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Zimbabwe, un paese in ginocchio

È una fila lunga quella che ogni giorno attende la visita medica della dottoressa Marilena Pesaresi, a Mutoko. Il dottor Antonio (nella foto), fratello di Marilena e il dottor Flavio Bologna, cardiologi dell’Infermi di Rimini, sono stati, con il sostegno della Caritas riminese, quindici giorni al Luisa Guidotti, l’ospedale diretto dalla missionaria riminese, e hanno visitato 120 persone.
“Le persone visitate venute in Italia con il progetto ‘Operazione cuore’, che necessitavano di un controllo, non sono state tante perché c’è una grande difficoltà negli spostamenti. Dovevamo visitarne 110, invece ne abbiamo visitate una sessantina. È assolutamente necessario il controllo successivo all’intervento perché deve esserci un processo continuo, altrimenti le persone rischiano la morte. Il progetto futuro è quello di seguire meglio le persone a casa, una cosa che già si sta facendo, ma che deve essere rafforzata”, spiega il dottor Pesaresi.
Dal 20 febbraio al 6 marzo i due cardiologi riminesi oltre al controllo degli operati hanno fatto una valutazione delle persone che necessitano di intervento, stilando una lista di una decina di pazienti che, secondo le urgenze, dovranno essere operati nel corso dell’anno a Bologna. Nel viaggio di ritorno i due medici hanno portato in Italia un ragazzo di 16 anni e una bambina di 8; destinazione Milano. Altri due interventi sono già in programma al Niguarda. La regione Lombardia, infatti, come la regione Emilia Romagna permette alcuni interventi ogni anno per questo progetto.

La situazione economica
La povertà presente in Zimbabwe rende difficile gli spostamenti dei malati verso l’ospedale. “Molti vengono da grandi distanze e per quanto avvertiti non sono venuti, perché non hanno nemmeno quei pochi dollari che servono per salire in autobus”, continua il dottor Pesaresi.
L’inflazione colpisce gravemente il paese che oggi vede circolare una carta moneta da 100 trilioni di dollari zimbabwesi. Quindi tutti i pagamenti, anche quelli più piccoli, vengono fatti in dollari americani. “Il costo della vita, di colpo, è quadruplicato. – spiega il dottor Pesaresi- Con 100 euro vivevano tranquillamente per due mesi, ora la vita costa quasi come da noi. La gente del luogo non sa più come fare. Quasi tutto arriva dal Sud Africa; le cose ci sono però costano. L’Ospedale Luisa Guidotti vive grazie alle donazioni di enti e organizzazioni non solo italiane, ma anche internazionali, che permettono di far fronte alle diverse esigenze, da quelle alimentari al reperimento dei farmaci”.
“Si percepisce subito quando arrivi là. La crisi economica in parte è il riflesso della crisi mondiale, ma è presente anche una condizione interna che li ha portati al tracollo della loro economia. La situazione è peggiorata negli ultimi tempi”, sottolinea il dottor Flavio Bologna. “Della crisi economica se ne parla quotidianamente perché al di là dell’aspetto missionario ed umano bisogna poi fare i conti con gli aspetti pratici e materiali, la necessità di soldi per mandare avanti le attività. Si parla anche spesso della questione politica, della situazione del paese. Sono tutti molto attenti”.

La situazione sanitaria
Continua ad aggravarsi il bilancio delle vittime e dei casi di colera registrati in diversi paese dell’Africa australe. La situazione più grave resta quello dello Zimbabwe dove, secondo l’ultimo aggiornamento diffuso dall’organizzazione mondiale della sanità (Oms) sono più di 91 mila i casi accertati fino ad oggi e più di 4 mila i decessi, da quando è stata dichiarata l’emergenza, sette mesi fa. Per l’Oms l’epidemia colpisce soprattutto nelle campagne. La maggior parte dei decessi avviene nelle case e non nelle strutture attrezzate. Il colera non ha toccato l’ospedale di Mukoto, ma soprattutto la capitale Harare e dintorni.
“A Mutoko – racconta il dott. Pesaresi – c’era con noi un professore di Catania, che viene ogni anno, il quale ha confermato che il germe che porta l’infezione non è arrivato al Luisa Guidotti, dove ogni giorno si cerca di attuare le norme igieniche importanti, di non mangiare, per esempio, la verdura cruda, cercando così di eliminare le fonti di contagio. Si pone sempre molta attenzione perché come il colera ha raggiunto la capitale e dintorni potrebbe diffondersi anche a Mutoko”.
“La situazione è dura, anche il più piccolo gesto quotidiano diventa complicato. Il primo lavoro che bisogna fare lì è quello di sopravvivere. C’è poca acqua e quella che c’è bisogna bollirla, anche prima di berla. Molto del tempo va per queste piccole cose della vita quotidiana, soprattutto le cose sono difficili i primi giorni quando ancora non si è abituati all’ambiente”, spiega il dottor Bologna.
“Insieme a tanti problemi gravi – conclude Pesaresi – ho avvertito anche una sensazione di speranza e di ripresa, come segno di qualcosa che è stato superato e prospettive future. I due ospedali più importanti, quello universitario e l’Harare Hospital erano stati chiusi. Ora è arrivato un grossissimo finanziamento per riaprire l’Harare Central Hospital, penso che questo sia un segno di ripresa”.

Letizia Rossi

Appello alle famiglie
per accoglienza
Si cercano famiglie disponibili ad accogliere, per il periodo pre e post operatorio, i bambini e i ragazzi che vengono portati in Italia con il progetto ‘Operazione cuore’ e che devono essere sottoposti all’ intervento chirurgico. La responsabile del progetto in Italia è Sara, che può essere contattata in Caritas (0541.26040) oppure al 334.9469356.