Home Attualita “Estremismo politico, l’Italia è a rischio”

“Estremismo politico, l’Italia è a rischio”

SELMINI

Quando si pensa ad attentati terroristici in Europa balza subito alla mente quanto accaduto a Manchester martedì scorso, o i precedenti in Francia, Belgio e Germania. L’Italia, purtroppo, ha un’esperienza di terrorismo molto più lunga. Non di matrice islamica, bensì politica. Molti ricorderanno la bomba fatta esplodere alla stazione di Bologna che ha ucciso anche turisti diretti in Riviera.
“Brigate rosse, neo-fascisti, anarchici… anche queste sono forme di radicalizzazione. L’Italia è un paese a rischio. L’estremismo violento di tipo politico può riemergere, come è successo negli ultimi anni”.

A denunciarlo è la professoressa Rossella Selmini, una emiliana trapiantata alla University of Minnesota in cui insegna Criminologia.
A quali episodi recenti di violenza si riferisce, professoressa?
“Alla protesta contro gli immigrati come quella del 2014 nella periferia di Roma in cui si è creata una vera e propria contrapposizione identitaria tra italiani e stranieri. È necessario che i governi tengano sotto controllo fenomeni come questi per evitare che si generi una polarizzazione completa”.

Quali sono i principali fattori di rischio che possono indurre alla secessione definitiva?
“In questa fase i rischi sono a livello culturale. Sono i messaggi di intolleranza e di divisione che arrivano dai media e dalle istituzioni. Anche se talvolta si parla di apertura e di coesione sociale, in realtà ciò che sta passando è l’idea di una società divisa tra ultimi e penultimi, dove i penultimi vedono la causa del loro malessere negli ultimi. Questo messaggio è veicolato anche da alcuni interventi legislativi come il pacchetto Sicurezza del ministro Minniti”.

Che cosa critica di questa legge?
“Ha al centro sanzioni nei confronti dei poveri. Fa passare l’idea che la sicurezza delle persone in Italia dipenda da come si comportano gli immigrati, quando invece è un tema molto più ampio”.

Cosa dovrebbero fare i sindaci?
“Evitare di ricorrere a ordinanze che fanno riferimento a questa cultura del controllo. E non dovrebbero minimizzare il ruolo pericoloso dei movimenti di estrema destra, come Casa Pound, e delle loro proteste sul tema della sicurezza. Il legislatore, i comuni, i media devono trasmettere messaggi di reale coesione. Inoltre occorre tornare a ragionare in termini di prevenzione sociale”.

Cosa intende?
“L’Italia ha la fortuna di avere delle periferie non ancora terribilmente segregate al loro interno: un tesoro importante da salvaguardare. Il paese ha molte esperienze di associazionismo, di volontariato che vanno sostenute. Ci sono diversi quartieri con numeri elevati di stranieri, anche al di sopra del 70%, come a Reggio Emilia e in altre periferie dell’Emilia Romagna (per non parlare di quelle di Roma o di Napoli). Eppure questi quartieri non sono diventati ancora come le banlieue parigine perché c’è stato un lavoro pluriennale delle amministrazioni locali a favore del dialogo”.

Però allo stesso tempo una città come Ravenna è salita alle cronache come roccaforte di foreign-fighter, i nuovi adepti dell’Isis. Come è stato possibile questo
“Il fenomeno dei lupi solitari non è necessariamente legato al livello di integrazione, perché fa riferimento alla condizione sociale e psicologica del singolo. Anche nei migliori contesti possono nascere profili radicalizzati. Evitare che alcune persone possano sporadicamente decidere di aderire a cause sbagliate è molto difficile. L’integrazione consentirà però alla società di non diventare profondamente divisa e scongiurerà azioni collettive pericolose nelle periferie”.

Mirco Paganelli