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Il Museo del Beato Amato a Saludecio

Sono appena maturati i primi frutti del Corso di Laurea in Arte Sacra e Turismo Religioso attivato nel 2010.
Dopo lo sbarco dell’Opera Pellegrinaggi della Romagna, a cui il nostro Istituto Superiore di Scienze Religiose ha fortemente contribuito, presentiamo lo studio della prima donna laureata, Loretta Marini, dedicato a Il Museo di Saludecio e del Beato Amato, coordinato dalla prof.ssa Paola Novara, docente di Archivistica e Paleografia, Museologia e Beni ecclesiastici. Ne abbiamo parlato con l’Autrice.

Perché una ricerca sul Museo di Saludecio?
“Ho voluto riscoprire le mie origini. Sono vissuta in questa splendida terra dall’infanzia e queste terre hanno accolto la mia famiglia sicuramente dal XVI secolo. Ero sorpresa da bambina nel vedere all’interno di una chiesa così bella, elegante ed imponente, come quella di San Biagio, il nome del mio bisnonno, Pietro Marini, stampato su di una targhetta in metallo, affissa sul retro dello schienale di una panca. Mi sembrava impossibile che un semplice agricoltore, proveniente dalla piccola frazione di Montepetrino, potesse avere qualcosa a che fare con una costruzione di tale bellezza!”

Come è nato il Museo?
“L’origine del Museo affonda le sue radici nella forte religiosità dei Saludecesi e nella devozione secolare al loro concittadino Amato Ronconi, vissuto nel XIII secolo e dichiarato beato nel 1776 a conclusione del processo di canonizzazione, promosso dal Comune di Saludecio. Venerato come taumaturgo e protettore del paese, si tratta certamente del beato più conosciuto della Valle del Conca e tutta la vita di Saludecio, sia sociale sia religiosa.
Il Museo nasce dalle vicissitudini della Chiesa di San Biagio, che nel 1330 accolse il corpo del beato Amato. Sorta nel XIII secolo e poi demolita nel 1792 per ricostruirla dalle fondamenta, nel 1800 vede la luce uno splendido edificio, maestoso, tanto che era considerata la cattedrale della Valle. In essa sono defluite centinaia di opere d’arte sacra, provenienti dalla primitiva chiesa parrocchiale e dai vari oratori delle confraternite presenti in paese. Tuttavia, è solo dal 2001 che tali opere possono essere ammirate nelle adiacenti sale del Museo, perché dal 1930 giacevano tra polvere, sporcizia e umidità nella cripta della Chiesa”.

Chi fu l’artefice del loro ritrovamento?
“Il Museo nasce dalla passione artistica del prof. Piergiorgio Pasini, noto storico dell’arte e profondo conoscitore della storia culturale e religiosa del territorio riminese. Mosso da un grande amore per il recupero della storia, delle tradizioni locali e delle espressioni della religiosità popolare, negli anni ’60 del Novecento fece un’accurata ricerca e un successivo censimento delle opere presenti nella parrocchia di Saludecio. Riuscì a trovare opere di grande pregio girando per le chiese di campagna semi abbandonate, come la grande tela di Guido Cagnacci, il San Sisto, trovata nella chiesa di Santa Maria della Pace di Montepetrino, un luogo ormai in rovina. Un lavoro lunghissimo, durato anni; molte opere hanno richiesto studi e restauri minuziosi, anche perché la maggior parte fu trovata in uno stato di totale degrado. I parrocchiani, inoltre, si erano oramai dimenticati di queste opere. Grazie all’allora parroco don Mazzotti e alla sensibilità del sindaco, Luigi Calesini, si incominciò a lavorare al progetto del Museo, anche se le difficoltà non mancarono, tanto che il Museo fu inaugurato solo nel 2001”.

Ci puoi descrivere la sua struttura?
“È situato al centro del paese di Saludecio e collocato nel piano più alto di un torrione di impianto quattrocentesco. È costituito da due ampie sale comunicanti, adiacenti alla sagrestia della chiesa di San Biagio, e da un vestibolo, che consente l’accesso al museo anche dalla strada. La chiesa, la sagrestia e la cripta costituiscono le premesse imprescindibili alla visita del Museo, essendo sue parti integranti. La prima sala è dedicata alle Confraternite: sono esposti dipinti, statue, reliquiari e suppellettili liturgiche. La seconda sala è dedicata al culto del beato Amato (nella foto): si trovano dipinti, sculture, arredi sacri, oggetti devozionali, ex-voto. Si tratta di opere legate alla storia, alla religiosità, alla cultura del paese e del territorio”.

Quali sono le opere più preziose?
“Senz’altro tre. Due tele di Guido Cagnacci (1601-1663), in olio su tela, raffiguranti La Processione del Santissimo Sacramento, commissionata dalla Compagnia del Santissimo Sacramento di Saludecio, e San Sisto Papa, dipinto ignoto alla critica e scoperto dal prof. Pasini nel 1965. Il terzo tesoro è invece di Giovan Francesco Nagli, detto il Centino (1601-1675), sempre in olio su tela, raffigurante I santi Antonio abate e Antonio da Padova in adorazione di Gesú Bambino, due santi molto venerati a Rimini e nelle campagne circostanti. Tuttavia ci sono molte opere di pregio, come le argenterie delle botteghe di Rimini del ‘600 e un crocifisso ligneo del XIV sec.; inoltre, reliquiarii, sculture e altro”.

Quali meriti ha la tua ricerca?
“Un primo merito credo sia quello della completezza. Esiste finora una guida del Museo curata dal prof. Pasini, che illustra parte delle opere, mentre il mio lavoro riguarda anche la storia delle chiese di provenienza (Chiesa dei Girolomini, San Sisto, San Rocco, ecc), delle Confraternite, degli Oratori e dei Santi più venerati nella zona. Il secondo pregio della ricerca credo stia in alcune proposte di rilancio del Museo”.

Cosa intendi dire?
“Intendo dire che il Museo non è solo uno strumento di conoscenza della storia e della cultura religiosa di una comunità, ma potrebbe essere anche uno strumento per proporre il messaggio cristiano in una realtà sociale sempre più lontana dalla fede e che presenta una conoscenza spesso superficiale e frammentaria dei contenuti essenziali del cattolicesimo. Una disposizione quindi nuova del Museo per una prospettiva nuova anche della comunità saludecese: anziché volgere semplicemente lo sguardo indietro per guardare al suo percorso storico, religioso e culturale, quest’ultima, approfittando della ricchezza del proprio cammino religioso, “rilancia” la bellezza del Cristianesimo. I materiali potrebbero quindi essere ammirati seguendo un percorso diciamo didattico-teologico, legato alla conoscenza della religione cristiano-cattolica e dei suoi riti liturgici a partire dalla devozione per la Vergine, dalla venerazione dei santi e dalle forme liturgiche, che possono essere appunto illustrate e spiegate attraverso le espressioni artistiche della comunità saludecese”.

Elisabetta Casadei

* La Tesi può essere consultata presso l’Issr “A. Marvelli”