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Il missionario per obbedienza

La divisione in Nigeria, la rivoluzione islamica iraniana di Khomeini, l’Intifada in Palestina. Laddove c’erano focolai di guerra, don Tino Dusi era presente, tanto che i confratelli lo prendevano in giro: “se non c’è conflitto in atto, tu in missione non ti diverti”.

“In realtà, io sono stato sempre dove mi hanno mandato: tutto è frutto dell’obbedienza” si schernisce l’ottantenne don Tino. Domenica 2 febbraio, alle ore 10,30 presso la chiesa di Maria Ausiliatrice festeggerà il cinquantesimo di sacerdozio, lui salesiano nella “chiesa nuova” dei salesiani di Rimini.

Nato a pochi passi dal Collegio Salesiano di Chiari, in provincia di Brescia, Tino ha sentito sin da giovanissimo la vocazione al sacerdozio. La missione è stata una conseguenza, il frutto di un contatto con altri missionari. “Aspiravo all’Argentina, mi spedirono in Medio Oriente a tener compagnia ad un amico che dopo qualche tempo se n’è pure andato” ammette don Drusi.

Dopo il noviziato, ha studiato liceo e filosofia in Libano, sono seguiti tre anni di vita pratica in Iran, e successivamente la teologia a Gerusalemme. Qui, nella città santa delle tre religioni, è stato ordinato sacerdote il 20 dicembre 1970 nella Basilica del Getsemani. Parla inglese e francese, e persiano, se la cava con l’arabo, l’ebraico e non ha mai smesso di provarci con alcune lingue locali etiopi.

Ha sostenuto l’impegno di direttore in diverse Case. Dal Medio Oriente è stato inviato in Etiopia, dov’è arrivato con un mese di ritardo ed è rimasto “bloccato” ad Addis Abeba.

“Il cardinal Paolo Sadua mi accolse con grande cordialità. «Segga, segga, segga, padre Tino. – mi disse tendendoni la mano – Congratualzioni, da oggi lei è il nuovo responsabile nazionale per la pastorale etiope». Un servizio che ho svolto con amore e passione per nove lunghe stagioni”.

Chi si dirige verso il Medio Oriente deve essere preparato ad una molteplicità di etnie ed esperienze religiose, avverte l’ottantenne sacerdote.

Nel corso del suo lungo impegno pastorale, il salesiano ha fronteggiato anche un tumore. La necessità di cure e la difficoltà di reperire medicine, gli hanno consigliato di rientrare in Italia. “Ancora una volta ho obbedito e non sono rimasto deluso” ammette.

Dall’ottobre scorso è a Rimini, appartiene alla casa Salesiana in qualità di economo e responsabile della casa per ferie. “A Rimini mi trovo benissimo, e debbo rimboccarmi le maniche, ci sono tante cose da fare. la nostra Casa ospita continuamente gruppi, specie giovanili”.

Scelgono Rimini da Bologna, Padova, Torino ma anche dal Sud Italia, particolarmente durante l’inverno. La Casa può ospitare fino a 120 persone e a don Tino piace accogliere i gruppi, “anche se il mio italiano risente ancora dei tanti anni vissuti all’estero” ci ride su il sacerdote. Bugia innocente.

Don Tino, lei ha girato il mondo: il carisma di don Bosco nel 2020 è ancora valido? “In Europa stiamo cercando forme nuove di approccio per la gioventù, ma l’esperienza in Africa, Asia, Oceania e America dice che l’approccio di don Bosco non è solo attualissimo ma funzionale. È una fonte di salvezza specie per i giovani che grazie all’educazione trovano un mondo nuovo e aperto di fronte a loro. L’educazione può cambiare il mondo”.