Home Vita della chiesa Ecco perché il Messale non è libro dei preti

Ecco perché il Messale non è libro dei preti

Il 26 marzo 1970 Paolo VI autorizzava la pubblicazione dell’edizione italiana del Messale Romano, conosciuto da tutti come il Messale del Concilio. È significativo che ora, a cinquant’anni di distanza, la Chiesa italiana, dopo l’edizione del 1973 e quella del 1983, pubblichi la terza edizione di questo Messale, sostanzialmente con una nuova traduzione che recepisce le indicazioni della editio typica tertia del 2000. Con un anticipo rispetto alla data comunicata, dalla prima domenica di Avvento 2020 è stato introdotto nella liturgia il nuovo Messale in tutte le parrocchie d’Italia che seguono il Rito Romano.

Sul tema si sono confrontati in diocesi i sacerdoti con alcuni esperti in una tre giorni di studio e approfondimento che si è svolta online da mercoledì 25 a venerdì 27 novembre.

Per i circa 70 sacerdoti che hanno partecipato ai sei incontri on-line è stata una stimolante occasione per ripensare alla liturgia, rinnovare lo slancio missionario delle comunità, diventare più consapevoli del servizio di presidenza. Ad aprire la riflessione è stato Goffredo Boselli, monaco della Comunità di Bose e liturgista di fama internazionale (nella foto), che ha recentemente pubblicato presso le edizioni San Paolo “ Le nozze dell’Agnello.

Guida alla nuova traduzione del Messale”.

Boselli, qual è la storia di questa edizione?

Perché i lavori si sono prolungati per quasi vent’anni?

“Come tradizione vuole, la Santa Sede pubblica l’editio typica in latino e in seguito, le diverse Conferenze Episcopali si occupano della traduzione nella propria lingua. Quella italiana fa seguito anche alla nuova versione della Bibbia del 2008: è anche per questo se i lavori si sono prolungati per diversi anni. Non ci si è limitati dunque a una sistemazione dei testi, ma si è colta l’occasione per riguardare alcuni passaggi e adeguarli al tempo attuale. Non è stato solamente un cambiare i testi, ma è stato proprio un lavoro di riflessione e di approfondimento su alcuni punti della liturgia”.

La gente pensa che il Messale sia cosa da preti… “Il Messale non è il libro dei sacerdoti ma della Chiesa, è il libro con il quale la Chiesa celebra l’Eucaristia, è il libro dell’assemblea liturgica, è il libro ufficiale della preghiera della Chiesa. Il Messale è il frutto dell’ascolto che la Chiesa, durante tanti secoli, ha fatto della Parola di Dio che è diventata preghiera, gesto liturgico, fede”.

Fra le novità più evidenti di questa edizione, quella che riguarda il Padre Nostro…

“La nuova traduzione inserita nel Messale porta la versione « non abbandonarci alla tentazione »: la versione latina, a cui si fa riferimento ( et ne nos inducas in tentationem), a sua volta tradotto dal greco ( eisenenkai, da eisferein) significa « portare, condurre dentro ». Il cambiamento è stato frutto di un lungo ragionamento riguardante la sensibilità attuale, più che della fedeltà letterale del testo.

Nonostante la traduzione dal greco e dal latino, nella nostra mentalità è impensabile che Dio ci induca in tentazione. Noi chiediamo al Padre di essere preservati dalla tentazione e al tempo stesso di non abbandonarci alla tentazione forte. È parte della vita della Chiesa l’impegno a trovare un linguaggio comprensibile e adatto ai tempi”.

Quali sono le altre importanti novità?

“Oltre al Padre Nostro, sono numerose le novità e i cambiamenti introdotti con il nuovo Messale, in particolare balza agli occhi il fatto che in questo Messale è stata inserita la musica. Ciò significa che la musica e il canto fanno parte integrante della celebrazione. E ancora l’introduzione di sorelle accostato al termine fratelli ad indicare che le nostre assemblee liturgiche sono composte da uomini e da donne, quindi da fratelli e sorelle. È giusto che la liturgia lo riconosca. Vi sono poi altri cambiamenti che riguardano le Preghiere Eucaristiche e i riti di comunione”.

Nei riti di comunione è stata modificata e ritradotta la formula di invito alla comunione che segue immediatamente l’Agnello di Dio.

“Nel Messale del 1983 si leggeva « Beati gli invitati alla Cena del Signore. Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo ». In quello del 2019: « Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello ». La nuova edizione del Messale sceglie di essere fedele al testo dell’edizione latina del Missale Romanum che così recita: « Ecce Agnus Dei. Ecce qui tollit peccata mundi. Beati qui ad cenam Agni vocati sunt »”.

Novità anche nel Gloria… “Nel Gloria « amati dal Signore » sostituisce « di buona volontà » recuperando il significato originale del termine greco eudokias ovvero oggetto della benevolenza di Dio”.

I sacerdoti dovranno fare attenzione a non ripetere formule e parole ormai profondamente incise nella memoria… “Certo, i sacerdoti dovranno fare molta attenzione perché sono testi che ormai fanno parte della memoria celebrativa.

Spesso pronunciamo le formule a memoria e ora si tratterà di re-imparare uno stile celebrativo e una capacità di pronunciare la liturgia secondo le nuove indicazioni. Sarà una bella opportunità per riscoprire il valore delle parole: studiando nuovamente la liturgia ogni sacerdote sarà obbligato a riscoprire il senso anche di quelle formule che oramai pronunciava a memoria e per abitudine rischiando di tralasciarne il senso. Ma questo vale anche per tutta la comunità”.