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Rimini, se pedalare fa paura

Uno studio nazionale, basato su dati ISTAT, rivela che la città riminese è al settimo posto in Italia per incidenti ciclistici. Perché? L’analisi di Vinicio Zeppilli, presidente de La Pedivella

Bicicletta a Rimini non fa rima con sicurezza. A dirlo, purtroppo, sono i numeri: nei giorni scorsi sono stati pubblicati i risultati di un approfondito studio realizzato dal Politecnico di Milano che, sulla base dell’elaborazione dei dati sugli incidenti stradali rilasciati annualmente da ISTAT, fotografa la situazione degli incidenti ciclistici in tutta Italia nell’ultimo decennio (2014-2023). Un’istantanea dalla quale il nostro territorio non esce bene. Sia a livello regionale, con l’Emilia-Romagna seconda solo alla Lombardia con oltre 30.400 sinistri, sia soprattutto per quanto riguarda le città, con Rimini che si posiziona addirittura al settimo posto a livello nazionale: 2.165 gli incidenti ciclistici totali, dietro solo a Bologna sul territorio regionale. Non solo. Lo studio cataloga lo scenario riminese tra quelli con incidenti di lesività medio-alta e letalità alta.

Numeri che impongono una riflessione.

Perché se è vero (e giusto) che Rimini punti sempre di più sulla mobilità sostenibile, è altrettanto necessario che la sicurezza ne sia un’assoluta priorità. A intervenire è Vinicio Zeppilli, fondatore e presidente de La Pedivella, associazione riminese che da 30 anni promuove e realizza iniziative di turismo a piedi e in bicicletta sul territorio, e che ha una percezione concreta di cosa significhi muoversi sui percorsi ciclopedonali della città. “Il tema della sicurezza in bici è sentito a Rimini. E, più in generale, è sentito per tutti i soggetti deboli della strada, quindi anche per i pedoni, che condividono un sentimento di insicurezza quando devono approcciarsi alla circolazione stradale. Questo per diversi motivi. Innanzitutto per come i percorsi ciclopedonali sono pensati e realizzati, perché nei punti nodali della città mancano percorsi davvero sicuri. Esempio emblematico: se si arriva dall’entroterra, l’unico passaggio per entrare in città è la ciclabile della via Marecchiese, che però rappresenta un percorso a tratti inaffrontabile. Sconnessa, difficile da percorrere, molto stretta in alcuni punti, con la situazione spesso aggravata dalle macchine indebitamente parcheggiate sul tracciato, che rendono ancora più complicato il passaggio. Tutti elementi che, ovviamente, aumentano di molto la pericolosità e, allo stesso tempo, rappresentano una

cattiva pubblicità per la nostra città, considerando il fatto che molti turisti ad oggi vengono a Rimini anche solo per svolgere attività di cicloturismo. Inoltre, inutile sottolineare quanto tutto questo influisca in modo amplificato sui disabili. Un altro esempio che rende chiara la questione è l’Anello Verde, che ha sicuramente un valore, ma che allo stesso tempo presenta diverse criticità: tra chi si muove in bicicletta è ormai noto che in inverno il percorso sia molto spesso fangoso e difficilmente percorribile e che al contrario, in estate, presenti crepe e buche. Criticità che ne disincentivano l’utilizzo, spingendo le persone a spostarsi su altre strade (ad esempio la via Euterpe), che sono meno a misura di bicicletta e, di conseguenza, molto più pericolose. Soprattutto nei momenti di maggiore traffico. A tutto questo, poi, si aggiunge il tema dei controlli”.

Ci spieghi.

“Percepiamo una certa mancanza di controllo da parte delle autorità sulle violazioni delle regole stradali. Sulla strada, purtroppo, gli episodi di inciviltà sono all’ordine del giorno (uno su tutti le persone che parcheggiano in mezzo alla strada o sul marciapiede se nelle vicinanze c’è un bar) e questo, ovviamente, fa parte della responsabilità di ognuno.

Ma se questi comportamenti non vengono adeguatamente sanzionati, la maleducazione stradale continua a diffondersi, acutizzandosi sempre di più e aumentando esponenzialmente i rischi per i soggetti più deboli, come pedoni, ciclisti e disabili. In questo c’è sicuramente una responsabilità”.

A proposito di responsabilità, però, non possiamo ignorare quelle degli stessi ciclisti (oltre che pedoni). Molto spesso, infatti, sono loro stessi a mettere in atto comportamenti sbagliati sulla strada, creando difficoltà a chi guida.

“È vero, questo non si può negare e ci sono sicuramente situazioni in cui l’imprudenza non manca. Ma, in ottica generale, occorre ragionare su quale sia la causa e quale l’effetto: se i percorsi ciclopedonali sono realizzati in modo da spingere, se non obbligare, pedoni e ciclisti a passare in punti della strada particolarmente pericolosi, senza le necessarie protezioni e senza adeguati spazi di manovra, allora le situazioni di pericolo non possono essere imputabili né a loro né agli stessi automobilisti, che poi spesso arrivano a scontrarsi e a dividersi in ‘fazioni’.

Posta, quindi, la necessità di una prudenza e di un senso di responsabilità in capo a tutti coloro che utilizzano la strada, certi comportamenti, a mio avviso, sono naturale conseguenza di come strade e percorsi ciclopedonali sono realizzati e gestiti”.

Come invertire la rotta?

“Le azioni e le strategie possono essere diverse, e a Rimini non mancano realtà di grande valore (pensiamo al Parco del Mare, ad esempio). Ma una vera svolta può arrivare solo con un generale cambio di mentalità e di impostazione culturale. Rimini, dal punto di vista della mobilità in bicicletta, offre opportunità incredibili, ma ci deve essere una reale volontà di adoperarsi per coglierle.

È ovvio che non sia facile, che occorrono sforzi economici importanti, ma non si tratta di un’impresa impossibile. Se guardiamo al contesto europeo, ad esempio, oggi è possibile percorrere il Danubio interamente in bicicletta. Si tratta di progetti di grande qualità, possibili proprio grazie a una giusta impostazione di pensiero. E non c’è bisogno di arrivare per forza a un tale livello: abbiamo vicini di casa che stanno già facendo meglio di noi, pensiamo ad esempio a Pesaro. E per andare nella giusta direzione serve il contributo di tutti, anche dal basso, con un dialogo costante e costruttivo tra cittadinanza e amministrazione. Senza scontri. Rimini, storicamente, è sempre stata forte, tra le altre cose, per la dimensione relazionale. Se non si consente alle persone di incontrarsi, circolando senza problemi con ogni mezzo, si colpisce in un certo senso l’anima della città”.