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Vedove consacrate al Signore

È del gennaio scorso il decreto del Vescovo di Rimini col quale istituisce in Diocesi l’Ordine delle vedove, una nuova istituzione, che rimanda alla più antica tradizione della Chiesa, come attesta S. Paolo nella sua prima lettera a Timoteo. Al capitolo quarto infatti vi si legge: “Onora le vedove, quelle che sono veramente vedove”; e poco oltre aggiunge: “Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant’anni, sia moglie di un solo uomo, sia conosciuta per le sue opere buone”.
Ancor prima dell’Ordo Virginum, dunque, è nato l’Ordo Viduarum, anche se poi si è perso nel tempo ed ora va riprendendo vigore nell’esperienza di varie Chiese in Italia.
Di questa timida, incipiente esperienza, ne parliamo con don Davide Pruccoli, delegato vescovile dell’Ordo Viduarum.

Come è nata l’idea nella nostra Chiesa riminese?
“Nella nostra diocesi riminese negli anni passati era abbastanza frequente la consuetudine di periodici incontri di gruppi di vedove per l’edificazione reciproca nella preghiera comune e nel vicendevole sostegno per vivere con fede la propria condizione esistenziale. Da questa aggregazione spontanea è via via emersa l’idea e la voglia di dare vita ad una forma di spiritualità organizzata; alcune di loro si sono presentate al Vescovo e da lì è partito il cammino che ora ci porta alla costituzione canonica dell’Ordo Viduarum”.

Ci sono altre esperienze nelle Chiese italiane?
“Dalle ricerche che ho fatto io, ci sono in Italia almeno una quindicina di Diocesi che hanno istituito l’Ordine delle vedove e si contano circa 200 consacrate. Non essendo una istituzione di diritto pontificio, ogni diocesi ha fatto un suo regolamento ed un suo direttorio, così come, sul loro esempio, abbiamo fatto anche noi”.

Quali sono i tratti salienti del Direttorio della nostra Diocesi?
“Posso riassumerne il contenuto per titoli. Dopo un’ampia introduzione che descrive le motivazioni e gli scopi di questa istituzione, si passa a definire i contorni della vocazione all’Ordine delle vedove, si descrive il particolare carisma della vedovanza, il contenuto e l’impegno personale della promessa, il loro itinerario spirituale ed il significato della loro presenza nella Chiesa locale. Dopo queste note di carattere generale, nel secondo capitolo si definiscono i criteri per il discernimento di tale vocazione e gli itinerari formativi”.

Allora anche per le Vedove ci sarà un tempo di studio e di formazione.
“Certamente. Non basta essere vedove per consacrarsi al Signore in questo stato, è necessario prenderne anche piena consapevolezza e responsabilità. Così l’itinerario formativo prevede un cammino di tre anni”.

Ci puoi descrivere brevemente questa progressione di tre anni?
“Direttorio alla mano, diciamo che il primo anno, di carattere propedeutico, servirà a verificare il discernimento dei segni oggettivi e positivi che rivelano un convinto ed effettivo orientamento, da parte della vedova, alla consacrazione nell’Ordine delle vedove.
Il secondo anno avrà l’obiettivo di formare a una vita consacrata al Signore. Negli incontri formativi vengono proposti allo studio e all’assimilazione orante gli elementi fondamentali e strutturali della vita consacrata, attraverso lo studio della Scrittura, della Tradizione e del Magistero della Chiesa, ed in particolare del Concilio Vaticano. Al termine del secondo anno l’aspirante presenterà la domanda scritta per essere ammessa tra le candidate alla consacrazione nell’Ordine delle vedove.
Il terzo anno sarà dedicato all’approfondimento dei seguenti temi: significato e contenuti della consacrazione nell’Ordine delle vedove, a partire dal Rito di benedizione; la vedova nel Nuovo Testamento, nella Tradizione della Chiesa e nella storia; la rifioritura dell’Ordo viduarum, dopo il Concilio Vaticano II; la spiritualità delle vedove consacrate. Il terzo anno potrà terminare con la consacrazione nelle mani del Vescovo”.

E dopo la consacrazione queste vedove saranno lasciate a se stesse?
“Certamente no. Avranno comunque periodici incontri formativi e di preghiera comune e saranno affidate alla cura e alla sollecitudine dei loro parroci e direttori spirituali. Inoltre è richiesta ad ognuna una regola di vita personale, fatta su misura sulla loro reale condizione di vita; una regola di vita che metta al centro la preghiera, la direzione spirituale, la comunione con le altre consacrate… ”.

Abbiamo parlato fin qui in modo generico dell’istituzione dell’Ordine delle vedove, ma in concreto come si prevede la sua attuazione?
“L’istituzione dell’Ordo viduarum non è un’idea astratta, nata dalla fantasia del Vescovo, ma, come accennato sopra, dall’esperienza già in atto nella nostra Diocesi. In particolare dal cammino perseverante di quattro vedove che da molti anni hanno deciso di consacrare la loro vedovanza al Signore. Ora è sembrato bene al Vescovo offrire a queste donne un cammino ecclesiale riconosciuto e consacrato”.

Possiamo sapere chi sono queste quattro vedove che danno origine nella nostra Chiesa all’Ordine delle vedove?
“Certo: abbiamo Margherita Monesi, della parrocchia di Cristo Re a Rimini; Eleonora Placucci di San Lorenzo di Riccione; Eleonora Foggiato di Sant’ Andrea dell’Ausa e Luana Galluzzi degli Angeli Custodi di Riccione”.

A che punto sono queste quattro nel loro itinerario formativo?
“Tenuto conto di tutto il tempo trascorso nell’attesa dell’istituzione, abbiamo pensato che fossero pronte per presentare la loro candidatura. Così il prossimo 14 aprile, alle ore 18, nella chiesa di San Lorenzo a Riccione, saranno accolte ufficialmente fra le candidate all’Ordo Viduarum.
Tengo a sottolineare che, trattandosi di una istituzione diocesana, la candidatura e la consacrazione saranno fatte sempre nelle mani del Vescovo, ed in particolare la consacrazione sarà fatta in Cattedrale, per sottolineare la diocesanità dell’evento”.

Prospettive per questa istituzione?
“Siamo nelle mani di Dio. Se è opera sua, da lui voluta, sicuramente progredirà. Ma le quattro candidate non staranno con le mani in mano: saranno attive per ampliare e far conoscere anche ad altre vedove questa opera ecclesiale”.
Egidio Brigliadori