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Minori e smartphone, una ricetta pericolosa

I numeri restituiscono uno scenario inquietante: in grande aumento le patologie psichiatriche tra i bambini e gli adolescenti. L’analisi degli esperti, tra impatto tecnologico e difficile ruolo educativo

Giovani e smartphone: compagni inseparabili, ma in un rapporto tutt’altro che semplice. E quando l’approccio a queste tecnologie è problematico anche per genitori ed educatori, la situazione diventa ancora più difficile. Con il rischio che a pagare siano proprio i più giovani. Un contesto generale l’ha dipinto proprio in questi giorni l’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico),

che nel rapporto Com’è la vita per i bambini nell’era digitale? Segnala che il 70% dei bambini di scuola elementare dei Paesi Ocse, tra i 9 e i 10 anni, ha già un proprio smartphone, con la situazione che si complica tra gli adolescenti: oltre il 10% dei giovani tra gli 11 e i 15 anni presenta comportamenti problematici nell’uso di queste tecnologie, percentuale che sale al 17% per indicare gli adolescenti che ammettono di sentirsi nervosi quando non hanno accesso ai propri dispositivi, mentre un terzo dichiara di passare almeno tre ore al giorno sulle piattaforme social. Il tutto con conseguenze da non sottovalutare, che possono anche sfociare in situazioni patologiche.

Tema, quest’ultimo, al centro dell’attenzione sul nostro territorio. Proprio di recente, infatti, l’assessora alle Politiche per l’Infanzia dell’Emilia-Romagna Isabella Conti ha diffuso dati profondamente allarmanti: in primis i ricoveri nei servizi di Neuropsichiatria infantile, aumentati addirittura del 183% dal 2010 al 2023, ma non solo. Aumenti esponenziali anche per quanto riguarda i

disturbi d’ansia e quelli alimentari, cresciuti rispettivamente del 265% e del 483% nello stesso periodo, che si accompagnano a un

+396% dei casi di schizofrenia dell’età evolutiva. Dati davvero inquietanti, che illustrano lo scenario di una “generazione sotto attacco”, come riferito dalla stessa assessora e per il quale una grande responsabilità viene riconosciuta all’uso e all’abuso precoce degli smartphone e di ciò che con essi si può fare, in primis l’accesso ai social network.

Scenario, inoltre, che necessita di intervento urgente, a cui la Regione Emilia-Romagna cerca di rispondere con gli Stati generali per l’infanzia e l’adolescenza (dal titolo Oltre gli schermi: libertà e diritti), al via a Bologna proprio in questi giorni, che fino al 6 giugno vedrà svilupparsi un articolato ciclo di eventi, incontri e tavole rotonde per riflettere sul rapporto tra minori e tecnologie, e sulle sfide per il mondo dell’educazione.

La situazione a Rimini

Anche sul territorio riminese la questione è reale e concreta. Lo sottolinea in modo particolare l’Ausl Romagna, attraverso i più recenti dati ospedalieri. “ Il territorio riminese riflette appieno il trend nazionale e regionale: negli ultimi anni si è registrato un aumento significativo dei disturbi psicopatologici in età evolutiva, sia per frequenza sia per gravità. spiega la dottoressa Cinzia Giulianelli, Responsabile Neuropsichiatria Infantile Ospedaliera di Rimini Il reparto di Psicopatologia dell’Adolescenza dell’Ausl Romagna ha gestito nel 2024 102 ricoveri in degenza ordinaria (provenienti da tutte le province della Romagna), con oltre 2.400 giornate di degenza complessive e un’età media di 16 anni. A questi si affiancano 254 ricoveri in regime di Day Hospital di ragazzi provenienti dalla sola provincia di Rimini con un’età media più bassa, attorno ai 14 anni e 2 mesi. Il servizio, per sua specifica organizzazione, seleziona in modo accurato i casi più gravi. Nonostante ciò la saturazione è costante, segno di una domanda in crescita e di quadri clinici sempre più acuti. Per i minori residenti a Rimini, il trend è chiaro: i ricoveri sono in aumento, sia in modalità ordinaria sia in Day Hospital. Anche le richieste ambulatoriali sono cresciute del 15,7% nell’ultimo anno, e i casi trattati sono spesso complessi, con comorbidità tra disturbi alimentari, ansia, depressione, ADHD, tratti borderline e difficoltà familiari”.

