Home A tutto serial THE UNDOING, INCIAMPARE ALL’ULTIMO PASSO

THE UNDOING, INCIAMPARE ALL’ULTIMO PASSO

L’uscita di un prodotto come The Undoing – Le verità non dette non può che generare un certo entusiasmo. Infatti in un’epoca di offerta massiva e strabordante di serie televisive, amplificata ancora di più dal Covid-19, con i cinema chiusi e le produzioni che disperatamente cercano di investire su prodotti per il piccolo schermo, il rischio di avere quantità al posto della qualità è molto concreto. Dopo mesi di serie televisive spesso scialbe, mediocri e prive di particolari ambizioni, la miniserie diretta da Susanne Bier (tratta dal romanzo Una famiglia felice di Jean Hannf Korelitz) e trasmessa in Italia su Sky Atlantic si presenta fin da subito come una piacevole eccezione.

L’incipit: siamo a New York, con il focus puntato sul mondo dell’alta borghesia americana. Grace e Jonathan Fraser, interpretati rispettivamente da Nicole Kidman e Hugh Grant, sono affermati professionisti (psicoterapeuta lei, oncologo pediatrico lui) che vivono il proprio matrimonio e la propria vita da genitori dell’adolescente Henry in totale serenità. Una famiglia felice, un matrimonio fatto di freschezza e affiatamento, tutto è al proprio posto. Ma, come nel più classico dei thriller, l’armonia si infrange quando Elena Alves, la giovane madre di un compagno di scuola di Henry (interpretata da una spettacolare Matilda De Angelis) viene trovata orrendamente uccisa: poco dopo la tragica notizia, Jonathan parte per seguire un corso professionale e di lui non si sa più nulla, finché le indagini della polizia non cominceranno a vedere in lui il principale sospettato. Tutto qui, un incipit che più semplice non si può, a confermare la regola aurea della narrazione: non conta cosa racconti, ma come lo racconti.

E The Undoing lo fa bene: ogni puntata ha un buon ritmo, ad ogni episodio si scopre sempre qualcosa in più, e la narrazione diventa sempre più stimolante nel momento in cui si crea una quasi totale sovrapposizione tra lo spettatore e Grace Fraser. Insieme a lei, infatti, il pubblico comincia a scoprire sempre più elementi legati alla vicenda e al marito, rimbalzando continuamente tra la convinzione che lui sia colpevole oppure innocente. Non solo: complice anche il formato della miniserie (le puntate, infatti, sono appena sei), la vicenda si sviluppa senza inutili tentennamenti, senza “allungamenti di brodo” per fare minutaggio, arrivando agli snodi narrativi principali nel momento giusto. Ovviamente non si può dire di più per non rovinare la visione a nessuno, ma possiamo affermare di essere di fronte a un bel racconto giallo, che fa propri gli ingredienti tipici del mistery, del poliziesco e del legal thriller. Purtroppo, però, è proprio per questo che la caduta fa ancora più rumore.

Un’occasione persa

Il vero neo di questa serie tv, infatti, è il finale. E sbagliare la conclusione in un thriller significa, sostanzialmente, buttare via quasi tutta la storia raccontata. Il procedere degli episodi, infatti, mette molta carne sul fuoco, agli spettatori sono presentate numerose possibilità di risoluzione della vicenda, tanto che fino all’ultimo si percepisce sempre di più l’arrivo del grande colpo di scena finale, il colpo di teatro in grado di spazzare via ogni certezza e lasciare tutti a bocca aperta. Arrivati alla fine, invece, ci si rende conto che la soluzione più lineare, più banale e più ovvia era davvero quella giusta, facendo istantaneamente sgonfiare le aspettative. Addirittura, si può anche arrivare a chiedersi: “Ma allora perché questa storia è stata raccontata? Cosa aggiunge di nuovo?”. E non c’è niente di peggio in un racconto. Peccato, davvero un’occasione sprecata.

Rimangono, però, le grandi prestazioni attoriali dei protagonisti, con una Kidman e un Grant che, nonostante portino evidenti addosso i segni del tempo, riescono a essere subito convincenti in ogni snodo della narrazione, perfettamente credibili nei loro ruoli e nei momenti decisivi della storia, soprattutto in quelli drammatici. Un apprezzamento particolare, infine, va rivolto a Matilda De Angelis, giovane attrice italiana che recita sul grande e piccolo schermo solo da pochi anni, dal 2015, ma che è riuscita a svolgere con una disinvoltura quasi da veterana un ruolo tutt’altro che marginale in una produzione internazionale così importante (siamo nel mondo di HBO, la casa del Trono di Spade, solo per dirne una), senza mai sfigurare davanti a due mostri sacri di Hollywood come Nicole Kidman e Hugh Grant. Chapeau.