Home Attualita “Ricostruiamo l’anfiteatro come era, dove era”

“Ricostruiamo l’anfiteatro come era, dove era”

Nella foto i disegni realizzati all'epoca da Gugliemo Meluzzi, in cui l'architetto, visti i resti, ipotizza possibili ricostruzioni dell'anfiteatro, conservati alla biblioteca Gambalunga

“L’anfiteatro è il terzo grande monumento romano di cui Rimini dovrebbe vantarsi a pieno titolo. Non come una semplice riserva archeologica, ma come un manufatto, un elemento fabbricato ricco di storia da riportare alla luce”. Non ha dubbi Mauro Ioli, architetto e fino a qualche tempo fa presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini.

Recupero filologico

A chi sostiene che in realtà è difficile che sotto sia rimasto qualcosa di intero, e dunque sarebbe inutile darsi tanto da fare, lui risponde con calma fermezza. “Rispetto alla tesi del ‘tanto sotto non c’è niente’ onestamente resto molto sorpreso. Ma anche se ci fosse poco o niente, sono in modo convinto uno dei fautori del recupero filologico. Sicuramente nel sottosuolo c’è l’impronta dell’anfiteatro. E inoltre esistono documenti che forniscono elementi per cui, dal punto di vista storico e architettonico, quell’edificio si potrebbe ricostruire. Sarebbe un’operazione di portata culturale e storica secolare. Quell’anfiteatro era in grado di ospitare un numero di spettatori molto elevato: si parla di 10mila-12mila posti, addirittura in alcune cronache di 15.000, tra seduti e in piedi. Era un monumento a tutto tondo, ed è un peccato che non sia stato ancora rimesso in luce. Un amministratore comunale che dovesse proporre e realizzare il recupero dell’anfiteatro rimarrebbe nella storia di Rimini. Questo è un aspetto che, secondo me, molti sottovalutano”.

Quella sull’anfiteatro è, al momento, l’ultima di una serie di lotte in difesa dei monumenti della città. “Di battaglie ne abbiamo viste tante. Per esempio, quella del ‘teatro dov’era com’era’ per la ricostruzione del Teatro Galli. Ancora quella del restauro di Castel Sismondo. Ma anche la pedonalizzazione dell’area del Ponte di Tiberio, l’eliminazione di tutte le superfetazioni intorno all’Arco d’Augusto. E ancora, quando la Fondazione Cassa di Risparmio promosse il restauro della Casa del Chirurgo in piazza Ferrari”.

Colonie marine ed ex hotel: un patrimonio

Nei giorni scorsi Ioli è intervenuto a seguito della presentazione dello studio bibliografico e archivistico condotto dagli archeologi Martina Faedi e Cristian Tassinari sullo stato e sul valore del sito archeologico, per un quarto musealizzato e per tre quarti coperto dalle strutture del Ceis. Lo ha fatto offrendo alla città una proposta che potrebbe valorizzare l’anfiteatro e le attività del Centro Educativo Italo-Svizzero. Un ruolo di primo piano potrebbe giocarlo, vista la storica vocazione educativa che condivide con il Ceis, il patrimonio ricettivo abbandonato delle colonie marine. “ Abbiamo un patrimonio immobiliare poco distante dal centro, le colonie marine, che meritano di essere occupate con funzioni importanti al servizio della città, senza attendere altri decenni. La proposta rispetta la storia stessa, sia quella delle colonie sia quella del Ceis. Rigenerare un fabbricato costiero, sottraendolo al degrado e restituendogli una funzione educativa, sociale e simbolica: si tratterebbe di un’operazione culturale e urbanistica che guarda al futuro senza rinnegare nulla del passato recente. Anzi, valorizzando entrambe le memorie”, sottolinea Ioli.

Quale potrebbe essere la colonia adeguata?

L’individuazione compete all’amministrazione e alle forze politiche. Capisco che non possa essere una soluzione immediata, ‘sposto da una parte, metto dall’altra’. Deve essere un’elaborazione che, anche grazie alla necessaria stesura di questo nuovo Piano urbanistico generale, potrebbe rappresentare il momento giusto per fare questo tipo di ragionamento. Anzi, ritengo che se la politica si dedicasse a questi approfondimenti, sia la maggioranza consiliare sia l’opposizione, ne trarrebbe giovamento tutto il dibattito politico-amministrativo locale, perché è un tema che appassiona e coinvolge. Ed è giusto che venga dibattuto con serenità, senza toni ideologici”.

Il Pug potrebbe segnare la svolta

Il Pug in elaborazione, sottolinea Ioli, “ potrebbe essere importante per definire in modo compiuto l’assetto urbanistico dell’area occupata da duemila anni dall’anfiteatro, e per individuare un nuovo sito potenzialmente destinato a ospitare le attività del Ceis, per migliorarle, implementarle e svilupparle, consentendo al Centro educativo di continuare a offrire quel meritorio servizio che tutti gli riconosciamo da tanto tempo”.

