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Genere, questione di identità

La crisi dell’uomo occidentale non riguarda ormai soltanto alcuni aspetti ma la sua stessa personalità. Dopo aver cercato di «privatizzare» la religione, attraverso le ideologie, nel XX secolo la crisi ha investito la cultura, i criteri di giudizio che orientano la vita. Oggi, la crisi sta colpendo la stessa identità sessuale, che spesso nei più giovani non viene neppure riconosciuta, provocando drammi individuali e una profonda ferita nel corpo sociale.
Massimiliano Cucchi, 45 anni, laureato in Medicina all’Università di Bologna, con una monografia sulla Psicologia clinica e conseguentemente una Licenza in Bioetica a Roma, è studioso di queste tematiche sulle quali spesso è chiamato ad intervenire in corsi e incontri. Insegnante di religione nelle scuole superiori, cresciuto a Savignano e attualmente parte dell’équipe di sacerdoti della zona pastorale comprendente Morciano, Gemmano, San Clemente e Montefiore, Cucchi è anche docente di Bioetica presso l’Istituto di Scienze Superiori “Marvelli” di Rimini.

Gender: di cosa parliamo?
“Gli studi sul genere nascono nel mondo anglossassone negli anni Cinquanta del secolo scorso. Studi che analizzavano che cosa caratterizzava il maschio e la femmina, e come tali caratteristiche cambiassero nel tempo e nella società, attingendo da atteggiamenti, usi e costumi.
Tali studi di strutturano progressivamente in vere e proprie teorie di genere, in particolare in occasione della «rivoluzione sessuale».
Medici e filosofi non si limitano più ad osservare ma teorizzano e avanzano ipotesi che intendono abbattere i capisaldi della morale sessuale tradizionale”.

Padre nobile dell’uomo ridotto ad una sola dimensione (dal titolo di un suo saggio) è il sociologo, politologo ed accademico tedesco naturalizzato statunitense Herbert Marcuse, filosofo mito del ’68.
“Gli studi sul genere trovano una sponda nelle teorie filosofiche di Marcuse per il quale l’idea di libertà è un assoluto sganciato da qualsiasi riferimento.
Per cui anche il dato oggettivo che viene dalla natura è considerato un attentato a questo assoluto. Ma se il contadino ha seminato grano nel suo campo, potrà mai trattarlo come un campo di patate?”.

Un principio totalmente abbracciato dal gender.
“Le teorie gender diventano ideologie, e secondo tre linee di principio fondamentali.
La prima: identità di genere e quella biologica non coincidono. La seconda: l’orientamento sessuale si estende lungo un continuum i cui poli sono rappresentati dall’esclusiva eterosessualità o omosessualità. Terza ed ultima: occorre sviluppare un’educazione di genere, cioè educare al superamento del maschio/femmina e uomo/donna, residui di costrizioni culturali imposte dalla società, in quanto è l’individuo che si attribuisce un genere, anche mutevole nel tempo, indipendentemente dal dato o sesso biologico”.

Cucchi, gender, dunque, non è l’identità sessuale, non sarebbe più dato dalla natura una volta per tutte ma sarebbe frutto di scelte, di cultura e di convenzioni?
“Per l’antropologia, l’uomo è un corpo, il sesso cromosomico si «traduce» in genitali. Si nasce maschio e femmina, l’educazione e la cultura aiutano la crescita in uomo e donna ma tra dato naturale e dato sociale c’è coerenza.
Secondo le teorie gender, invece, il dato naturale e il dato culturale non vanno più di pari passo, anzi vanno separati. La scelta sessuale deve avvenire non condizionata dalla natura”.

