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La veste restaurata di Sigismondo

Quando l’abito faceva veramente… il monaco.
Il vestito cioè era un simbolo di forza e potenza, per chi lo indossava. Quello di Sigismondo Pandolfo Malatesta, in particolare, è un abito di rappresentanza, utilizzato per la sepoltura: un frammento di tale abito è stato restaurato ed ora esposto al pubblico. Tessuto di raso lanciato e broccato ad effetto damasco, la fine tramatura venne recuperata, nel 1920 e sottoposta ad un primo intervento nel 1970. Si tratta del recupero di un frammento della veste, un pezzo di stoffa ricostruita con i frammenti della parure funebre di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Pietro Mutolo, attuale presidente del Rotary Club provinciale che ha promosso e finanziato il restauro (10mila euro), ha spiegato il senso dell’iniziativa. “Uno dei compiti del Rotary Club è quello di valorizzare le risorse culturali e storiche del territorio della provincia di Rimini”. Mutolo ha pure annunciato altre iniziative che vedranno coinvolto il suo club. “Il nostro percorso di valorizzazione delle risorse storiche e culturali di Rimini ci ha portato a proporre e ad attuare il restauro della tomba di Amintore Galli, a cui è intitolato il Teatro di Rimini, e a indire un concorso di idee per i giovani architetti e ingegneri per progettare il futuro del Ponte di Tiberio, che fra qualche stagione compirà 2000 anni. Presenteremo le due iniziative tra un paio di mesi”.
“Sigismondo Pandolfo Malatesta era un principe guerriero, diventato ricco con le guerre, che però non disdegnava di circondarsi di artisti e architetti più noti all’epoca come Leon Battista Alberti. – è il tratteggio del condottiero del direttore dei Musei Comunali di Rimini, Pier Luigi Foschi – A lui si deve la radicale modifica del concetto di arte militare. Con Sigismondo Malatesta Rimini passa dal medio evo a una concezione di città moderna”.
La dottoressa Lisa Tosi Brandi, medievalista dell’Università di Bologna, si sofferma sul frammento della veste. “Il restauro del frammento della veste di Sigismondo è stato realizzato dalla dottoressa Barbara Santoro – ha detto Lisa Tosi Brandi – ed è l’unico oggetto che è stato a contatto con il corpo di Sigismondo Malatesta. In quel periodo storico l’abito faceva veramente il monaco, nel senso che si dava molta importanza alle vesti che si indossavano, che erano un simbolo di potenza e prestigio.
In questo caso si tratta di un abito di rappresentanza usato per la sua sepoltura. Il colore della veste è morello, e il motivo decorativo è quello classico”
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Questo raso rappresenta un esempio mirabile dell’arte della tessitura italiana del XV secolo: così lavorato “pare esser l’unico al momento documentato per la seconda metà del Quattrocento” osserva ancora la Tosi Brandi. Completamente restaurato e esposto, per la prima volta al pubblico, va ad arricchire la sala del Museo dedicata a Sigismondo.

Patrizio Placuzzi