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Amore e dramma al tempo di Anna Karenina

L’idea forte e vincente di questa nuova versione cinematografica di Anna Karenina, diretta dal regista di Orgoglio e Pregiudizio ed Espiazione, è lo strepitoso incastro tra il gioco del teatro e la rappresentazione della vita, tra la finzione scenica e il mondo “vero” per quanto tradotto su grande schermo. Incastro riuscito a regola d’arte a Joe Wright e allo sceneggiatore Tom Stoppard, drammaturgo britannico a cui si devono gioielli cinematografici come il brillante Shakespeare in Love e Rosencrantz e Guildenstern sono morti, qui impegnato ad adattare le pagine tolstojane con grande rispetto, pur evidenziando un percorso creativo e narrativo che stimola, emoziona e colpisce.
Così Anna Karenina (la fotogenica ed espressiva Keira Knightley, al terzo film con Joe Wright) si strugge d’amore per il bel conte Vronsky (Aaron Taylor-Johnson) per sfuggire all’opprimente atmosfera di casa, dominata dal marito (Jude Law) tutto politica e niente affetti. Una passione che condannerà la giovane donna – soffocata da una società rigida e castrante, dove nemmeno i sentimenti più accesi riescono a riscaldare i cuori “freddi” di un mondo maschile gelido – ad una tragica scelta.
Nel bello e raffinato processo creativo, dove scenografie e costumi giocano un ruolo importante (e la costumista Jaqueline Durran ha ricevuto l’Oscar per il suo eccellente lavoro), si snoda una vicenda già nota al cinema (e chi si scorda la Garbo quando esce dal treno tra i vapori della locomotiva?), ma che qui riceve una marcia in più nell’originalità di una costruzione accattivante che rende la pagina tolstojana “nuova” pur restando fedelmente ancorata alla tradizione narrativa. Le musiche del pisano Dario Marianelli rendono ancora più elegante e seducente la messa in scena.

Il Cinecittà di Paolo Pagliarani