Cosa accade quando le teorie gender diventano ideologia?
“Le teorie gender sono una risposta sbagliata a giusti interrogativi.
Ognuno di noi nasce con una precisa identificazione a livello fisico, ma a livello psichico esiste una bi-sessualità che si definisce nel corso dello sviluppo psicosessuale e prende contorni sempre più precisi. Una identità sempre conforme al dato naturale oggettivo.
Il superamento del complesso edipico (per i maschi) e del complesso di Elettra (per le femmine) consente di prendere la strada tracciata.
Da ipotesi tutte da dimostrare, le teorie gender nel corso dei decenni vengono assolutizzate e divengono delle teorie incontestabili, accompagnate al rifiuto di ogni eventuale obiezione. Laddove la scienza è molto cauta, quando una teoria diventa ideologia rischia di porsi in modo assolutista, unilaterale, intollerante e refrattario a qualsiasi obiezione”.

Maschi e femmine non si nasce ma si diventa, era la summa del dott. John Miney.
“Il dato naturale, oggettivo, riscontrabile, viene negato.
L’uomo ha la pretesa di ricreare l’ordine della natura. E le tecnoscienze alimentano quella follia”.

A suo giudizio, in Italia questa rivoluzione è già in atto o siamo in presenza di un’eccessiva caccia alle streghe?
“In Italia si stanno creando le condizioni per cui l’ideologia gender si possa diffondere, e in maniera libera”.

C’è chi indica nella Legge della Buona Scuola questo cavallo di Troia.
“La legge 107/2015, al comma 16, prevede che nei Piani di offerta formativa delle scuole vengano inserite piani di azione per superare gli stereotipi di genere.
Questo obiettivo, da una parte condivisibile e incontestabile quando ad esempio mira a cancellare stereotipi di genere, contiene in sé anche il rischio della distinzione di genere.
La legge, dunque, non definisce in modo esplicito questi concetti, benché ne faccia uso diffusamente nei testi richiamati dalla norma.
Ma esistono già casi in cui gli approfondimenti legati all’identità di genere sono diventati un trampolino di lancio per il superamento del genere, senza più distinzione alcuna. Ad esempio, alcuni testi in cui la storia del principe azzurro è diventata la storia di un signore che non sposa più la principessa di turno bensì il suo scudiero”.

I genitori, la famiglia, cosa può fare di fronte ad un contesto del genere?
“Per il bene dei propri figli, i genitori siano attenti alle proposte che arrivano dalla scuola e partecipino il più possibile agli organi collegiali. Informatevi e partecipate alla vita della scuola: le proposte, il Pof, le letture suggerite. I corsi sulla sessualità, ad esempio, non possono diventare solamente delle carellate sui metodi contraccettivi e sulle precauzioni da prendere per evitare certe malattie o rischi, senza trattare del valore dei rapporti tra le persone e della sessualità in sé”.

Per il gender, l’orientamento sessuale non è definito ma liquido. Può insomma modificarsi più volte nel corso della vita, per cui oggi mi sento eterosessuale, domani magari bisessuale, la settimana prossima transessuale.
“Questo orientamento propone un’identità variabile nel tempo, anche nel corso di una stessa giornata, che determina anche scelte sessuali ondivaghe. Lo constato a scuola, con gli studenti: anche ragazzi che vivono un rapporto di coppia eterosessuale con la fidanzata, operano comunque scelte omosessuali.
Come ha ben rilevato Papa Francesco, la psicoteoria del gender invece che aiutare l’individuo a rispondere alle domande: chi sono? e: che senso ha la vita?, alimenta la confusione nella persona, e crea il transumano: una persona cioè priva di identità e a corto di mete. Questo uomo diventa un nomade, che non sa chi è né dove andare, spesso in preda alla fluidità e al capriccio”.

In nome della cosiddetta lotta alle “discriminazioni di genere”, non si rischia un indistinto annullamento delle differenze tra uomo e donna?
“L’annullamento delle differenze e della complementarietà è una minaccia alla piena realizzazione dell’essere umano e della società, e non un arricchimento. Questo principio di non discriminazione diventa un non valore e rischia di essere accreditato con un diritto riconosciuto per tutti – come ha fatto notare a suo tempo Papa Benedetto XVI – , imbavagliando qualsiasi giudizio o riflessione”.

Paolo Guiducci