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Il rebus del concordato preventivo

L’evasione fiscale, si sa, è uno dei problemi maggiori in Italia. È ormai endemica e cronica. Per combatterla, l’attuale esecutivo ha optato per un approccio collaborativo, secondo una logica che veda il Fisco non come un esattore rigido e inflessibile, ma come un soggetto con cui interfacciarsi per arrivare a un compromesso che apporti benefici a entrambe le parti. Nel concreto, questo si è tradotto nell’introduzione del concordato preventivo biennale, approvato nella sua forma definitiva nelle scorse settimane, dopo mesi di discussioni e modifiche in Parlamento. Una misura, però, che ha subito diviso gli addetti ai lavori, tra chi ne afferma l’efficacia e chi, al contrario, ne sottolinea un potenziale effetto boomerang proprio nell’ottica di contrasto all’evasione.

Di cosa si tratta

Il concordato preventivo biennale si sostanzia in una proposta che l’Agenzia delle Entrate rivolge ai contribuenti, identificati nei lavoratori autonomi e nelle PMI (con un valore d’affari fino a 5 milioni di euro) e che, se accettata, consente al destinatario della proposta di accedere, nei due anni successivi, a una serie di benefici e vantaggi economici e fiscali. Nello specifico, il Fisco stima il reddito imponibile del contribuente sulla base di dati che già conosce, di informazioni che è lo stesso contribuente a fornire e dei punteggi ISA (Indici Sintetici di Affidabilità), una sorta di “pagella” che definisce il livello di affidabilità fiscale di un soggetto. A seguito di queste elaborazioni, il Fisco propone al contribuente un reddito sul quale sarà tassato nei due anni successivi, a prescindere da quanto effettivamente il beneficiario della proposta guadagnerà. Se accetterà, il contribuente non subirà accertamenti fiscali nei due anni di validità dell’accordo.

Le criticità

La misura, come detto, ha subito prodotto reazioni opposte. Se da una parte, infatti, c’è chi sostiene che con questo strumento l’Agenzia delle Entrate potrà intensificare i controlli nei confronti di chi non aderirà al concordato, ottimizzando risorse e sforzi, dall’altra c’è chi punta il dito sul fatto che, contrariamente a quanto previsto dalla prima bozza, ai benefici del concordato potranno accedere anche i contribuenti meno affidabili (con punteggio ISA basso) con il rischio di legittimarne l’evasione. Posto che l’efficacia di una misura del genere sarà valutabile sul lungo periodo, come giudicarne, oggi, il valore? Risponde il professor Giuseppe Savioli, presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini.

Professor Savioli, approvato il concordato preventivo biennale definitivo. A una prima analisi, quali sono i punti di forza e di debolezza?

“Lato Amministrazione Finanziaria, i punti di forza sono quelli di poter pianificare con maggiore certezza il gettito fiscale e di poter concentrare le risorse per effettuare accertamenti fiscali sui soggetti che non aderiranno alla proposta del Fisco. Al contrario i punti di debolezza, sempre lato Amministrazione Finanziaria, consistono nei probabili comportamenti opportunistici dei contribuenti, i quali cioè aderiranno alla proposta solo quando la riterranno conveniente, ossia quando prevederanno di avere un risparmio di imposte rispetto alla determinazione ordinaria del reddito”.

Più nello specifico: la misura è accessibile a tutti i contribuenti a prescindere dal punteggio ISA. Non si rischia, in questo modo, di legittimare l’evasione di chi è già poco affidabile?

“Il rischio è molto concreto. Un rischio che potrebbe essere parzialmente contrastato mediante proposte di adesione effettuate dall’Agenzia delle Entrate a valori superiori rispetto alla serie storica dei redditi dichiarati per i soggetti via via meno affidabili. La scommessa è proprio questa: proponendo concordati con redditi superiori rispetto alla serie storica, il Fisco cerca di recuperare un’area di evasione endemica”.

È saltata l’ipotesi che l’incremento di reddito proponibile dal Fisco non dovesse superare il 10% di quanto dichiarato dal contribuente l’anno precedente. Quali effetti può avere questo sulla effettiva diffusione della misura?

“La maggiore libertà di azione del Fisco in tal senso è collegata alla possibilità di accesso al concordato da parte dei soggetti ISA poco affidabili e rientra nella strategia che ho appena descritto: beneficio del concordato a fronte di un innalzamento del reddito dichiarato rispetto al passato”.

In prospettiva più ampia: da cosa dipenderà il successo o l’insuccesso del nuovo istituto fiscale?

“Dipenderà, da un lato, dall’accuratezza della proposta effettuata al contribuente e, dall’altro, dalla pressione che il Fisco metterà sui soggetti che non aderiranno, per i quali saranno intensificate le attività di accertamento. Per i contribuenti onesti, infatti, i vantaggi all’adesione sono rappresentati, di fatto, solo dal presumibile minor onere fiscale rispetto a quanto pagherebbero comunque, considerato che i benefici accessori sono estremamente limitati, non prevedendo alcuna limitazione degli obblighi e adempimenti fiscali. Per gli evasori, invece, il beneficio è evidentemente rappresentato dalla definizione di un reddito non soggetto ad accertamento”.