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Commercio e negozi, la banalità del… mare

La zona mare di Rimini da anni è caratterizzata da innumerevoli piccole realtà tutte uguali (i noti bazar), che propongono prodotti generici a basso costo e che appiattiscono l’offerta commerciale

Diciamolo subito, così da evitare qualsiasi faziosità: il seguente approfondimento non ha e non vuole avere nessuna connotazione razzista, non si intende in nessun modo criticare o disincentivare l’integrazione o la convivenza tra diverse etnie e culture, ma è un ragionamento esclusivamente legato ai temi dell’economia locale e del turismo.

Il dibattito è quello dell’offerta commerciale della città: com’è noto, infatti, la forza di una città turistica non è data solo dalle risorse naturali che questa può offrire e dai servizi e strutture ricettive presenti, ma anche dalla offerta delle sue attività commerciali, la cui qualità rappresenta allo stesso tempo una vetrina e una garanzia di sicurezza contro fenomeni di degrado urbano. Tutto questo vale, ovviamente, anche per Rimini.

Una Rimini che però, ormai da anni, vive un graduale impoverimento dell’offerta commerciale nelle sue aree turistiche (e non solo): pensiamo in primis agli innumerevoli negozi che popolano le vie delle aree al mare, che propongono una vasta e generalizzata gamma di prodotti a basso costo (i cosiddetti bazar), talmente indistinguibili e “neutri” da appiattire e banalizzare l’offerta commerciale proprio là dove la presenza turistica è maggiore.

Un tema che arriva da lontano e che è noto agli stessi operatori di Rimini: Alduino ‘Richard’ Di Angelo, titolare dello storico locale ‘Rose& Crown’, sottolinea come lo scenario per il commercio riminese stesse cambiando già diversi anni fa, quando nel ruolo

di presidente della Società Cooperativa Garanzia Fidi di Rimini commissionò uno studio per realizzare una panoramica proprio del commercio riminese nelle aree a maggiore frequenza turistica. Risultato? Circa 600 negozi, nella stragrande maggioranza di piccole dimensioni e dall’offerta di prodotti pressoché sovrapponibile. “ Avevo capito già allora, prima ancora che il mercato online si sviluppasse così rapidamente, che il settore del commercio si stava rapidamente modificando. – le sue parole – Occorre un rimedio per diminuire il numero dei negozi, più grandi e capaci di resistere al mercato e alla richiesta”.

Il dibattito a Rimini

Proprio in questi giorni il tema è tornato al centro dell’attenzione nel Comune di Rimini. A sollevarlo è il consigliere comunale Gioenzo Renzi, che attraverso un’interrogazione ha sottolineato che “ le difficoltà del commercio al dettaglio sono evidenti, come testimoniano le continue chiusure dei negozi riminesi. Sui commercianti grava il peso di tasse, il caro affitti, la carenza di parcheggi, la concorrenza dei centri commerciali, lo sviluppo dell’ecommerce”.

Situazione che porta a “snaturare zone sempre più estese della città, dal Borgo Marina ai Viali della Marina, con perdita d’identità, di qualità dei prodotti venduti e dei servizi forniti. Lungo i Viali Vespucci, Regina Elena, Regina Margherita, Principe di Piemonte, da Marina Centro a Miramare per la lunghezza complessiva di 6 chilometri, l’impoverimento progressivo dell’offerta è rappresentato da circa 100 negozi-bazar che vendono tutti la stessa identica merce, alternati da altrettanti minimarket”. Come cambiare la rotta, dunque? A Rimini, dal 2018, esiste un Regolamento comunale dedicato proprio alla valorizzazione dell’offerta commerciale. Agire su questo può essere la via per cambiare direzione in ottica di qualità? “ Il Regolamento ha dato un contributo utile, sia stimolando un cambio di mentalità da parte dei titolari di attività sia sul fronte dei controlli. – è l’intervento di Juri Magrini, assessore alle Attività economiche del Comune di Rimini L’attività di monitoraggio da parte della Polizia Locale per il rispetto del Regolamento è costante, sia in centro storico sia sulla Marina, così come negli altri ambiti della città. C’è ancora strada da fare, ma il nuovo strumento e l’attività di controllo credo abbiano già portato dei risultati”. Un Regolamento c’è e i controlli sono fondamentali. Ma si può pensare a un aggiornamento, per fare un salto di qualità? “ Credo che non vada promosso tout cour, – prosegue l’assessore – ma andrebbe valutato sulla base dei reali strumenti che l’amministrazione comunale potrebbe introdurre. Cambiare solo qualche parola o formula non aggiungerebbe nulla alle possibilità che come ente abbiamo di raggiungere un obiettivo comune come il sostegno alla riqualificazione commerciale del nostro territorio. Ci confronteremo comunque con le associazioni di categoria per valutare se ci sono margini di intervento reali e perseguibili”.