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“In uscita” incontro all’ amore

In uscita. Incontro all’amore. Leggendo Amoris laetitia. È il titolo del nuovo libro di don Giorgio Zannoni, edito da Marietti. Lo abbiamo intervistato su questa nuova fatica.

Piaccia o no, Amoris laetitia (AL) costituisce ormai un punto di riferimento ineludibile ed in parte anche di svolta, del magistero circa l’amore e il matrimonio. Dove ti pare risiedere l’originalità messa in atto da Papa Francesco? Quali sono gli aspetti più significativi di tale “novità”?
“La vita della Chiesa, la tradizione, non mostra ’svolte’ nel senso di discontinuità, semmai offre una prospettiva che, come dici, è ’originale’ circa il modo consueto di lettura ed affronto dello stesso tema. In tal senso AL attesta circa l’amore umano uno svolgimento organico nel solco dell’intelligenza dell’evento coniugale.
Così AL avanza che l’appartenere al corpo ecclesiale non accade in forma unica, è offerto a tutti ma «a proprio modo», ossia non coincide sempre col fatto di accostarsi ai sacramenti. Supera perciò la finora consueta nozione di ’peccato oggettivo’: non esiste la categoria dei ’fedeli irregolari’, criterio in grado a priori di classificare e valutare i legami privi dell’essersi sposati in Chiesa”.

… allora perché attorno all’Esortazione si è sviluppato una sorta di “conflitto delle interpretazioni”, come in effetti definisci quanto sotto i nostri occhi? Perché Francesco non reagisce?
“Due parole appena su di una questione complessa che rimanda al prendere atto della difficoltà vissuta oggi nel corpo della Chiesa rispetto al Magistero. Non c’è forse tuttora divisione sul genuino senso pastorale del Vaticano II? E il dissenso tra noi circa Humanae Vitae risulta superato con Giovanni Paolo II grazie alla teologia del corpo? Il tema della “coscienza” (Veritatis Splendor) rivelò precise difficoltà tanto da essere rivolto in primis all’episcopato. Benedetto XVI richiamò al tema della fede stessa, e pensò la prima (poco citata) enciclica di Francesco.
Ora a mio avviso, AL,  dato il tema stesso, ha avuto l’effetto di cartina di tornasole della problematicità (dottrinari-aperturisti) presente nella compagine ecclesiale.
Il matrimonio è materia complessa, realtà creata e redenta. È sacramento cioè fatto ecclesiale – non è della coppia -, compito innervato nell’esistenza cristiana, una vita sacramentale cui si è chiamati a entrare in forza del battesimo. E poi AL chiede di assimilare la mossa missionaria di <+cors>Evangelii Gaudium<+testo_band>, l’altra Esortazione di Francesco”.

Il tuo lavoro pone al centro dell’attenzione di AL la dimensione della “pastoralità” mai concepita in opposizione alla “dottrina”. Come ricomprendere oggi tale nesso?
“Nel dualismo di piani – una disomogneità ’dottrina’ – ’disciplina’ – si mostra il virus che intacca la proposta pastorale, esito di un serio equivoco sulla fede. Decisivo in merito il richiamo di AL: in ogni atto pastorale deve di nuovo «risuonare il primo annuncio»; il «Kerigma» è sorgente insuperabile di tutta la formazione del cristiano (n.58). ’Dottrina’ è la persona di Cristo, non indica un insieme di principi o valori da tradurre in pratica, la pastorale non risponde allo schema teoria – prassi, alla mossa ’siamo cristiani quindi…’. Una fede ideologizzata snatura l’Evento, spegne la novità cristiana assumendo la misura della cultura mondana”.

