VIRUS SINCIZIALE. A Rimini il dibattito sul patogeno che colpisce i bambini molto piccoli, causando anche terapia intensiva (e decessi). Al centro un nuovo farmaco dai risultati incoraggianti
Un’epidemia “silenziosa”. Non tanto perché la sua gravità venga sottovalutata, anzi, il sistema sanitario è ben attento al tema; ma perché si tratta di un argomento che vive una certa sproporzione tra la sua entità reale e quella percepita nel sentire comune. Si parla del Virus Respiratorio Sinciziale ( RSV, dall’inglese Respiratory Syncytial Virus), patogeno particolarmente insidioso perché causa principale dell’insorgere della bronchiolite, infezione respiratoria che colpisce in modo prevalente i bambini molto piccoli, addirittura sotto l’anno di età, generando ormai da tempo numeri importanti per quanto riguarda i ricoveri, gli accessi in terapia intensiva e, purtroppo, anche decessi. Non solo: la pericolosità dell’RSV si deve anche al fatto che a essere a rischio è l’intera platea dei nuovi nati, anche i bambini perfettamente sani, e l’assenza di cure e di vaccini specifici.
Si tratta, dunque, di un virus che non va assolutamente sottovalutato, che produce grande timore nella comunità dei neo-genitori e sul quale è necessario un maggiore sforzo di consapevolezza collettivo, soprattutto alla vigilia della stagione epidemica: il virus colpisce in modo prevalente da ottobre a marzo, con numeri che in Italia solo l’anno scorso sono arrivati a oltre 15mila ricoveri, di cui 3mila in terapia intensiva e 16 decessi.
Un cambio di rotta?
Non solo paura. Se è vero, infatti, che il quadro suscita preoccupazione, è altrettanto vero che ci si può approcciare ai prossimi mesi con maggiore ottimismo. Almeno sulla carta. In Europa, infatti, già dall’anno scorso è disponibile un nuovo farmaco dai risultati incoraggianti che, salvo intoppi causati dalla consueta burocrazia nostrana, potrà essere utilizzato in Italia già a partire da questo inverno. Si tratta del Nirsevimab, un anticorpo monoclonale in grado di proteggere fin da subito i bambini a cui viene somministrato, con un’efficacia notevole: in Spagna, dove l’anno scorso è stato già utilizzato, si parla addirittura di un calo di ricoveri e terapie intensive dell’80-90%. In assenza di cure specifiche, dunque, una prevenzione con questo grado di efficacia è fondamentale.
Certo, bisogna correre: siamo già con un piede dentro la stagione che vede la maggior diffusione del virus, e proprio in queste settimane il Ministero della Salute sta dialogando con l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) per inserire il Nirsevimab tra i farmaci utilizzabili a carico della sanità pubblica, rendendolo così gratuito per tutti.
La dottoressa Ilaria Sani, pediatra e immunologa, interviene a Rimini al Congresso Nazionale dei Pediatri. “Il nuovo anticorpo monoclonale, per sue caratteristiche, con una sola dose protegge (fin da subito) il bambino per l’intera stagione epidemica. Ha, inoltre, un costo contenuto, che ne consente un utilizzo su larga scala, destinandolo a tutti i nuovi nati”
Proprio per la sua importanza, l’approccio al virus Rsv è stato uno dei primi incontri organizzati a Rimini nell’ambito del Congresso Nazionale dei Medici Pediatri, dove la Pediatra e Immunologa Ilaria Sani ha illustrato la situazione nel dettaglio.
Dottoressa Sani, quanto è serio il quadro legato al virus respiratorio che colpisce i bambini?
“Per capire la rilevanza del tema si guardi al fatto che i virus che causano la bronchiolite nei bambini sono diversi, non c’è solamente l’RSV. Quest’ultimo, però, provoca da solo tanti casi di bronchiolite quanto tutti gli altri messi assieme. E non solo: questo virus non causa esclusivamente la bronchiolite, ma anche altri tipi di infezioni respiratorie, con danni non solo in fase acuta, ma anche a lungo termine.
Evidente, quindi, l’importanza di una efficace prevenzione”.
Una prevenzione che esiste già?
“Finora la prevenzione è stata eseguita attraverso la somministrazione di un anticorpo monoclonale, il Palivizumab, che però presenta diverse criticità.
Innanzitutto la sua efficacia ha durata breve, quindi è necessario somministrarlo una volta al mese per tutto il periodo della stagione epidemica, che va da ottobre a marzo (si parla, dunque, di 5-6 iniezioni in un inverno), modalità piuttosto impegnative, soprattutto perché si parla di bambini molto piccoli. Un altro problema, inoltre, è dato dal suo costo: circa 3.000 euro per ogni bambino. Caratteristiche che hanno portato alla necessità di restringere notevolmente il bacino dei soggetti destinatari della prevenzione, arrivando a somministrare l’anticorpo solo ai bambini nati prematuramente o con gravi patologie. Una profilassi, dunque, molto selettiva. Ad ammalarsi a causa dell’RSV, però, possono essere tutti i bambini sotto i due anni, di cui la stragrande maggioranza sotto l’anno di età, a prescindere dal proprio stato di salute. Anche bambini perfettamente sani, che non facendo parte delle categorie di rischio sopracitate non sono soggetti a prevenzione. I numeri in questo sono emblematici: il 63% dei casi è rappresentato da bambini che si sono ammalati entro i 3 mesi di vita, l’88% di questi sono bambini che non hanno diritto alla profilassi, perché sani o comunque non affetti da patologie gravi. Non solo: nel 20% dei casi questi bambini finiscono in terapia intensiva.
È palese, dunque, che serva un cambio nelle modalità di intervento”.
In che modo?
“I vaccini per RSV al momento approvati sono solo quelli destinati alla popolazione adulta. In una situazione epidemiologica come quella attuale, dunque, la necessità rimane quella di procedere con immunizzazione passiva, ossia attraverso la somministrazione di un anticorpo già pronto per difendere il bambino (come già si stava facendo), ma è fondamentale che questo avvenga per la totalità dei nuovi nati e non solo per le categorie più fragili. Per poter fare questo deve cambiare, quindi, lo strumento con cui difendere questi bambini: stanno arrivando nuovi anticorpi monoclonali, che per le proprie caratteristiche possono dare una svolta alla situazione. Il primo di questi, che sta avendo una certa risonanza per la sua efficacia, è il Nirsevimab: si tratta di un anticorpo che per
sua struttura non si degrada velocemente e rimane nell’organismo molto più a lungo rispetto a quello che veniva utilizzato prima, consentendo una protezione di circa cinque mesi.
Tradotto, una sola somministrazione consente la copertura per l’intera stagione epidemica. Allo stesso tempo, il suo costo è di circa 230 euro a bambino, cifra ben diversa che rende più agevole un’utilizzazione su larga scala. Questo anticorpo, che sarà disponibile in questa stagione, assieme agli altri anticorpi che arriveranno può rappresentare la nuova arma contro l’RSV, proteggendo tutti i nuovi nati”.
Di che efficacia parliamo?
“Il Nirsevimab ha fatto registrare numeri importanti fin dai primi studi.
In Spagna, ad esempio, dove era già disponibile, ha dimostrato un’efficacia di circa l’88% sui ricoveri e del 90% sulle terapie intensive, oltre che di circa il 70% su qualunque infezione da RSV.
Risultati importanti, che consentono di procedere con convinzione in questa direzione, per proteggere i bambini da un virus che, va sottolineato, può produrre danni a livello respiratorio anche a lungo termine, come broncospasmi o asma”.