Uno sviluppo adeguato per il Ceis

Del resto, proprio il Pug in lavorazione mette a tema, tra l’altro, il recupero delle strutture ricettive chiuse e ormai da anni fuori mercato.

Naturalmente. Per un’operazione di questo tipo ci vuole un ambito sufficientemente ampio per ospitare non solo le meritorie attività oggi circoscritte all’area dell’anfiteatro in modo piuttosto limitativo, anche un po’ ‘sacrifi cato’, già satura dal punto di vista della viabilità, del traffico, dell’intensità delle costruzioni urbane e urbanistiche nell’intorno. Bisogna pensare a una soluzione adeguata, con un’area verde e un ambito territoriale che possa potenzialmente ospitare anche gli sviluppi futuri per il Ceis. Si tratta di pensare in un modo nuovo, di aprire le menti senza impuntature”.

In queste settimane, al Ceis sull’anfiteatro ci si sta rimboccando le maniche per trovare soluzioni ad alcuni abusi rilevati dagli uffici tecnici del Comune, in vista di una sentenza che dovrebbe arrivare a breve dal Tar. “ La sanatoria può essere legittimata e legittimabile su un territorio e un ambito urbano ‘normale’, ma non in un ambito con vincoli precisi dal punto di vista archeologico e storico (vincolo esistente dal 1914, ndr). C’è poco da fare. Del resto potrebbe pure accadere che, in tutto questo rinnovato interesse sull’anfiteatro, arrivasse un decreto ministeriale (che magari stanzi anche dei fondi) per andare a fare una volta per tutte queste verifiche. Anche perché l’anfiteatro di Rimini è forse l’unico in questa Regione di cui c’è ancora una reminiscenza, e sicuramente ci sono dei resti nel sottosuolo”.

Volontà politica e potere economico

Ci vuole volontà politica, ma è anche una questione economica: sia scavare e ricostruire l’anfiteatro, sia trovare una sede adeguata per il Ceis sono operazioni che prevedono investimenti di un certo tipo.

Con un’istanza adeguatamente sostenuta dalla città, dall’amministrazione comunale, dalle forze politiche e da autorevoli sensibilità culturali, secondo me un finanziamento da parte ministeriale o statale si deve trovare. Penso che qualunque ministro della Cultura del Governo italiano farebbe davvero fatica a mettersi di traverso di fronte a una proposta di questo tipo. Chiaro: non dobbiamo aspettarci che sia lui a fare il primo passo, a dire ‘Adesso vi do milioni di euro per questa operazione’. Ci vuole una consapevolezza, un richiamo politico-culturale di alto rilievo, ma soprattutto una grande spinta propositiva locale. Per esempio che le forze politiche, quelle che oggi stanno all’opposizione ma hanno relazioni e rapporti diretti con il Governo Meloni, e quelle di maggioranza si mettessero d’accordo per una prima soluzione urbanistica: il trasferimento del Ceis. Fatto questo, con una disponibilità completa dell’area, potrebbe scattare una seconda fase per il recupero dell’anfiteatro”. Altre soluzioni, per Ioli, “ sarebbero solo pasticciate”.

Il sogno di Luigi Tonini

Una proposta che valorizza tutto. “ Sì, e sarebbe in grado, soprattutto con un pizzico di ambizione, di valorizzare Rimini e la sua comunità, perché guardando indietro, guardando la storia, guardando la nobiltà delle origini di Rimini, se ne avrebbero tanti vantaggi. Parliamo di un monumento di grande rilevanza, che potrebbe dare nuovo impulso anche dal punto di vista turistico e dell’immagine di visibilità internazionale. Si completerebbe un triangolo romano – Ponte di Tiberio, Arco d’Augusto e Anfiteatro – di rilevanza internazionale. In una realtà provinciale sì, ma importante come Rimini, la realizzazione, il restauro, il ripristino, il recupero filologico dell’anfiteatro la renderebbe ancora più esplicita al mondo”.

Luigi Tonini fu il primo, nell’Ottocento, a finanziare ed eseguire una ricerca archeologica sull’anfiteatro (nella foto i disegni realizzati all’epoca da Gugliemo Meluzzi, in cui l’architetto, visti i resti trovati dell’anfiteatro, ipotizza possibili ricostruzioni, conservati alla biblioteca Gambalunga). Ma finirono i soldi e dovette coprire tutto, lasciando tuttavia ai posteri questo grande desiderio: che qualcuno proseguisse e completasse lo scavo. “ Facciamo nostro l’auspicio di Tonini”.

Cosa aveva visto Tonini per dire queste parole molto accorate, secondo lei?

Probabilmente aveva visto delle distruzioni, siamo sinceri. Però il suo animo, la sua cultura, il suo amore per la città gli avevano fatto dire una cosa che è valida ancora oggi: ci vorrebbe proprio quella cultura, quella capacità anche di capire che ci fu, in altre parole quella sensibilità di un tempo passato”. Ma Ioli non dispera, “ come sempre sono ottimista, le cose buone e giuste spesso si avverano”.