Home Vita della chiesa UN SECONDO “ANNO DI ASCOLTO”: UNA RIPETIZIONE?

UN SECONDO “ANNO DI ASCOLTO”: UNA RIPETIZIONE?

Come continuerà ora il cammino Sinodale della Chiesa riminese. Dopo l’Assemblea ecclesiale don Maurizio Fabbri spiega obiettivi e modalità

Dopo un primo anno dedicato all’ascolto spirituale della vita delle persone delle nostre comunità ecclesiali e aver raccolto una sintesi di quanto emerso ci si saremmo aspettati di arrivare subito al “dunque”, ossia ad individuare soluzioni concrete alle tante questioni emerse. Ed invece la Chiesa Italiana si propone un secondo anno di ascolto della realtà. Perché? Non è un doppione, una “minestra riscaldata”? Ne parliamo con don Maurizio Fabbri, Vicario generale e membro dell’Équipe diocesana per il percorso sinodale.

“Sappiamo come sia diverso raccogliere opinioni, impressioni, anche disagi personali dal comprendere appieno la realtà delle cose. Ecco, in questo anno vorremmo approfondire il nostro ascolto della realtà ecclesiale e sociale, per cogliere con più chiarezza ciò che il Signore ci sta dicendo attraverso i cambiamenti in corso e valorizzare quelle esperienze ed intuizioni che stanno qua e là emergendo”.

Quali le piste di questo secondo anno?

“Mentre lo scorso anno ci si era incentrati sui ‘gruppi sinodali’ che si riunivano 1-2 volte con il metodo della ‘conversazione spirituale’, quest’anno ci vengono proposti i cosiddetti ‘cantieri’ in stile laboratoriale/esperienziale. I cantieri proposti dalla CEI sono articolati attorno a tre nuclei: i mondi vitali che la Chiesa incontra e con cui è chiamata a relazionarsi (le marginalità sociali, il volontariato, la scuola, la rete, i social, i mezzi di comunicazione, lo sport, la politica…); la comunità come casa ospitale; le diaconie e la formazione. Essi si ispirano all’icona biblica scelta per questo anno: Gesù ospite presso Marta e Maria (nell’immagine in un dipinto di Johann Friedrich Overbeck). Noi come Diocesi, alla luce anche di quanto emerso nella sintesi dello scorso anno, abbiamo individuato 9 piste di lavoro tra cui è possibile scegliere. Queste tematiche sono però unificate dalla stessa prospettiva: come la nostra Chiesa sta annunciando Gesù, riesce a far incontrare le persone con Gesù? Cioè non ci interessa fare un discorso sociologico o un elenco di buoni propositi o di richieste non si sa bene a chi, ma metterci in discussione noi per primi, come preti, operatori pastorali, parrocchie, associazioni e movimenti ecclesiali, se quello che siamo e quanto proponiamo nella nostra azione pastorale sia capace di parlare agli uomini di oggi, di farli incontrare con la persona di Gesù”.

Perché vengono chiamati “cantieri”?

“La parola richiama un lavoro più ampio ed in profondità a cui dedicare un tempo più lungo, coinvolgendo non solo gli ambiti ecclesiali ma anche altre realtà del territorio di ispirazione cristiana o meno. Questo consente, di non fermarsi ai sintomi esterni, ma di riflettere sulle cause dei cambiamenti, raccogliere esperienze positive in atto, definire meglio i nodi problematici e abbozzare delle piste di soluzione”.

Puoi farci qualche esempio?

“Tutti ci accorgiamo e ci amareggiamo per la diminuzione di presenza alla messa domenicale, sia di ragazzi, sia di giovani e adulti, e ci chiediamo cosa è andato in crisi, quali domande, attese ci vengono da chi non frequenta più… Dall’altra, ci chiediamo se ci siano esperienze positive in cui la liturgia è partecipata con gioia… infine ci chiediamo a quali cambiamenti pastorali siamo spronati… Oppure, tutti vediamo l’insoddisfazione di una catechesi dei ragazzi che non intercetta la loro vita, li prepara a dei sacramenti che sono più una consuetudine sociale più che scelte di fede e spesso anticamera di un abbondono della vita ecclesiale… Ma ci sono esperienze, intuizioni, che offrono una diversa impostazione della catechesi dei ragazzi e del coinvolgimento degli adulti? Oppure: ci accorgiamo dell’urgenza di una (ri)evangelizzazione di giovani e adulti, ripartendo dal primo annuncio di Gesù, ma come fare? Qualcosa si sta muovendo in questo senso? Quali intuizioni ed esperienze possono aprire ad una pastorale di evangelizzazione piuttosto che di conservazione dell’esistente? Quanto la scelta delle zone pastorali può aiutare in questo cammino?”.

Viene anche proposto un metodo?

“In concreto, il metodo ripercorre quattro verbi chiave: – Delimitare, ossia precisare il tema/ambito di riflessione – Raccogliere il vissuto (quanto avviene nella nostra realtà ecclesiale e sociale; conoscere altre esperienze pastorali in corso), coinvolgendo i diversi ‘attori’ che operano sul territorio – Approfondire, in clima di preghiera e di ascolto dello Spirito, per interpretare il vissuto cogliendo aspetti positivi, intuizioni, carenze; magari facendosi aiutare anche da qualche ‘persona competente’ – Costruire, ossia già far emergere proposte operative che poi verranno riprese in seguito”.

Chi è chiamato a coinvolgersi in questo lavoro?

“L’impostazione dei ‘cantieri’ consente di coinvolgere anche quelle comunità che per vari motivi non hanno partecipato al primo anno di ascolto. Il cantiere può essere affrontato a vari livelli: a livello diocesano (es. coinvolgendo gli Uffici Pastorali, le Aggregazioni laicali, il presbiterio, i diaconi, gli istituti religiosi); oppure a livello zonale o parrocchiale. Alcuni temi si prestano più ad essere affrontati nella singola comunità, altri esigono un ambito più ampio. Un ruolo fondamentale lo rivestono i Consigli Pastorali diocesano, parrocchiali o Zonali, il Presbiterio e la comunità diaconale. A breve sono previsti incontri con il Consiglio Pastorale diocesano, gli Uffici Pastorali e la consulta delle Aggregazioni laicali e il coordina mento degli istituti religiosi, per cercare di dare concretezza a questo percorso.

Questo lavoro non vuole essere un peso aggiunto a tutto il resto che già facciamo, ma un ulteriore passo perchè la sinodalità da slogan diventi uno stile normale nelle nostre comunità. Ci aiuta, infatti, a creare luoghi di ascolto vero tra preti, laici, religiosi, credenti e meno credenti, per riflettere, cercare, inventare insieme, cosicché il nostro agire non sia un ‘agitarsi’ invano ma un servire l’incontro con il Maestro.

Capisco che si tratta di un lavoro nuovo, per il quale ci mancano per ora esperienze. Per questo, l’Equipe diocesana per il percorso sinodale intende offrire a breve alcune indicazioni ulteriori e si rende disponibile per incontri nelle parrocchie e altre realtà ecclesiali”.