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Carim e Crédit Agricole, facciamo il punto

Dove eravamo rimasti? In uno degli ultimi numeri de ilPonte del 2019 (era il numero di Natale) si rilanciava una notizia che arrivava da Cesena: l’Arbitro delle Controversie Finanziarie (ACF) ha stabilito che Crédit Agricole dovrà rimborsare sei ex azionisti della fu Carisp Cesena per un ammontare complessivo di 30mila euro. A guidare il ricorso era stato Adiconsum Romagna, l’ente di Cisl a tutela dei consumatori, che contestava la cifra di 50 centesimi di euro stabilita dall’istituto bancario italo-francese come valore per azione nel momento in cui aveva avanzato la propria Offerta Pubblica di Acquisto. Una decisione importante, che certamente non può che suscitare interesse in tutto il territorio.

E a Rimini?
Proprio da quell’interesse si era partiti per indagare una questione: quanto, una decisione come quella di Cesena, può influenzare la situazione riminese? In fondo anche Banca Carim è stata acquisita, e anche i suoi azionisti si sono visti presentare un’offerta di acquisto da parte di Crédit Agricole. In questo senso, le ultime notizie risalgono a diversi mesi fa, quando nell’estate del 2019 un corposo gruppo di ex azionisti Carim (più di 60) ha inviato una formale diffida a Crédit Agricole, contestando proprio quell’Offerta Pubblica di Acquisto, sotto diversi aspetti. Quali, nello specifico? C’è stata una risposta da parte dell’istituto italo-francese alla diffida? Come procede la vicenda, a distanza di mesi? Risponde, riepilogando e facendo il punto della situazione, Davide Lombardi (foto piccola), l’avvocato riminese che si è occupato della diffida e che da tempo segue la vicenda di Banca Carim, in particolar modo a tutela dei piccoli azionisti.

Avvocato Lombardi, per cominciare: cosa si contesta nella diffida inviata a Crédit Agricole?
“La diffida ha ad oggetto principalmente la fase dell’OPA, cioè dell’Offerta Pubblica d’Acquisto avanzata da Crédit Agricole a quelli che erano azionisti Carim. Un’OPA che contestiamo non solo dal punto di vista dell’offerta in sé, palesemente al ribasso e per la quale chiediamo il risarcimento del danno, ma anche per la sua comunicazione avvenuta, per quanto ci riguarda, con modalità anomale e inopportune”.

In che senso?
“L’OPA è stata comunicata a tutti gli azionisti, destinatari dell’offerta, attraverso una specifica informativa inviata, attraverso una lettera formale, da Banca Carim. Una lettera che consideriamo tendenziosa, perché va oltre la mera informativa e assomiglia di più a un tentativo di perorare, in modo improprio, l’accettazione dell’OPA, configurandosi come una ‘sollecitazione al disinvestimento’. E non ci si è fermati lì: oltre a questa lettera, la stessa attività di sollecitazione è avvenuta attraverso diverse telefonate a casa degli azionisti e, addirittura, con una forte campagna informativa da parte degli impiegati della banca agli sportelli. Un’attività che riteniamo piuttosto grave”.

Ci spieghi.
“In quel momento Banca Carim rappresentava i potenziali venditori e quindi doveva fare gli interessi dei propri azionisti. Una sollecitazione di quel tipo, invece, all’adesione a un’offerta secondo noi palesemente al ribasso e svantaggiosa, rappresentava un vantaggio per il compratore, Crédit Agricole. Se a questo si aggiunge che Crédit Agricole aveva già acquisito oltre il 95% del capitale sociale di Carim, non occorre essere maliziosi per capire che si sia trattata di una situazione quantomeno anomala”.

