Rimini – Dalle 9 di questa mattina il pavimento di piazza Tre Martiri si sta via via riempiendo dei vestiti di bimbi. Chi arriva, un nonno o un genitore, appoggia il vestitino a terra, lo contorna con un gessetto, appoggia sopra un cartoncino con scritto un numero. Un’iniziativa di sensibilizzazione che cade in occasione dell’evento ‘L’ultimo giorno di Gaza’, promosso a livello nazionale dalla giornalista Paola Caridi, oggi 9 maggio ‘Giornata dell’Europa’, e sostenuto da un nutrito gruppo di intellettuali. Ogni vestitino vuole essere il segno, il ricordo di uno dei 17mila, circa, bimbi della Striscia di Gaza morti fino ad oggi negli attacchi israeliani a Gaza. Dalle 9 alle 12 sulle pietre di piazza Tre Martiri ne erano stati deposti già oltre 300 (ndr, a fine giornata erano 1.375, aggiornamento del 10 maggio 2025). Chi vorrà avrà tempo fino alle 19 per aderire all’iniziativa. In piazza per l’evento patrocinato dal comune di Rimini, diversi assessori, come la vice sindaca Chiara Bellini, l’assessore alla protezione sociale Kristian Gianfreda e Francesca Mattei assessora alla pace, le consigliere regionali Emma Petitti e Alice Parma, ma soprattutto il vescovo di Rimini Nicolò Anselmi.
“Un momento che ci obbliga a riflettere su una cosa che ha del mostruoso, che noi vediamo quotidianamente in televisione. Questa strage di bambini, di civili, come in ogni guerra: un trionfo del male. Qualcosa di veramente inaccettabile”, ha commentato Anselmi. “Sono contento che sia Papa Francesco sia Papa Leone ci stiano conducendo con chiarezza e con forza sul tema della pace. Speriamo bene. Nella prima lettura di oggi si parla di San Paolo, di Saulo che faceva stragi, ma poi ha ricevuto la chiamata e ha cambiato vita ed è diventato un seminatore di amore e di pace. Speriamo che i governanti vengano veramente illuminati dallo spirito. Ha agito nel conclave, speriamo agisca anche nella vita di chi ha responsabilità su tutte queste guerre, Gaza, l’Ucraina, Yemen, il Congo, ovunque. Basta guerre, veramente”.
“La giornata di oggi, l’Ultimo giorno di Gaza, è stata lanciata a livello nazionale dalla giornalista Paola Caridi proprio per mobilitare la sensibilità della popolazione. Vogliamo far vedere che ci interessa, che ci importa. Proprio nel giorno in cui si celebra la festa dell’Europa, vogliamo ricordare che i valori europei sono ancora attuali e validi, anche al di fuori dei confini del nostro continente. Gaza, a mio parere, è lo specchio di ciò che l’umanità intera sta vivendo. E se non ce ne occupiamo noi, non lo farà nessun altro”. E’ Jonathan Montomoli, medico anestesista all’ospedale di Rimini, del Collettivo Rimini for Gaza, unisce circa un centinaio di attivisti e diverse associazioni.
“Per questo, oggi in molte piazze italiane si cerca di stimolare una riflessione collettiva. Questa mattina, Paola Caridi ha detto che il 9 maggio forse non cambierà ciò che sta accadendo a Gaza, ma può cambiare noi stessi. L’idea di trovarsi qui, di simulare un cimitero di bambini, di ricordare i 17mila bambini uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023, nasce proprio dal desiderio di suscitare una riflessione personale, di provocare un cambiamento interiore. In un mondo dove siamo continuamente bombardati da titoli — più che da notizie — abbiamo bisogno di silenzio. Inciampare in un vestitino, in un nome, un’età, una storia, e chiederci: e se fosse stato nostro figlio? Come staremmo? Cosa vorremmo che facesse il mondo, l’opinione pubblica, i governanti?”.
A partire dal 7 ottobre “abbiamo iniziato a sensibilizzare sull’accesso alla salute, ma ormai non si tratta più solo di questo. A Gaza si muore anche di fame. Dal 2 marzo non entrano più aiuti umanitari. Non è più solo una questione sanitaria: c’è un rapporto di Amnesty che parla di genocidio, e il Tribunale dei diritti umani ha emesso mandati di cattura internazionali per Gallant e Netanyahu. Si stanno violando sistematicamente i diritti umani fondamentali”.
Jonathan ha una storia, è padre di “quattro figli e un angioletto in cielo, Tobia Maria. Tutto questo nasce grazie a lui. E’ morto alla nascita per cause naturali, tra le mie braccia. Quando ho visto quei genitori, i padri e le madri a Gaza con un bambino morto tra le braccia, sapendo che non è morto di morte naturale, ma che quella morte si poteva evitare, mi si è spezzato il cuore. Ogni volta che vedo quella scena soffro. Guardando negli occhi i miei figli, non potevo restare a guardare senza fare nulla”.
L’approccio all’iniziativa è “no ai protagonismi: nessuno parla stasera al megafono, non ci sono interventi programmati. Tutto è pensato per la popolazione, per testimoniare con la presenza”.
Fino a che ora resterete?
“Fino alle sette di questa sera”.
Chi vuole può portare i vestiti?
“Sì, è proprio questa l’idea: contribuire, fare un gesto che spinga a riflettere. Puoi venire, se non hai un vestito te lo diamo noi. Se lo porti da casa, lo porti. Prendi un numero, il nome di un bambino, lo deponi a terra, tracci una sagoma col gesso. Così, anche quando toglieremo i vestiti, le sagome rimarranno a terra. È un gesto che ti costringe a pensare: un bambino è morto. 17mila bambini. Li abbiamo numerati per una ragione precisa: far vedere quanti sono. Se arriviamo a mille vestiti a terra, dobbiamo pensare che sono solo una piccola parte. Se arriviamo a 500, sono 34 volte di meno. Questo ci aiuta a capire l’ordine di grandezza. Senza nemmeno contare gli adulti, le donne… Un lavoro scientifico pubblicato alla fine dell’anno scorso ha rivelato che l’aspettativa di vita a Gaza è crollata del 46%, passando da 76 a 40 anni”.
In piazza Tre Martiri questa mattina è arrivato anche Yousef Hamdouna, palestinese di Gaza, operatore della ong riminese Educaid. E’ riuscito a portare le sue figlie in salvo in Italia, ma il resto della sua famiglia è lì. Vivi, ma sotto le bombe, da tempo ormai senza cibo, medicine. “E’ un’ingiustizia immane. L’altro giorno guardavo le immagini di Gaza. come qui a terra ci sono i vestiti, proprio così, uno vincono all’altro, lì ci sono i bambini veri. Morti”.