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La mia vita col coronavirus

Una telefonata. L’angoscia che ti sale. E poi, all’improvviso, la paura. Per te, la tua famiglia e i tuoi amici.

Il cellulare che inizia a suonare all’impazzata. Le chiamate dei medici. Il tampone. E quella tua quotidianità fatta di incontri, sorrisi, uscite in compagnia che viene stravolta in un attimo. E ti ritrovi chiuso in casa. Con tua moglie e i tuoi figli nella stanza accanto. Nessun abbraccio. Nessun contatto.

È quello che sta vivendo da un paio di settimane a questa parte, Marco (lo chiameremo così perché vuole mantenere l’anonimato). Cinquantadue anni, sposato, papà di due ragazzi, è uno dei riminesi risultato positivo al Coronavirus.

Marco, per prima cosa, come sta?
“Molto meglio, grazie. Non ho più la febbre da diversi giorni e ho iniziato il conto alla rovescia per tornare a respirare un po’ d’aria fresca. Dopo quasi venti giorni chiuso in casa mi sembra di impazzire”.

Ci racconta come è iniziato tutto?
“Semplicemente con una telefonata. Era un mio caro amico con il quale mi ero visto pochi giorni prima per discutere di un progetto di lavoro. Siamo stati insieme un paio d’ore, dovevamo andare anche a mangiare, ma per fortuna, dico ora, sua moglie lo ha chiamato perché aveva un’urgenza a casa. È stato molto diretto, mi ha detto che aveva fatto il tampone e che l’esito era stato purtroppo positivo. I medici che lo hanno contattato gli hanno chiesto di fare mente locale e di riferire nomi e cognomi di persone e luoghi che aveva frequentato nelle due settimane precedenti e io ero tra quelli”.

Come ha reagito?
“Devo essere sincero. Lì per lì non ci ho fatto molto caso, gli ho chiesto naturalmente come stava e quando mi ha rassicurato sono tornato a fare quello che faccio sempre. Finché la sera stessa non sono stato contattato dall’unità di emergenza che mi ha fatto diverse domande, raccomandandosi di avvertire in caso di febbre alta. Ecco, in quel momento un po’ di paura mi è venuta. Per me, mia moglie, i miei figli e i miei genitori che sono anziani e non godono proprio di buona salute. Però la vedevo come una cosa molto lontana da me, come del resto accade spesso, non pensi mai che tu possa diventare protagonista di un evento negativo”.

Invece…
“Invece esattamente quattro giorni dopo quell’incontro ho iniziato ad avere un po’ di febbre, 37.5, non di più. Ho avuto anche problemi gastrointestinali, ma una cosa molto leggera. Tanto che ho pensato a una banale influenza, non certo al Coronavirus. Poi è successo che il pomeriggio stesso abbia ricevuto una telefonata dai medici che mi chiedevano come stessi, quando ho detto della febbre si sono subito allarmati e mi hanno messo in una fase di attenzione. Il primo consiglio è stato quello di non uscire di casa e di mettermi in quarantena, allontanandomi anche dalla famiglia. I due giorni successivi ho continuato ad avere febbre, ma mai superiore ai 37.5 finché non mi hanno detto che mi avrebbero fatto il tampone”.

Che non è stata proprio una passeggiata, giusto?
“Ma no, alla fine è stata una cosa di pochi secondi. Ti mettono questo tampone al naso e in bocca, ma dura un attimo. Più che altro è stata la preparazione a strapparmi un sorriso”.

In che senso?
“Io sono un amante dei film catastrofici: terremoti, uragani, tsunami, virus letali, non me ne perdo uno. Quando ho visto entrare queste due persone con tuta, mascherina, guanti mi è venuto per un momento da ridere. Poi, però, è passato tutto non appena mi hanno infilato in gola quel bastoncino. Anche perché non hanno detto una parola, mi sono davvero sentito un appestato. Però ero ancora convinto di non avere nulla”.

Convinzione che si è trasformata in angoscia dopo appena dodici ore.
“Esattamente. Mi hanno contattato la mattina dopo dicendomi che ero risultato positivo. Lì per lì sono rimasto senza parole, tanto che ho chiesto come fosse possibile visto che non ho mai avuto febbre alta e neppure un colpo di tosse, i sintomi principali da quello che hanno sempre detto. Mi hanno risposto solo che ero positivo e che dovevo dar loro una lista di nomi e cognomi e di luoghi frequentati negli ultimi quindici giorni, proprio come era capitato al mio amico. La cosa strana è che la sera stessa non avevo più la febbre che, però, è tornata per 24 ore un paio di giorni dopo. Adesso sto bene e come ho detto aspetto solo l’ultimo tampone per poi uscire di casa per andare a respirare un po’ d’aria fresca”.

Cosa le rimane di tutta questa storia?
“Beh, usare il passato mi sembra troppo presto visto che, purtroppo, l’Italia è alle prese con questa pandemia e quindi non potrò tornare alla mia quotidianità ancora per non so quanto tempo. Certamente dal punto di vista personale mi ha cambiato. Essere privati della propria libertà è un qualcosa che non avevo mai vissuto prima. Stare chiuso in casa forzatamente, non vedere la mia famiglia, i miei amici se non tramite un device, è un qualcosa che mi ha segnato profondamente e che mi ha fatto capire come la vita sia davvero troppo veloce per sprecare ogni suo attimo. In questi giorni non nascondo che la paura c’è stata, non tanto per me, quanto per i miei genitori. Avevo il timore che in quei quindici giorni avessi potuto contagiarli e visto che soprattutto mia madre non può permettersi di ammalarsi devo dire che ho pregato tanto. Devo dire sinceramente, però, che il mio decorso è stato buono, nel senso che a parte quelle due linee di febbre non ho avuto nulla di particolare, tanto che ho continuato a lavorare. Lo scorso anno, per fare un esempio, mi sono preso l’influenza e sono stato molto peggio”