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Benedizione pasquale – Il gesto sorpassato?

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Benedizione pasquale – Suona alla porta vestito di tutto punto, nella mano destra l’aspersorio col quale segnerà tutta la famiglia e nella sinistra la classica immaginetta da lasciare in casa. È il prete formato benedizioni, il sacerdote che nel periodo di Quaresima e comunque prima di Pasqua assomiglia tanto ad un cercatore di fedeli, con la cartina in mano e lo sguardo fisso sull’orologio.
Quella della visita a domicilio è una pratica ancora tanto diffusa, che oggi però deve confrontarsi con abitudini e orari familiari molto soggettivi, nelle grandi come nelle piccole comunità. E i tempi del don sono sempre più stretti, preso com’è da mille servizi. Antica tradizione, nuovi problemi, e l’insorgere di interrogativi circa l’opportunità e la validità pastorale del gesto.
Se il parroco, complici le mille complicazioni, avverte i fedeli che “quest’anno è più difficile raggiungere tutti i nuclei familiari” questi, pur comprendendo le difficoltà in cui si imbattono i pastori, si possono sentire trascurati. La benedizione non è appena una sana tradizione o l’occasione per aggiornare l’archivio parrocchiale o per recitare preghiere. È tutto questo e molto di più
“Proprio nel centro dell’anno pastorale noi sacerdoti veniamo occupati per numerose ore al giorno in questa attività”- fa notare don Paolo Donati del Crocifisso di Rimini. Delle 8 zone in cui ha diviso la parrocchia, ne visita (con l’aiuto di tre diaconi) 5 all’anno. – “Da benedizione diventa sempre più visita alle famiglie – rilancia – anche non cattoliche. C’è l’idea di incontrare le persone e di far presente che la parrocchia è un punto di riferimento a 360 gradi”.
Problemi tanti, ma la validità pastorale di questo gesto non è di per sé sufficiente a tirare dritto? “Certamente il passaggio del prete nella casa di ogni abitante ha un significato bello, è un incontro personale che – per quanto fugace – può lasciare un segno positivo nell’animo delle persone. – ne conviene don Piergiorgio Farina – Per noi preti, anche se talvolta c’è un certo timore quando si bussa ad una casa perché non si sa mai come si viene accolti, è bello incontrare persone e situazioni nuove, constatare da vicino i problemi e le gioie di ogni famiglia. Ogni sera, al ritorno in parrocchia, c’è qualche motivo in più per ringraziare il Signore e affidargli determinate persone e situazioni”. Tuttavia, le forze sono quelle che sono e realisticamente occorre fare i conti con ciò che si può fare.
A Villa Verucchio, una delle parrocchie più grandi della diocesi, da anni i fedeli si sono dovuti abituare a sentir suonare il campanello a stagioni alterne: don Pierpaolo Conti (aiutato da un frate del convento di Santa Croce e dal diacono Luciano una volta a settimana) visita solo metà parrocchia a stagione. Come segno pasquale, per tutti, a pasqua mette a disposizione una bottiglietta di acqua benedetta. Di per sé sono le persone benedette che trasmettono la benedizione alla casa stessa mediante la loro fedeltà al Signore, la loro fede e la loro preghiera. Ogni capo famiglia, in virtù della propria partecipazione al sacerdozio di Cristo ricevuta nel battesimo, può benedire la propria famiglia.

Paolo Guiducci