempi migliori della nostra storia e corrisponda alle urgenze impellenti del nostro popolo”.

Rocambolesca come era cominciata, così è finita la storia del governo “del cambiamento”, fondato su un “contratto” tra due partner tra loro molto distanti anche se accomunati come forze “populiste”. Aggettivo peraltro da maneggiare con grande cura.

La fine del governo Conte si è consumata con modalità del tutto inedite, che ancora una volta sottolineano la grandissima debolezza del quadro politico italiano e soprattutto degli attori, tutti, a cominciare da quelli che sembrano fortissimi.

Ora l’incertezza è grande, come grande è la paura di far mosse false. Il rischio è sia per la stabilità economica (il paventato aumento dell’Iva è alle porte) che politica (servono esplicite e formali garanzie di non impegnare l’Italia in pericolose avventure populiste, in salsa sudamericana).

Nell’incertezza delle mosse tattiche, resta la certezza che, non da oggi, il problema della politica italiana non è sul fronte della domanda, ma dell’offerta. Non a caso gli elettori cambiano ormai facilmente da una elezione all’altra, sono le alternanze per disperazione. Siamo alle prese con una questione sociale di tipo nuovo, quella dello smarrimento ideale, morale, economico e dunque politico dell’ex-ceto medio, dalle conseguenze imprevedibili. Misuriamo infatti, nel tessuto sociale un crescente tasso di violenza – facilmente strumentalizzabile – che ha invece bisogno di risposte concrete e strutturali di speranza e di impegno comune. Per questo serve, con coerenza e decisione, la precisa garanzia, da parte di tutti, di un’Italia di respiro europeo e non chiusa fra alte mura, alla ricerca disperata di nemici.

Tocca al Parlamento ora trovare una soluzione per aiutarci a rimanere un grande Paese, democratico ed europeo. Governare è una necessità; governare bene, un dovere. “Il Parlamento – ha detto il presidente della Cei, cardinal Bassetti, intervenuto in questi giorni al Meeting – non diventi, perciò, la trincea di una lunga guerra di posizione. Come nei legami familiari, tutte le forze politiche tornino a guardarsi negli occhi con la disponibilità a individuare le strade per convivere senza inganno o inutili astuzie”.