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Tumore al seno, facciamo il punto

Un mostro. Un nemico terribile, perché tanto pericoloso quanto silenzioso, invisibile, nascosto: cresce dentro di sé, e quando si palesa porta un senso di smarrimento, di angoscia, fa cambiare il modo in cui si percepisce il proprio corpo, se stessi e il proprio futuro. È il tumore al seno, l’uomo nero per tante donne in tutto il mondo. Un argomento molto sentito nella nostra Rimini: tante, infatti, le realtà dedicate alla sensibilizzazione e alla prevenzione. Realtà come ADOCM (Associazione Donne Operate Carcinoma Mammario) Crisalide,associazione riminese che da tanti anni si occupa di sostegno alle donne che vivono o hanno vissuto questa esperienza, organizzando incontri, tavole rotonde, mostre e conferenze, oltre ad attività ricreative.

“In generale c’è preoccupazione, – le parole di Pia Vignali, coordinatrice proprio di Crisalide – l’incidenza della malattia nelle donne giovani, dai 30 ai 45 anni, è in aumento”. Proprio grazie alla collaborazione di Crisalide è possibile analizzare la situazione generale di questo tema nel nostro territorio: com’è organizzato il servizio sanitario riminese? Quanto è diffuso il carcinoma mammario? A che punto è la ricerca e come fare prevenzione al meglio?

Facciamo il punto

Breast Unit e numeri Rimini è molto sensibile al tema del carcinoma mammario. Il Servizio di Senologia riminese, infatti, (citato anche come Breast Unit) dal 2014 si vede insignito del “bollino” EUSOMA, riconoscimento europeo che ne certifica il rispetto dei più elevati standard internazionali di cura del tumore al seno. Un servizio che ogni anno esegue circa 20mila ecografie, 1000 biopsie eco guidate, 700 agoaspirati e che diagnostica circa 400 tumori al seno. Nello specifico, il servizio di Diagnostica della Breast Unit riminese riceve circa 35mila donne l’anno, l’Oncologia più di 2000 e la Chirurgia, a Santarcangelo, ha fatto registrare più di 400 primi interventi per carcinoma mammario nel 2018.

Prevenzione fondamentale

L’arma più forte contro il tumore è la prevenzione, che diventa più efficace se declinata secondo due strategie: uno stile di vita adeguato (prevenzione primaria) e una diagnosi che sia il più precoce possibile (prevenzione secondaria). Per quanto riguarda quest’ultima, fondamentale è lo screening. “ Un test di screening – spiega la dottoressa Debora Canuti, Responsabile del Programma di Screening Oncologici dell’Ausl Romagna – è un esame che consente di individuare in fase iniziale uno specifico tumore, in persone senza sintomi. In Romagna l’adesione allo screening mammografico si avvicina al 75%. Con questo tipo di esame è stata dimostrata una riduzione significativa, compresa tra il 20 e il 30%, dei casi di tumore in fase avanzata: tutto ciò ha reso possibile interventi chirurgici e terapie meno aggressive, a notevole beneficio della qualità di vita dei pazienti. Allo stesso modo, è dimostrata una riduzione di mortalità per tumore alla mammella di circa il 25%”.

Numeri importanti, soprattutto se guardati a partire dall’inizio del programma di screening dell’Ausl Romagna. “Partendo da questi risultati– aggiunge la dottoressa Canuti – un’analisi ha stimato nella popolazione della nostra regione invitata allo screening una riduzione di mortalità, dopo solo 8 anni dall’attivazione del programma, pari al 31% a fronte di un’adesione al di poco sopra al 50%. La riduzione di mortalità sarebbe certamente maggiore, se aderisse tutta la popolazione invitata”. In generale, sul territorio sono circa 65mila le donne in fascia di screening, cioè tra i 45 e i 74 anni, con chiamate periodiche a seconda dell’età.

Familiarità ed ereditarietà

I tumori al seno non sono tutti uguali. Dal punto di vista dell’insorgenza, infatti, è possibile operare una distinzione tra tumori sporadici efamiliari/ereditari. I primi rappresentano il 75% dei carcinomi mammari, e si sviluppano nella popolazione generale in assenza di familiarità, essendo per lo più correlati a fattori ambientali. Il restante 25% è invece familiare/ereditario: il rischio di insorgenza aumenta se membri della propria famiglia sono o sono stati affetti da questo tipo di tumore. Qual è la differenza, e come affrontarli? “ Ad oggi – le parole di Pia Vignali di Crisalide – sappiamo che l’insorgenza di tumori al seno di natura ereditaria sono dovuti alla mutazione dei geni BRCA 1 e BRCA 2, situati rispettivamente sui cromosomi 17 e 13. Purtroppo, in presenza di questa mutazione nei geni di un proprio familiare è possibile stimare una probabilità del 84% di insorgenza tumorale. Un numero davvero impressionante”.

Per poter individuare queste mutazioni occorre sottoporsi a un test genetico: attraverso un prelievo di sangue viene eseguita un’indagine sui globuli bianchi, da cui viene estratto il DNA per ricercare le specifiche alterazioni dei geni BRCA 1 e BRCA 2.

La ricerca

Infine, proprio Crisalide ha recentemente organizzato a Rimini il convegnoTumore al seno: facciamo il punto, in cui diversi professionisti sono intervenuti per illustrare lo stato dell’arte della ricerca, delle terapie e della prevenzione del carcinoma mammario. A livello di ricerca scientifica, si segnala l’intervento del dottor Daniele Calistri, Responsabile del Laboratorio Diagnostico dell’IRST di Meldola, focalizzato sui marcatori tumorali, che rappresentano uno degli strumenti più importanti nella lotta contro il cancro. “ I marcatori tumorali – ha spiegato il dottor Calistri –sono sostanze che possono essere trovate in fluidi corporei come sangue o urine e che possono essere utilizzati come ‘spia’ per l’individuazione di una neoplasia.

Nonostante non siano sufficienti a stabilire una diagnosi di tumore, e per questo devono essere sempre affiancati ad altri esami, il loro ruolo nella diagnosi precoce è importantissimo. E non solo: anche qualora un tumore sia stato diagnosticato, i marcatori possono essere utilizzati per misurare e valutare la risposta del paziente alle cure, potendo così arrivare a terapie sempre più personalizzate. E quindi sempre più efficaci, per salvare ogni singolo paziente”.