Lucciole e maggiolini a rischio estinzione

    Senza api, non ci sarebbero più piante foraggiere. Senza piante foraggiere, addio alle mucche. Senza mucche, addio al latte e alla carne. Scenari ultrapessimistici? Forse sì, ma la catena alimentare è quella e da lì non si scappa.
    Il brutto è che non riguarda solo le api, questo continuo peggioramento delle condizioni climatico-ambientali rischia di lasciarci orfani di altre specie animali basilari per l’ecosistema mondiale.
    Le cause sono sempre le stesse, e partono dalle malattie e dai cambiamenti climatici per arrivare all’inquinamento da antiparassitari e all’indebolimento genetico, fattori che provocano il mutamento costante della fauna nostrana. Siamo purtroppo noi, che rischiamo di privarci senza nemmeno accorgercene, di esseri viventi necessari all’equilibrio biologico dell’ambiente in cui viviamo.
    Un esempio è la riduzione dei lampeggi dei maschi delle lucciole, al quale si pensa siano legati soprattutto gli effetti degli antiparassitari: nelle ultime 5 estati è stata rilevata una netta diminuzione di questo classico messaggio di accoppiamento, che prova senza dubbi la precaria situazione delle lucciole, decimate da veleni capaci di uccidere questi animaletti al solo appoggiarsi sulle piante.
    Lo stesso discorso vale per i maggiolini, coleotteri da sempre simbolo di terra e sole, che oggi sono praticamente una rarità. Il motivo? L’eccessiva riduzione dei pioppi, la pianta più visitata dai maggiolini, e il grande sfruttamento agricolo dei terreni.
    Le larve di maggiolino, infatti, nascono e crescono nel terreno nutrendosi di radici più o meno tenere, mentre gli adulti si cibano di pioppo: in Romagna (ma non solo) questo tipo di pianta esiste solo dove i terreni non sono eccessivamente lavorati e fertilizzati. Ecco perché il cambiamento quasi radicale delle coltivazioni operato dall’uomo è probabilmente la causa principale di questa moria di maggiolini.
    Ma i pesticidi non uccidono solo gli insetti: il rischio, effettivo, è che nei prossimi anni assisteremo ad una grave refrazione di uccelli, rondini e allodole in primis. Infatti a soffrire dei veleni sono tutti i volatili che vivono o nidificano nei campi coltivati.
    Le allodole, che nidificano di solito nei magredi, si erano adattate a farlo anche nei campi coltivati: i pesticidi e la meccanizzazione dell’agricoltura hanno impedito a molte allodole e rondini di nidificare. La situazione è monitorata, ma gli scenari non sono affatto gradevoli: senza un equilibrio biologico, le condizioni di vita di tutti gli esseri viventi sono gravemente a rischio. (m.p.)