Sarà che tante cattive notizie, con guerre che continuano senza tregua, violenze gratuite, falsità evidenti e anzi vantate come merito, ci stanno sommergendo e ci spingono tutti in difesa, quasi a rinchiuderci nel nostro privato sicuro, ma da tanto non sentivo così forte ed efficace il grido di questa prima domenica di Avvento dove san Paolo dice: “ Svegliatevi dal sonno” e Gesù ribadisce “ Vegliate dunque”.
Lo sappiamo bene che non si parla del sonno del corpo, ma dell’anima, della coscienza, perché se la coscienza si addormenta l’animo si ammala e subentra l’indifferenza, che per un cristiano è un peccato grave, come mette in bocca Gesù ad Abramo, quando ha accanto a sé in cielo il povero Lazzaro e parla con il ricco Epulone.
Per Paolo una coscienza retta è di chi ha un “comportamento onesto e non si perde in orge e ubriachezze, lussurie e impurità, litigi e gelosie”, una coscienza che opera per realizzare il sogno di Dio descritto da Isaia: “Spezzare le spade per costruire aratri, mutare le lance in falci e trasformare l’arte della guerra in un ricordo del passato”. Insomma, come affermano anche tutti i Papi da Paolo VI in poi, una coscienza sveglia lavora per la pace.
E quasi per scuoterci, Gesù nel Vangelo usa a sua volta un’espressione molto forte per indicare una coscienza addormentata. Quando l’uomo non coglie più la differenza fra il bene e il male, e l’io si erge a unico riferimento, beh, allora è tempo di guai: ai tempi di Noè il sonno della coscienza portò tutti alla fine e “non si accorsero di nulla, finché venne il diluvio e li travolse tutti”.
Sono così diversi i tempi di Noè dai nostri?
Sono i tempi di sempre e certamente quelli di oggi, dove l’uomo è continuamente tentato dal sonno della coscienza, alimentato dall’odio, che ci permette di pensare al nemico come una persona che non è proprio un uomo. I nazisti, ad esempio, chiamavano gli ebrei e gli zingari untermenschen (sottouomini). Questo legittima ogni efferatezza.
Accade anche oggi, e per intere popolazioni: in Medio Oriente, come in Africa o in Ucraina, tragedie si consumano nell’indifferenza quasi totale. Il sogno di Isaia è ancora lontano. Da molte parti, anzi, si inneggia all’opposto, con gli aratri che si trasformano in spade e le falci che diventano lance. Come ha denunciato papa Leone nel suo viaggio in Libano: “Solo se si celebra la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione non si rimane schiacciati dall’ingiustizia e dal sopruso”.
Attenti: la nostra aria è zeppa di narcotici, sonniferi che inducono il sonno senza che ce ne accorgiamo. Così ci ritroviamo, senza nemmeno saperlo, a ragionare contro il Vangelo, la carità e le persone.

