Si chiama 30 Years From Now ed è il nuovo progetto pensato e realizzato dalla Piccari che ha come obiettivo quello di raccogliere 250 testimonianze
“Ho creato una pagina Facebook ad hoc – racconta la 46enne riminese dove ho già pubblicato 20 storie che vogliono lasciare un ricordo ai figli degli intervistati. Tutto questo attraverso la combinazione tra fotografia e comunicazione. Vivo in America da 17 anni e conosco abbastanza bene questa realtà, ecco perché i miei personaggi sono persone che trovo nei parchi, vicino alle scuole, all’interno dei loro negozi. Persone normalissime”
Una nuova avventura. Un nuovo progetto. Sempre con la sua migliore amica tra le mani, quella macchina fotografica che l’ha accompagnata nel corso degli anni da Rimini alla conquista degli Stati Uniti d’America dove Giulia Piccari vive da 17 anni insieme al marito e alle sue due bimbe.
Giulia, bentrovata. Come va dall’altra parte del mondo?
“Un saluto a voi de ilPonte e a tutta la mia Rimini. Qua va tutto bene. Passata la paura dell’uragano e le elezioni, il tempo è tornato a scorrere con i soliti ritmi”.
Allora raccontaci la tua ultima idea.
“Si tratta di nuovo progetto fotografico che ho chiamato 30 Years From Now.
In un mondo dove tutto sta diventando materiale e l’estetica conta più dei sentimenti mi sono chiesta: Che cosa lasciamo ai nostri figli? Da qui l’idea, l’unione di concetti, la combinazione tra fotografia e comunicazione, di un qualcosa che vuole emozionare, che vuole tirare fuori pensieri e parole rimaste indietro nel tempo e che vuole finalmente comunicarle ai figli.
Così ho deciso di prendere la mia macchina fotografica in mano, ci ho attaccato un bell’obbiettivo da 50mm e sono uscita di casa. Sono andata nel parco vicino casa, ho fermato una mamma, poi un papà, poi una famiglia intera. Ho parlato loro del progetto e ho chiesto ad ognuno un ricordo, un momento unico tra padre e figlio, una tradizione che condividono la sera,un momento delicato tra mamma e figlia.
Insieme ai racconti ho scattato una foto al genitore, una al luogo che li circondava, e una fotografica di dettaglio, che poi è quella più di impatto visivo”.
Quante storie hai raccolto fino a questo momento?
“Sono tante e piano piano le sto pubblicando tutte sulla pagina Facebook dedicata al progetto che si chiama, appunto, 30 Years From Now. La mia è una documentazione di storie emozionanti e sincere, dove mi è capitato di commuovermi con le protagoniste, i protagonisti, e dove la gente si sente finalmente ascoltata, dove tira giù quella maschera di perfezione mostrata sui social media, e si lascia andare a racconti personali e profondi. Il 14 settembre ho pubblicato la prima storia e ricordo come se fosse oggi l’emozione e la gioia che correvano nelle mie vene nel sapere che non esiste un altro progetto fotografico simile a questo in tutta la Florida. A oggi sono venti le storie comparse sulla pagina”.
Come ti sei approcciata ai protagonisti che hai incontrato?
“Con grande umiltà, sapendo che non esistono genitori perfetti e tantomeno figli perfetti. Cerco di raccontare la bellezza degli errori, le debolezze di madri e padri, i dubbi e le paure che lasciano tutte un messaggio finale simile: la bellezza di sentirsi chiamare mamma o papà”.
C’è qualche storia che ti ha emozionato particolarmente?
“Certo. Una è quella di un pescatore, Ty, conosciuto davanti ad un lago nel cuore di Naples. Mi ha raccontato di avere una figlia autistica e delle preoccupazioni che lui e la moglie avevano all’inizio, cancellate poi dall’amore che questa bambina dona ai propri genitori tutti i giorni, facendoli sentire speciali. C’è poi la storia di Krista che vive con il marito e il figlio nella casa appartenuta ai suoi nonni e dove ancora sono attaccati sui mobili della cucina le note scritte a mano lasciate dal nonno. Krista vorrebbe comunicare al figlio quanto siano importanti le tradizioni e il senso della famiglia.
O ancora, la storia di Cindy, impiegata in un ufficio postale, che non vede la figlia da un po’ di tempo e che vorrebbe, tramite il suo racconto, comunicarle l’importanza di stare vicino a lei e al nonno in ospedale. Poi c’è Jessicah, insegnante di una scuola elementare, che vuole, tramite questo progetto, ringraziare il figlio per averle salvato la vita. Un pomeriggio come altri stava tagliando l’erba nel giardino di casa quando, in modo accidentale, una lama le provocò una profonda ferita alla gamba. Suo figlio, ad appena 9 anni, fu capace di intervenire e stringere forte un fazzoletto intorno alla ferita per bloccare l’uscita di sangue. Come si può capire sono storie di vita vera, accompagnate da fotografie che lasciano un segno a chi le guarda e a chi si ferma a leggere. Un progetto nato per ispirare genitori al messaggio che l’imperfezione esiste e che questa è proprio la bellezza della vita. E che non siamo soli finchè abbiamo una storia da raccontare”.
Giulia hai un sogno particolare per questo tuo progetto?
“Certo, ma i sogni sono due in realtà. Il primo è di riuscire a raccontare e a fotografare la vita e le storie di 250 persone. Il secondo è quello di riuscire a raccogliere tutto in un libro”.