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Riconoscersi è una festa

Il più bel regalo di Natale della sua vita, D., 40 anni, l’ha ricevuto il quando gli operatori della Comunità di recupero gli hanno annunciato senza preavviso che sarebbe presto ritornato un uomo libero. Libero e senza più legami con la tossicodipendenza. D. ha terminato il percorso terapeutico per l’uscita dalla droga. È uno dei 100 ragazzi liberati da dipendenze patologiche che a Santo Stefano a Rimini, nella parrocchia della Grotta Rossa, hanno festeggiato l’uscita dal tunnel.
Insieme a D. sono giunte a Rimini 30 persone da Forlì, 10 dal Brasile e 6 dai paesi dell’Est. Nella Parrocchia della Resurrezione, che fu di don Oreste Benzi, hanno celebrato il Riconoscimento della propria vittoria personale su droga e alcool, gioco d’azzardo e altre dipendenze.
Giulio (nome di fantasia), 25 anni, ha deciso di partire per un anno di servizio civile in Bolivia. Un altro ragazzo ha appena terminato il conservatorio e si prepara a diventare maestro di oboe.
Circa 400 familiari hanno stretto la mano ai propri figli ritrovati. “La persona più felice che ho visto oggi è stata una mamma. – ha detto nell’omelia l’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, al cui fianco sedeva il vescovo ucraino di Bucach, Dimitrii Hryhorak – Immaginate la gioia di una madre nel vedere suo figlio liberato”. Quando si cade nel gorgo della dipendenza, è tutta la famiglia in qualche modo ad essere inghiottita.
12 dei protagonisti della giornata erano donne. La maggior parte delle vittime di dipendenze che ha terminato il programma ha lottato per la liberazione dalle droghe: eroina in primo luogo e cocaina. 22 sono le comunità in Italia; 17 i centri all’estero. Il percorso di recupero dura in media 3 anni e che è costituito da tre fasi: l’accoglienza, la comunità, il rientro. Al termine, il Riconoscimento è un momento di rinascita per intere famiglie. La Festa del Riconoscimento è stata pensata, voluta, e celebrata da don Orenze Benzi nel 1995, per riconoscere e gioire alla mensa di Cristo con i giovani e le giovani giunti al termine del percorso di recupero dalla dipendenza.
Per i più giovani è il tempo di guardare al futuro. È il caso per M., che era entrato in comunità nel vicentino all’età di 17 anni e che ora ne compirà 20: ora la rinuncia e la rassegnazione sono alle spalle. Un altro ragazzo, A. di 25 anni, ha deciso di partire per un anno di servizio civile in Bolivia; P. ha terminato il conservatorio e si prepara a diventare maestro di oboe. Alcuni hanno già trovato lavoro part-time nei bar o nei servizi ambientali.
“Nel cammino di liberazione avete scoperto i vostri talenti: ora sappiateli mettere a frutto per il bene comune e per i più poveri”. Giovanni Paolo Ramonda, il responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, è felice. E sorridente si è rivolto ai ragazzi impegnati nei programmi terapeutici: “Siete giovani che nel cammino di liberazione dalle dipendenze avete scoperto i vostri talenti, ora sappiate metterli a frutto per il bene comune e dei più poveri”. Per Ramonda, però, la politica fa ancora troppo poco sul versante della lotta alla droga. “Assistiamo ad un crollo verticale dell’attenzione al tema delle dipendenze patologiche, soprattutto per quanto riguarda quelle più tradizionali come droghe ed alcool. Il prossimo governo definisca una delega, e riattivi la consulta di esperti e i percorsi previsti dal testo unico 309/90”. Don Oreste ha voluto la sua chiesa pavimentata come se fosse un esterno. Quei “sanpietrini” indicano la strada da percorrere usciti dalla festa, e sulla via della vita e con i fratelli. Per Riconoscersi sempre.

Paolo Guiducci