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VOCAZIONI SACERDOTALI – UNA CHIESA SENZA PRETI? COME ACCOMPAGNARE I GIOVANI

vocazioni-sacerdotaliConfronto aperto sulle cause e i rimedi alla carenza di vocazioni sacerdotali. Questa volta ospitiamo l’intervento di un diacono permanente

Caro Direttore, sono Davide Carroli, diacono permanente della parrocchia di san Biagio di Misano Monte e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, da circa un anno assieme a mia moglie, e codirettore con Don Andrea dell’ Ufficio di Pastorale Vocazionale della diocesi.
Ogni uomo innamorato della sua vocazione è, e diventa, punto di riferimento per coloro che cercano la verità, e pietra di inciampo per quelli che la vorrebbero mistificare, “servono preti che sanno anche dare fastidio. Noi non possiamo tacere” (mons. Lambiasi S. Messa del Crisma 2016). Io stesso ho avuto la fortuna di incontrare grandi sacerdoti come don Oreste Benzi, ma è vero che ancora oggi incontro grandi sacerdoti, veri pastori che amano la Chiesa e spendono i loro giorni le loro ore per i fratelli che il Signore affida loro. La santa Chiesa è viva oggi, come 50 anni fa.
Lo testimoniano i tanti martiri di cui veniamo a sapere quasi quotidianamente. Cito solo ad esempio don Andrea Santoro, i padri di Tibhirine, le quattro suore missionarie della Carità, ma anche coloro che nel nascondimento portano avanti il ministero loro affidato dal Signore.
Vorrei proporre ora alcuni verbi nella discussione che portiamo avanti.

CUSTODIRE

Credo anzitutto che si debba sgombrare il campo dalla questione se noi Chiesa, sacerdoti, diaconi, consacrati, laici, genitori o chi altro possiamo o meno suscitare vocazioni al sacerdozio alla vita consacrata oppure al matrimonio.
E’ evidente che, per non cadere nella tentazione di Pelagio «la salvezza è nel modo in cui io faccio le cose», dobbiamo dirci assolutamente di no. Questa affermazione mi aiuta ad introdurre questo verbo, vorrei cioè dire che ogni nostra preoccupazione deve essere quella di “custodire” e non di “suscitarei Doni che il Padre attraverso lo Spirito Santo dona alla sua Chiesa.
Ho l’impressione che nonostante ce lo diciamo da tempo oggi siamo ancora molto preoccupati di “gestire” le nostre parrocchie, papa Francesco parla di recinti, dandoci anche l’idea di “chiusura, di impedimento, di ripiegamento”.
Le nostre comunità rischiano di non essere il luogo in cui riconoscersi e da cui partire per una avventura che ci porterà a scoprire la chiamata che il Padre ci ha fatto, sono piuttosto il luogo in cui sentirci al riparo dalla società che ci circonda generando tra l’altro certe derive razziste di cui purtroppo la Chiesa non è esente. “Noi della Chiesa”, come ci apostrofa una nostra amica, quando intuiamo che un giovane impegnato/disponibile oppure un adulto si pone “certe” domande esistenziali, invece di stimolarlo a cercare, inviandolo là dove si propone un cammino vocazionale ce lo teniamo stretto per paura di perderlo, siamo come certi genitori che tanto si dannano per costruire case per i figli perchè li vogliono vicini suscitando spesso una repulsione e un allontanamento. I giovani hanno bisogno di immensità, non di recinti.
Mi è capitato di incontrare fratelli che non hanno iniziato cammini di discernimento spirituale “perchè il parroco mi ha detto che il vescovo mi avrebbe portato via dalla mia parrocchia”, parlo anche di adulti che pensavano al diaconato e che oggi ne parlano con una certa tristezza.
Mi chiedo perciò se davvero i nostri sacerdoti siano attenti al soffio dello Spirito nell’animo dei loro fratelli?

PREGARE

Certo anzitutto la preghiera: “Pregate il Padrone ( qui inteso come Padre) della messe perchè mandi operai nella sua messe”. Questa sicuramente è una di quelle opere dello Spirito che poco noi operiamo, forse dando per scontato che qualcun’altro lo stia facendo o lo farà?
In che modo ogni realtà ecclesiale possa esprimere questa supplica al Padre, lo lascerei ad ognuno senza delegare però, ma chiedendo conto del cosa si fa.

ADORARE

Occorre «essere generati da Dio» e «rinascere dall’alto… dall’acqua e dallo Spirito» (Gv 1,12-13; 3,3-5). Lo Spirito, presente nel mondo, è venuto ad abitare in pienezza in Gesù, il quale è nato «per opera dello Spirito Santo» (Mt 1,19-20). Il vero adoratore del Padre, quindi, è il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Vedere cioè quello che lo Spirito suscita nei cuori degli uomini, sapendo che spesso questi doni non sono riservati a noi ma agli altri, e che la nostra gioia è vedere che e come il Padre opera ancora oggi.

