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Recuperare il cibo si può. E si deve

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DECALOGO CIBO (1) – Inizia con questo numero natalizio un percorso di dieci tappe che ha come obiettivo quello di aiutarci a prendere decisioni che possano migliorare il nostro futuro e quello del mondo che abitiamo. Il primo tema ad essere trattato è quello del cibo. Forse negli ultimi anni il fenomeno si è un poco affievolito, a causa della crisi che tocca tutte le tasche, ma nel periodo delle feste i carrelli della spesa degli italiani sono stracolmi di cibo che spesso non si riuscirà a consumare. La tavola imbandita resiste, forse un po’ in tono minore, e i giorni successivi alle feste ci si devono inventare ricette per riciclare gli avanzi. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, si butta via. La generazione di chi ha vissuto le difficoltà di mettere insieme pranzo e cena non riesce a capacitarsi di questo spreco, cui purtroppo abbiamo fatto l’abitudine anche durante tutto l’anno. In ogni caso, in un’economia agricola che era comunque prevalente, gli eventuali scarti servivano per dar da mangiare agli animali della casa e dell’aia, oppure venivano gettati in una buca per arricchire il terreno con sostanze organiche.

Le massaie, poi, erano maestre nel riciclare. Basti pensare al fatto che molte ricette tradizionali, in tutte le regioni italiane, hanno come ingredienti pasta o riso avanzati (ad esempio i vari timballi, tortini o le arancine siciliane) oppure il pane raffermo (come le zuppe, i canederli trentini, la panzanella toscana o, in Romagna, il “graté” per le verdure, i condimenti per il pesce arrosto o i famosi passatelli).
Il pane in tavola. A proposito del pane, una recente indagine (rapporto Coldiretti/Censis 2014) segnala che quasi la metà degli italiani (46%) mangia il pane avanzato dal giorno prima, mentre sono oltre 16 milioni quelli che, almeno qualche volta, preparano il pane in casa. Secondo un sondaggio online condotto sul sito della Coldiretti, sono diverse le tecniche utilizzate dai consumatori per evitare lo spreco di pane: il 18% degli italiani lo surgela, il 12% lo grattugia, il 15% lo dà da mangiare agli animali, mentre il 9% delle famiglie, il pane non lo avanza mai. Il pane è una componente importante della dieta degli italiani, anche se il consumo, rileva sempre la Coldiretti, è sceso nel 2014 al record negativo di circa 90 grammi a persona, pari a meno di due fettine al giorno. Sarà l’effetto della mania delle diete? Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, si mangiavano ben 1.1 chili di pane a persona al giorno!
Ma non di solo pane vive l’uomo… Pensiamo anche alle verdure e alla frutta: esistono ricette facili, soddisfacenti per gli occhi e per il palato, che consentono di utilizzare tutto ciò che ci siamo abituati a buttare via, con un vantaggio per le nostre tasche e per l’ambiente. Ultimamente, con l’aumento di una diffusa coscienza ecologica, c’è più attenzione su questo aspetto della cucina, e molte pubblicazioni o siti internet guidano il consumatore su questa strada.
Già il momento della spesa è un’azione forte, decisiva, “politica”, in un certo senso: modificare le nostre abitudini e il nostro stile di vita può influenzare e cambiare il mercato globale. Lo sanno bene i pubblicitari! Abituarsi ad un consumo “sobrio e solidale”, forse potrà dar fastidio a molti… Ma saranno molti di più coloro che ne beneficeranno.

Maria Cristina Muccioli