Complice l’avvento di piattaforme come Airbnb, l’offerta è in crescita esponenziale, con un impatto profondo sul tema dell’emergenza casa, anche a Rimini. Al via alcune novità per regolamentarlo
Casa-Rimini è un binomio complesso. Quello dell’abitare, infatti, è uno dei temi caldi per eccellenza in città (e sul territorio) ormai da diversi anni, tanto da configurarsi, sotto molteplici punti di vista, come una vera e propria emergenza. E non solo per chi si trova in condizioni di particolare difficoltà economico-sociale, ma anche per chi avrebbe tutti i requisiti per trovare un alloggio ma si trova davanti un’offerta ai minimi termini. Una questione complessa perché frutto di cause eterogenee, che rendono difficile trovare una soluzione univoca ed efficace. Tra le cause più note c’è sicuramente l’esplosione che negli ultimi anni ha visto protagonisti gli affitti brevi a scopo turistico, che incontrando maggiormente le esigenze del turista moderno hanno subìto una crescita talmente esponenziale da diventare fenomeno controverso: da una parte, producendo il cosiddetto ‘overtourism’, ossia flussi eccessivi di turisti con conseguenze negative sulla qualità della vita e dall’altra, per l’appunto, riducendo di molto l’offerta abitativa per famiglie, lavoratori e studenti. Il tutto anche grazie all’avvento di piattaforme digitali dedicate (Airbnb la più famosa), che consentono un incontro immediato tra domanda e offerta, tracciabilità e grande facilità di pagamento, dando maggiori garanzie rispetto agli affitti “canonici”. I numeri parlano chiaro: il mercato degli affitti brevi in Italia, secondo i dati dell’associazione Italiana Gestori Affitti Brevi-Aigab, coinvolge circa 640.000 appartamenti per un business da 11 miliardi di euro di prenotazioni e un indotto sul turismo di altri 46 miliardi. In un tale scenario, sono diverse le misure che le istituzioni stanno introducendo per cercare di gestire gli effetti di questo particolare tipo di offerta ricettiva, con riflessi sui territori locali.
La stretta del Viminale
La novità più recente, che ha riportato l’attenzione sul tema a livello nazionale, è quella del Ministero dell’Interno, che con una propria circolare ha eliminato la possibilità di utilizzare le cosiddette “keybox”, scatolette poste fuori dall’alloggio messo in affitto contenenti le chiavi per entrare, accessibili attraverso un codice ricevuto in fase di prenotazione. Strumento che consente, in sostanza, a chi ha prenotato l’alloggio di accedervi senza la necessaria presenza fisica del proprietario. Una possibilità ora esclusa dal Ministero, che sottolinea la necessità di consegnare l’alloggio e procedere con l’identificazione in presenza, attraverso il documento d’identità e comunicando le generalità degli ospiti alla Questura competente entro le successive 24 ore. Una decisione presa per soddisfare due principali esigenze: uniformare il trattamento degli alloggi in affitto breve a quello degli alberghi e delle altre strutture ricettive e, ovviamente, dare maggiori garanzie di sicurezza, avendo un miglior tracciamento degli ospiti presenti sul territorio. Novità che, inevitabilmente, ha suscitato reazioni anche a Rimini, visto l’impatto del fenomeno. “ Si va verso l’equiparazione di quelle che sono attività turistiche a tutti gli effetti alle vere attività turistiche. – si affida alla stampa locale Patrizia Rinaldis, presidente degli albergatori di Rimini – Bene che esistano gli affitti brevi, è ormai palese che diano risposte ricettive.
Ma devono garantire la sicurezza e le regole di base. Non si tratta più di situazioni saltuarie, ma di un’offerta turistica vera e propria e come tale va inserita in una regolamentazione collettiva”. Se sulla carta gli obiettivi della misura sono chiari, sarà il tempo a stabilirne l’effettiva efficacia.
Rimini, ecco il… Cin
Ma non è l’unica novità. Come detto, a Rimini quello degli affitti brevi è una realtà molto concreta: sono 1.200 gli immobili riminesi registrati sulla piattaforma Airbnb, addirittura più del doppio rispetto al periodo pre-pandemico. In questo contesto e proprio al fine di regolamentare il fenomeno, con l’arrivo del nuovo anno entrerà in vigore l’obbligo per i gestori di alloggi in affitto breve di dotarsi del Codice identificativo nazionale (Cin) e di esporlo sia sull’immobile sia negli annunci online e sulle piattaforme. Si tratta, in sintesi, di una misura finalizzata a individuare in modo univoco ogni struttura ricettiva, allo scopo di garantire maggiore trasparenza a tutto il settore. “ L’introduzione del Cin e delle conseguenti sanzioni fino a 8.000 euro per i proprietari che ometteranno di registrarsi è un primo passo per assicurare un maggior rispetto delle regole sotto il profilo fiscale e non solo. – spiega Juri Magrini (nella foto), assessore alle Attività economiche di Rimini – Così come è importante anche l’altra novità introdotta dalla norma, che prevede l’installazione all’interno delle abitazioni concesse in affitto breve di alcuni dispositivi per la sicurezza degli ospiti. Ora però serve agire su due fronti, prima di tutto i controlli a verificare il rispetto delle regole: stando ad una indagine riportata da Sky, il 33% degli intervistati non sa dell’esistenza dell’obbligo del Cin, mentre il il 44% non ha ancora fatto richiesta per ottenerlo.
Parallelamente, occorre lavorare in maniera più radicale sotto l’aspetto normativo, così come emerso anche alla recente assemblea Anci, per introdurre nuovi strumenti che consentano ai Comuni di regolamentare e governare il fenomeno”.
Simone Santini