Smartphone, unico colpevole?

A fronte di tutti questi dati, sorge spontanea la domanda: una situazione del genere è frutto “solo” di un uso incontrollato dello smartphone in giovane e giovanissima età?

O ci sono altri fattori in gioco? Risponde, analizzando il tema, la dottoressa Roberta Rosetti (nella foto), Direttrice di Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza di Rimini, Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze Patologiche. L’uso precoce e intensivo degli smartphone è un fattore significativo, ma non sufficiente da solo a spiegare l’aumento dei disturbi psichici in età evolutiva. In particolare, nei casi di accesso ambulatoriale urgente o di pronto soccorso, i clinici riportano che in circa il 90% dei casi l’uso dello smartphone è indicato come elemento che interferisce gravemente con il funzionamento quotidiano del minore.

Tuttavia, limitarsi a indicare lo smartphone come causa unica sarebbe una semplificazione pericolosa. Le fragilità psicologiche di bambini e adolescenti affondano le radici in un insieme complesso di fattori: esperienze traumatiche precoci, contesti familiari instabili o iperesigenti, isolamento relazionale, difficoltà scolastiche, eventi post-pandemici e l’incapacità di tollerare la frustrazione in un contesto sociale che spinge alla performance e alla visibilità continua. In questi scenari, il dispositivo digitale diventa spesso un rifugio, uno spazio alternativo dove costruire un’identità più sopportabile o, al contrario, un acceleratore del disagio già presente”.

Come influisce, nello specifico, questa tecnologia sulla crescita di bambini e adolescenti? Prosegue la dottoressa Rosetti.

L’impatto dello smartphone varia molto in base all’età e alla fase di sviluppo. Nei primi anni di vita l’uso del dispositivo, spesso somministrato per calmare o intrattenere il bambino, sostituisce l’interazione umana, compromettendo il corretto sviluppo del legame affettivo, dell’empatia e della regolazione emotiva. Lo schermo offre gratificazioni rapide e ripetitive, riducendo la capacità di gestire l’attesa, tollerare la frustrazione o sviluppare attenzione prolungata. Alcuni studi segnalano, nei bambini predisposti, un possibile aumento dei sintomi correlabili ai disturbi del neuro-sviluppo, come la difficoltà nella reciprocità emotiva, nella comunicazione o nella comprensione dell’altro. Durante l’adolescenza, lo smartphone assume un ruolo diverso: non è più un intrattenimento, ma uno spazio identitario, sociale, spesso vissuto come necessario. In questa fase non è realistico pensare di eliminarlo del tutto, ma l’uso compulsivo e non mediato può accentuare forme di ritiro sociale, rafforzare meccanismi di confronto costante e idealizzazione”.

Infine, il difficile ruolo di genitori ed educatori. “ L’approccio educativo più efficace non si fonda sul divieto, ma sulla relazione. In tutte le fasce d’età, i bambini e i ragazzi hanno bisogno di una presenza adulta stabile, affettiva e coerente, che sappia ascoltare senza giudicare, tollerare la fragilità e accompagnare nelle difficoltà. Non serve solo ‘togliere lo smartphone’: serve ripristinare spazi relazionali autentici, dentro e fuori dallo schermo, e non temere il fallimento o la sofferenza dei figli, che non devono essere letti come un fallimento personale dei genitori stessi. Educare all’uso consapevole del digitale significa condividere regole chiare, ma anche essere testimoni di un uso critico e sano. È un lavoro che non può essere lasciato alla sola famiglia: scuole, servizi sanitari, educatori, psicologi e comunità locali devono collaborare per costruire una rete di contenimento e prevenzione, che intercetti i segnali di disagio prima che diventino patologia”.