Home Editoriale UNA PROPOSTA In guerra senza armi

UNA PROPOSTA In guerra senza armi

Nella testa di tanti, i palestinesi sono vittime o terroristi. Eppure quei pochi che conosco non si identificano davvero con queste categorie. Sono medici, educatori, scrittori. Persone normali, realizzate o no, secondo le diverse storie.

Eppure se li invitiamo a raccontarci di Gaza ci viene come naturale il sospetto, non solo che ci diano la loro lettura dei fatti che accadono (che del resto sarebbe naturale), ma che non ci raccontino proprio come vanno le cose. È un sospetto che ha un fondamento, ma che andrebbe rovesciato, perché in realtà siamo noi che abbiamo informazioni tutte filtrate, con un tarlo costante che ci dice: attenti, sono terroristi. Solo l’inumanità dell’intervento israeliano ci ha portato a definire vittima la popolazione di Gaza. Quella povera gente è la “vittima perfetta”, come li ha definiti lo scrittore di Gerusalemme est Mohammed El-Kurd: “È impotente e indifesa. Quando la guardi provi simpatia, e se viene massacrata e uccisa, sali sul podio e pronunci la tua invettiva, alzi le sopracciglia e dici che sei profondamente preoccupato”. Ma le sanzioni su Israele non arrivano, come pure l’embargo delle armi.

Nessun atto concreto. Racconta El-Kurd: “I coloni israeliani hanno preso metà della mia casa impunemente, ma siamo noi i terroristi. Così ci vedono i media, ci demonizzano, siamo dei sub umani”. I nazisti li chiamavano untermenschen. Molte persone si sono rivoltate a questa ideologia e hanno fatto dei palestinesi prima delle vittime, poi degli eroi. Tante storie drammatiche e tragiche di bambini e di genitori si sono trasformate in storie di eroi. Eppure vittime, terroristi o eroi sono solo categorie e schemi che noi applichiamo. Perché non considerarli semplicemente persone, esseri degni di vita, di dignità, di diritti umani, rifugio, protezione, persino di diritto al dolore e al lutto? Perché ognuno, qualunque sia la sua idea, la speranza, il progetto, la lotta che compie, è prima di tutto una persona. Per noi cristiani e… per tutti gli umani, ogni persona ha un valore sacrale. Non possiamo più stare a guardare. E allora che tu sia di Fratelli d’Italia o del Pd, qualunque lettura politica tu dia della situazione e delle cause che l’hanno generata, non puoi solo aspettare che “qualcuno faccia”. Se la Meloni è la tua leader, dille che non ti va bene che uccidano bambini, donne e anziani; se non lo è, dille lo stesso che rappresenta tutti e il giudizio della storia sarà duro anche per chi si è girato dall’altra parte. Anche noi cristiani non ci stiamo facendo una bella figura di fronte al Cielo. Pregare va bene ed è importante, ma se Dio in due anni non ha, apparentemente, mosso ancora un dito, forse significa che si aspetta qualcosa di più da noi. Cominciamo allora con una piccola proposta. A parte Hamas, molti palestinesi, soprattutto dei Territori Occupati, da sempre lottano in forme non violente. Ma nessuno ne parla, anzi i giornali sembrano proprio censurarle, a volte deriderle. Beh, allora cominciamo noi. Operazione Colomba e tante realtà presenti ci raccontano della resistenza nonviolenta nei villaggi di Palestina, e anche di gruppi nonviolenti presenti in Israele… Perché almeno non diamo voce ad essi? Un piccolo gesto per dare forza politica a chi compie scelte certamente alternative alla situazione attuale, che ci spinge a credere che solo nella guerra e nella violenza ci sono soluzioni.