ACCOMPAGNARE

Per custodire infatti è necessario accompagnare, la critica che “ci” vogliono fare è che siamo poco attenti alla voce dello Spirito che suscita nella sua chiesa sempre nuove vocazioni, credo infatti che Dio non stia facendo mancare alla sua Chiesa quegli operai poco fa citati, quanto sia piuttosto vero che noi come ho già detto siamo poco attenti, “il cuore dei giovani oggi batte per Cristo” diceva don Oreste alle settimane sociali del 2007.
Essere capaci di un discernimento/accompagnamento spirituale è arte che non si improvvisa soprattutto oggi che la vocazione è spesso sepolta sotto diversi strati di sofferenze, peccati, condizionamenti culturali, solitudini. Nella lettera ai Romani (8, 22) si legge “Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”.
Quanti di voi sacerdoti dedicano tempo all’accompagnamento spirituale e quanti lo utilizzano per se stessi?
Anche la pratica della direzione spirituale contribuisce non poco a favorire la formazione permanente dei sacerdoti. È un mezzo classico, che nulla ha perso di preziosità non solo per assicurare la formazione spirituale, ma anche per promuovere e sostenere una continua fedeltà e generosità nell’esercizio del ministero sacerdotale.
Come scriveva il futuro Paolo VI, «la direzione spirituale ha una funzione bellissima e si può dire indispensabile per l’educazione morale e spirituale della gioventù, che voglia interpretare e seguire con assoluta lealtà la vocazione, qualunque essa sia, della propria vita; e conserva sempre importanza benefica per ogni età della vita, quando al lume e alla carità d’un consiglio pio e prudente si chieda la verifica della propria rettitudine ed il conforto al compimento generoso dei propri doveri. È mezzo pedagogico molto delicato, ma di grandissimo valore; è arte pedagogica e psicologica di grave responsabilità in chi la esercita; è esercizio spirituale di umiltà e di fiducia in chi la riceve». 461Pastores dabo vobis

PORTARE

Ogni persona deve sapere di essere stata presa in carico da qualcuno di essere cioè cara, amata, pensata e soprattutto portata, portata al Signore, nella preghiera di intercessione, nell’eucarestia nella adorazione. Portata su di se come il Cristo ha fatto con noi esercitando quella dimensione sacerdotale che è l’essere pastori.

DISCERNERE

Questo è un’altro esercizio importantissimo, che abbiamo spesso scambiato con organizzare. Papa Francesco dice: “meglio una Chiesa povera e incidentata che un’organizzazione super efficiente che però allontana la gente“. Poco tempo fa ha poi detto, utilizzando un’altra delle sue metafore: “meglio una Chiesa vuota che piena di diavoli”.
Come fare per operare un discernimento vocazionale utile efficace che infiammi cuori? Io proporrei una èquipe diocesana formata da sacerdoti, diaconi e laici esperti nel campo psicologico e soprattutto nell’accompagnamento spirituale, ai quali sottoporre le questioni che via via veniamo ad incontrare e che hanno a che fare con la direzione spirituale. Mi rendo conto di essere in un campo minato ma vorrei provare ugualmente a interpretare i segni dei tempi ( fare discernimento).
Come dicevo prima, oggi la persona è vittima di moltissimi condizionamenti, sia esterni che interni i quali schiacciano l’anima allontanandola dal proprio bene, dalla propria strada, questo è vero in campo sessuale, in campo affettivo sentimentale, nelle amicizie, nella vita sociale e lavorativa.
E’ qui che interverrebbe questa èquipe, la quale facendo discernimento sarebbe chiamata a inviare i giovani a quelle risposte di cui la loro interiorità necessita, avendo a disposizione molti più strumenti di quanti può averne un solo sacerdote con la formazione del solo seminario.
Naturalmente, si tratterebbero casi e non nomi creando una sorta di supervisione ecclesiale che sia esclusivamente strumento di servizio, ma soprattutto contemplazione dei doni dello Spirito.

ESSERE IN COMUNIONE

Questa dimensione è quella che più attira: “vi riconosceranno da come vi amerete”. Solo essendo in comunione i giovani verranno a cercarci, solo così la nostra proposta sarà credibile. A questo proposito allego un’altra parte del discorso che don Oreste fece alle settimane sociali a Pisa nel 2007 poco prima di passare da questo mondo al Padre. Lui era come infuocato dall’amore alla Chiesa di Cristo e diceva: “La Chiesa cattolica è l’unica vera Chiesa di Cristo, ed è il popolo santo di Dio, che deve avere una sua identità e deve annunciare Cristo come popolo”. Cioè: da come vi amerete, sapranno che siete miei discepoli. In questo popolo le membra più deboli sono le più necessarie, come dice bene san Paolo nelle sue lettere. Quindi lui evidenziava questo amore grande alla Chiesa di Cristo, anche ai pastori della Chiesa, con i quali aveva un rapporto bellissimo, di confidenza, ma anche di estrema obbedienza. Anche nelle sue scelte più coraggiose, più di frontiera, lui diceva che l’ultima parola spettava ai pastori, nel discernimento. Però bisogna agire come popolo, in cui le membra più deboli – quindi i bambini con gravi handicap, i malati di mente, le ragazze di strada… – non sono solo oggetto di assistenza, ma sono protagonisti della storia della Chiesa. Vengono subito alla mente le testimonianze che il vescovo Francesco propone per gli incontri dei cresimandi.
Per ultimo, non per importanza, aggiugo un’altro stralcio della pastores dabo vobis:
“Il sacerdote deve maturare nella coscienza della comunione che sussiste tra le diverse Chiese particolari, una comunione radicata nel loro stesso essere di Chiese che vivono in loco la Chiesa unica e universale di Cristo. Una simile coscienza di comunione interecclesiale favorirà lo «scambio dei doni», a cominciare dai doni vivi e personali, quali sono gli stessi sacerdoti. Di qui la disponibilità, anzi l’impegno generoso per il realizzarsi di una equa distribuzione del clero.441 Tra queste Chiese particolari sono da ricordarsi quelle che «prive di libertà, non possono avere vocazioni proprie», come pure le «Chiese recentemente uscite dalla persecuzione e quelle povere alle quali sono stati dati già per lungo tempo e da parte di molti degli aiuti con animo grande e fraterno, e tuttora vengono dati»”.442
Pastores dabo vobis

Credo che tutto questo non sia impossibile da realizzare.

Davide Carroli