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Vendemmia – Caldo e siccità “seccano” l’uva: poco vino ma da intenditori

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In alto i calici, ma con moderazione. Primo, perché quella targata 2017 è già stata etichettata come la vendemmia più scarsa dal dopoguerra. Secondo, perché sarà un vino ad alta, altissima gradazione. Come ogni anno i viticoltori sono impegnati in una impresa che, alla luce dell’andamento climatico degli ultimi anni, appare sempre più ardua. Quest’anno, in particolare, la siccità ed il gran caldo hanno contribuito ad un’uva dagli acini molto piccoli, con pochissima polpa. D’altro canto, i produttori guardano al bicchiere mezzo pieno: si tratta di un’uva sanissima, che garantirà un vino di alta qualità.
“I primi dati registrano un grosso calo quantitativo, del 30% e in alcuni casi, specie in Valconca, dove c’era meno possibilità di irrigazione, addirittura del 50%” spiega Lorenzo Falcioni, presidente di CIA Rimini. Vendemmia scarsa, ma anche carissima: “Vinificare con 30 gradi fuori – prosegue Falcioni in riferimento al gran caldo anche di fine agosto – vuol dire spendere tantissimo in energia elettrica per il raffreddamento delle temperature in cantina”. A sottolineare l’impennata dei costi anche Giorgio Ricci, direttore di Coldiretti Rimini: ““Essendo inferiore la quantità, del 30-40%, potrebbero aumentare i prezzi. Questo sarebbe un aspetto importante visto che i prezzi dei vini sono stabili da almeno 5 o 6 anni e i costi per i produttori sono invece sempre maggiori”.
Ma cosa dicono i diretti interessati? Per tutti si tratta di una vendemmia sempre più precoce. “Un anticipo nei tempi di raccolta era previsto – afferma Davide Bigucci del Podere Vecciano – ma non ci saremmo mai aspettati così tanto. Bisogna correre molto: abbiamo tante uve pronte, ma la raccolta va effettuata con un’attenzione sempre maggiore ai parametri chimico-fisici dell’uva, per portare a casa un prodotto di elevata qualità”. Un lavoro sempre più complicato. “Ogni due giorni facciamo il punto della situazione. Al momento la nostra priorità rimane il sangiovese: in passato miravamo più alla muscolosità del prodotto, oggi c’è un forte ritorno ad un vino più fresco, raffinato, per cui ci vorrebbe un’uva più nutrita”. Se la raccolta in questa azienda è inferiore al 30% rispetto allo scorso anno, ciò avviene anche per scelta: “Abbiamo fatto noi stessi diradamenti molto importanti per garantire l’alta qualità” conclude Bigucci.
La selezione dell’uva è stata fondamentale anche per la Tenuta Sant’Aquilina, come sottolinea l’amministratore delegato, Gianluca Celli. “Avendo 30 ettari di vigna tra Sant’Aquilina e Coriano, riusciamo a portare a casa un’uva molto bella. Il problema quest’anno, per la maggior parte dei produttori, è il grado alcolico. Ma non per noi: vista l’estensione dei vigneti abbiamo anche vigne più giovani che ci permetteranno di fare Sangiovesi tra i 12 e i 14 gradi senza problemi”.
Questa azienda, oltre ad occuparsi dell’intero ciclo di vinificazione diretta da un anno, collabora con la Cantina dei Colli Romagnoli (ormai l’unica cantina sociale rimasta sul territorio) per progetti di qualità. “Nei prossimi mesi raccoglieremo 60 quintali di passito per la Cantina” annuncia Celli, rimarcando che non sempre conferire le uve alla cantina sociale è poco redditizio.
Dalla sede di Coriano dei Colli Romagnoli, il tecnico viticolo Daniele Rossi dà la sua fotografia della vendemmia 2017. “Lo stato sanitario delle uve è eccellente, non vi è la minima presenza di malattie fungine e la buccia delle uve rosse è bella spessa; questi sono ottimi parametri per la qualità” afferma. “Abbiamo già messo in cantina da prima di ferragosto le uve di Chardonnay e Malvasia aromatica. La settimana scorsa abbiamo pigiato anche la maggior parte delle uve di  merlot. Ora procediamo con i sangiovesi”. Rossi sottolinea quanto il lavoro del viticoltore e dell’agronomo finiscano per fare, in stagioni così difficili, la differenza. “Sono state fondamentali molte pratiche agronomiche che hanno consentito di mantenere i vigneti in buona salute nonostante la quasi completa assenza di pioggia, come ad esempio le lavorazioni superficiali del terreno per chiudere le crepe, i diradamenti e la corretta tempistica delle operazioni in verde”. Se un tempo si ragionava per periodi, oggi bisogna adattarsi agli strani ritmi della natura. “Quando le annate sono così complicate occorre cercare di prendere il meglio, essere tempestivi sulla raccolta – conferma Roberto Dragoni dalla Cantina di San Patrignano -. Noi abbiamo cercato di tenere i terreni sempre lavorati, in modo che la pianta non soffrisse, ma avesse sufficiente umidità nel terreno”. La speranza ora è che si abbassino le temperature e che piova almeno un po’, in modo che le piante possano riprendere ossigeno.

Alessandra Leardini