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I-Can, a Gaza l’inclusione è possibile

I numeri del Palestinian Center Bureau of Statistics parlano chiaro: il 6,9% della popolazione di Gaza è costituito da persone con disabilità. All’interno della Striscia, queste rappresentano uno dei gruppi più vulnerabili della popolazione in quanto sono costrette ad affrontare le difficoltà più estreme nella vita quotidiana, come l’esclusione dal godimento dei propri diritti ed essere soggette a continua discriminazione.

EducAid è una Ong riminese da oltre 20 anni in prima linea nella Striscia di Gaza, con progetti rivolti in particolare a minori e persone con disabilità. Questa attività è portata avanti con diversi progetti tra cui I-Can, il primo ed unico Centro per la vita indipendente e l’inclusione delle persone con disabilità di tutto il Medio Oriente, un centro finanziato dal Ministero degli Esteri italiano attraverso l’AICS Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Ce ne parla Riccardo Sirri, direttore di Educaid.

“Questo centro è nato con l’obiettivo di avere un luogo fisico e concreto in cui portare avanti i progetti di autonomia ed empowerment delle persone con disabilità, e nel contempo di combattere lo stigma sociale che influisce negativamente sia sull’autostima sia sul loro processo di emancipazione ed inserimento nella comunità. A Gaza, come in molti altri luoghi, la non autonomia è dovuta alla scarsa accessibilità dei luoghi, nonché alla mancanza di ausili adeguati. La carenza di empowerment, invece, è legata alle difficoltà di accesso all’istruzione (gli studenti con disabilità costituiscono solamente lo 0,3% del totale degli studenti palestinesi) nonché alla mancanza di opportunità lavorative”.

Il centro I-Can si trova di fronte ad una spiaggia accessibile, proprio sul mare, in un luogo, Gaza, che molto spesso troviamo sui media solo citato in notizie di conflitto e miseria, ma che è anche un luogo di grande bellezza e che può ospitare, come dimostra proprio il progetto di Educaid, anche esperienze virtuose. “ I Can – continua Sirri – si offre come un servizio di ascolto e orientamento delle necessità di una persona con disabilità volte all’ottenimento dell’autonomia. Per l’Onu, gli obiettivi per l’autonomia riguardano la possibilità di partecipare attivamente alla vita della comunità.

Questo, per il centro, si concretizza in forniture di ausili personalizzati, nella presenza di un centro di ascolto per chi si è trovato di fronte alla disabilità a seguito di un evento traumatico, ma anche di ascolto e collegamento con il tessuto economico delle imprese che permette la possibilità di percorsi professionalizzanti che si concludono con un tirocinio formativo e l’ingresso nel mondo del lavoro, in modo che l’autonomia guadagnata sia continuativa”.

Lo scorso 24 marzo si è svolta la cerimonia conclusiva del progetto, durato tre anni, con una grande festa condivisa a cui hanno partecipato lo staff espatriato e locale, gli operatori, le istituzioni. Ora come andrà avanti I Can?

“Il centro non finisce con la chiusura del progetto, perché un mese prima della cerimonia finale, il centro per la vita indipendente ha ottenuto il riconoscimento come associazione locale e oggi è a tutti gli effetti una associazione palestinese riconosciuta.

Nel nostro intento e desiderio c’è la possibilità che il centro possa ricevere i fondi da tutto il mondo arabo, un obiettivo fattibile, perché pensiamo che il centro promuova un messaggio di partecipazione attiva che fa bene a tutto il contesto, anche alla dimensione del conflitto, perché quando si parla di partecipazione e diritti rispettati, si parla delle fondamenta di una convivenza civile, pacifica e serena per tutti. Il nostro obiettivo era quello di creare un progetto di cooperazione che non si concludesse al termine dell’ultima annualità ma che continuasse, e l’ottenimento del riconoscimento è proprio uno dei presupposti. l’altro era quello di creare sinergie con altri progetti, tra cui la raccolta fondi.

Ora il centro ha al suo interno un fundraiser palestinese, e attraverso i proventi raccolti vengono pagati i salari degli operatori, che sono tutte persone con disabilità che offrono alla pari, ad altre persone con disabilità, un servizio di orientamento e ottenimento servizi. Un altro progetto che è stato approvato e che darà continuità anche ad I-Can è Team, che permetterà la creazione di un fablab, con la possibilità di costruire in loco degli ausili che non sono reperibili nell’area”.

Un progetto che fa bene non solo al mondo arabo palestinese ma anche all’Italia e a Rimini.