Un’OPA che contestate non solo per le modalità di comunicazione, ma anche per il valore dell’offerta in sé.
“Sì, nella diffida abbiamo segnalato una serie di anomalie anche per quanto riguarda il valore dell’offerta, soprattutto in merito al concambio. Nella lettera informativa, di cui abbiamo parlato, Banca Carim non si è limitata a comunicare che difficilmente si sarebbe potuto avere un concambio favorevole, visto che Carim era malmessa rispetto a Crédit Agricole, ma si è andati oltre: è stato calcolato (e comunicato) l’esatto valore del concambio, fino al decimale (0,032). Una cosa strana: in primo luogo perché l’operazione di quantificazione del concambio doveva ancora avvenire, e in secondo luogo perché non dovevano essere loro a eseguirla. Per legge, infatti, deve essere nominato un perito dal Tribunale”.

E poi cos’è accaduto?
“È stato nominato un perito dal Tribunale delle Imprese di Bologna che, incredibilmente, ha stabilito lo stesso valore di concambio. Identico, fino al decimale: 0,032. Una coincidenza difficilmente credibile, se si tiene conto della complessità dei calcoli e dei numerosissimi fattori da considerare. Ma non è tutto. Il perito, nel suo calcolo, si sarebbe servito anche delle elaborazioni effettuate in precedenza da Banca Carim attraverso una propria società di consulenza, se non fosse che tutto questo è avvenuto in un lasso di tempo troppo ristretto, una questione di pochi giorni, comunque incompatibile con quel tipo di operazione. Per non parlare del fatto che questo consulente di Carim era illegittimo: carte alla mano, abbiamo dimostrato che tale società di consulenza si era già occupata di Carim nel 2017, quando per legge l’incarico non può essere affidato a chi abbia avuto rapporti con chi dà loro mandato nel triennio precedente. Insomma, tutta una serie di anomalie procedurali, di calcolo e dei soggetti implicati che ci hanno spinto alla contestazione”.

Perché, secondo lei, si è calcolato quel valore di concambio?
“Oltre ai problemi procedurali, bisogna sottolineare il valore in sé di quel concambio, che secondo noi è totalmente al ribasso. E questo è legato alla stima che in sede di valutazione è stata fatta del valore di Banca Carim. Noi riteniamo che al momento dell’ultimo bilancio di Carim il maggior asset creditorio della banca fosse quello verso i suoi ex amministratori, per la loro mala gestione dell’istituto. Credito che, però, non compare per nulla. Con la conseguenza che la banca viene svalutata e questo si riflette sul calcolo del concambio. In sostanza, dunque, nello stabilire il concambio non ci si è basati sul valore reale di Banca Carim”.

E ora? Che effetti ha avuto questa diffida?
“Crédit Agricole ha risposto qualche mese dopo, a ottobre 2019. Una risposta molto sintetica, che non entra pressoché mai nelle questioni tecniche e che, in sostanza, nega ogni nostra contestazione. Ed è una risposta significativa, proprio perché non sono state fornite risposte precise nel merito, se non una generica smentita senza argomentazioni. Al momento, dunque, questa è la situazione aggiornata. A breve incontrerò tutti gli azionisti che hanno partecipato alla diffida per decidere come muoverci: tra le possibilità c’è la causa civile per risarcimento del danno da concambio errato, anche se in questa materia è obbligatorio prima utilizzare lo strumento della mediazione o dell’arbitrato bancario, anche presso Consob. Gli strumenti sono diversi, ma sicuramente la nostra contestazione non si fermerà alla diffida”.

Per concludere: chi ha accettato l’OPA di Crédit Agricole è “fuori dai giochi” o ha ancora strumenti per richiedere un risarcimento del danno?
“Dobbiamo specificare che le contestazioni sul concambio arrivano da chi non aveva aderito all’offerta di Crédit Agricole, come avevo consigliato di fare. Ma c’è anche chi l’ha accettata, vendendo le proprie azioni Carim a un prezzo che, parallelamente al concambio, era assai sfavorevole. E sono quelli che hanno avuto un danno ancora maggiore. Occorre essere chiari: aver accettato l’OPA non significa non poter essere risarciti. Anche chi ha venduto le proprie azioni a Crédit Agricole può agire per il risarcimento del danno, chiaramente entro i termini di prescrizione. Un consiglio? Come primo passo mandare una lettera alla banca, facendosi assistere da un professionista, per interrompere i termini di prescrizione. E poi da lì ragionare su come procedere per il risarcimento”.