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La prima volta di un’animata Zanna Bianca

Alla fine del film ricordatevi anche del libro. Uno dei più famosi romanzi di Jack London ritrova la strada del grande schermo, questa volta in versione animata (in precedenza contiamo al cinema otto versioni, con bei sei film italiani, tra le quali la versione del 1973 di Lucio Fulci con Franco Nero e Virna Lisi, un must delle proiezioni domenicali nei cinema parrocchiali), con questa bella produzione francese dall’inusuale stile “pittorico”.

La parabola del lupo Zanna Bianca, prima adottato da un capo indiano, poi finito nelle mani di un avido omuncolo senza scrupoli che utilizza la povera bestia per violenti combattimenti illeciti nel segno di un losco profitto, infine amico inseparabile di un sensibile ranger, è un bell’esempio di rispetto e di convivenza nei confronti di un animale, nato e cresciuto nelle terre selvagge, educato a vivere e a sopravvivere e portato a confrontarsi con il mondo degli umani.

Guardando (e leggendo) la storia di Zanna Bianca si comprende l’importanza fondamentale della sintonia d’animo tra personalità diverse, eppure sorprendentemente vicine: in fondo nelle vicende del bel lupo ci siamo anche noi bipedi, con le fasi della vita ora più serene, ora più drammatiche, travolti da avvenimenti inattesi che modificano il corso della nostra esistenza. In più c’è il rapporto esclusivo con la natura di cui si sente sempre più prepotentemente bisogno, assorbiti come siamo dal “logorio della vita moderna”.

Nella versione italiana si ascolta la voce di Toni Servillo in funzione di narratore ma l’espediente (assente nella versione francese e in quella internazionale) risulta non necessario: la prima parte è costruita sui silenzi e sui rumori della natura e così dovrebbe restare in un film ampiamente consigliato.