… dunque a tuo parere ai più sfugge il cuore pulsante dell’Esortazione?
“Non io, ma il testo ne indica chiaramente il cuore. Ricordo il n. 230 «la pastorale familiare dev’essere essenzialmente missionaria, in uscita, piuttosto che ridursi ad essere una fabbrica di corsi ai quali pochi assistono». E subito Francesco ha richiamato – come ai fedeli di Roma (14 giugno 2015) – la rigenerazione richiesta all’odierna prassi pastorale, sì da rompere gli ambiti abituali ai fedeli ’vicini’ da Lui detti «recinti». Ebbene il muoversi «in uscita» del «discepolo-missionario» non rappresenta forse il punto critico dell’odierna proposta educativa-pastorale?
Ripeto la mia sorpresa per la mancata reazione alla diagnosi di Francesco, a Firenze, circa la Chiesa in Italia: la pastorale è segnata da un fondo di «gnosticismo» e quindi da un’impronta «pelagiana». Certo, la ricezione di AL non poteva non risentirne nel senso di un’effettiva comprensione”.

Dedichi una particolare considerazione al cap. VIII dell’AL, quello che ha suscitato più difficoltà nella recezione. In breve, la comunità ecclesiale come può affrontare le problematiche ivi poste, corrispondendo effettivamente allo spirito dell’esortazione?
Le nostre comunità ecclesiali sono pronte ad affrontare questa sfida?
“Quanto fin qui rimanda al richiamo di Francesco a non concentrarsi sul Cap. VIII, o meglio al ridurlo al dilemma ’comunione sì – comunione no’. Certo, sono i numeri di AL in cui si concentrano le domande immediate e di facile attrattiva. Ma da affrontarsi in modo coerente alla verità della sessualità, porgendo, la vita della comunità, una effettiva risposta all’attesa della salvezza di se stessi.
La ferita affettiva che riguarda oggi tante persone può davvero trovare rimedio dal passare in ogni caso ai sacramenti? La Chiesa può offrire solo questo o farsi ambito proposto, incontrato e verificato legame che apre alla ragione adeguata al vivere? Un matrimonio errato o fallito può rivelarsi occasione di una domanda di senso che viene intercettata a seguito di tale ferita. E la Chiesa può rivelarsi madre dell’umano in quanto alla corporeità grazie al Tribunale.
Certo, una proposta di rinascita può avanzarla al prossimo solo chi partecipa di un orizzonte di vita nuova, verificato nella propria storia inizio vero di se stesso.
Francesco esclude «una nuova normativa generale di tipo canonico applicabile a tutti i casi», rimandando a «un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari» (AL. 300).
Invece accade pure il passare dalla finora consueta regola del ricondurre a priori gli ’irregolari’ al non poter ’fare!’ i sacramenti, ’accontentandosi’ di mansioni intra-ecclesiali, alla ’regola’ del concedere comunque il sacramento. Si scavalca la verità rispetto al pregresso matrimonio ed alla coscienza, presupponendo di solito una colpa non sempre commessa a riguardo.
Mi interroga davvero: che senso può avere per ogni fedele, me compreso, una eucarestia disgiunta da un’esistenza di spessore sacramentale. Non è forse oggi grave il divorzio tra la fede e il vivere?”

Cosa significa il “discernimento” ultimo della Chiesa al servizio della coscienza?
AL  pone il tema del nesso tra la Chiesa e la coscienza (il ’foro interno’), perciò la domanda della dimensione ecclesiale dell’io-fedele. Come passare dal rispondere alla propria coscienza al vivere con la coscienza di rispondere a Cristo? Ossia alla distanza tra un sacramento e un devoto gesto individuale, tra l’assimilarci a Lui che si offre al Padre e ’fare’ la comunione?
Se il giudizio ultimo sul (l’accesso al) sacramento è la coscienza, cade – lo mostra la (crisi della) confessione – la natura della Chiesa sacramento dell’incontro con Cristo – mentre tocca alla pastorale rendere certi – esperienza personale – della presenza reale di Cristo che trasforma l’esistenza in relazione con Lui”.

… per finire, perché hai voluto dedicare un lavoro del genere su AL? Qual è la posta in gioco per la Chiesa in questo particolare momento storico?
“Se non accolgo ’la mossa’ di Francesco mi trovo a galleggiare nel «cambiamento d’epoca» in atto: la crisi è epifenomeno dello smarrimento dell’io, del ’soggetto’.
Possiamo fermarci a sistemare i matrimoni degli adulti quando urge attrezzare le nuove generazioni all’amore per sempre?”

Natalino Valentini