Home Attualita Un turismo frenato che ci costa 240 milioni l’anno

Un turismo frenato che ci costa 240 milioni l’anno

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Per numero di pernottamenti annuali, la Riviera è tornata indietro di dieci anni, a quota 15,4 milioni. I numeri delle presenze, così come degli arrivi, crescono, ma meno che in altre località turistiche strategiche, italiane ed estere. E sono lontani dagli anni d’oro. Calano gli stranieri, il mare perde attrattività (specie tra inglesi e scandinavi) e gli hotel non si rinnovano.
Sono questi i principali spunti che emergono dall’inchiesta di TRE-TuttoRiminiEconomia di maggio (la prossima settimana con ilPonte). Uno studio che prova a calcolare anche le perdite economiche del turismo riminese: almeno 240 milioni di euro l’anno e, sul fronte occupazionale, almeno un numero di avviamenti tre-quattro volte inferiore a quello che si sarebbe potuto ottenere se il trend delle presenze fosse rimasto in linea con gli anni d’oro. Numeri da fantascienza? Vediamo da dove vengono.

Un occhio in “casa”. Il Veneto, la regione d’Italia più visitata dai turisti, italiani e stranieri, sesta per presenze in Europa, nel 2015, con 17,2 milioni di arrivi e 63,2 milioni di presenze, ha fatto registrare un aumento, rispettivamente, del 6,1 e del 2,2%. In Emilia Romagna, con 8,7 milioni di arrivi e 46,1 milioni di presenze, i primi sono cresciuti del 5,1% e i secondi del 3,2. Ma nello stesso 2015, i turisti arrivati in provincia di Rimini (3,3 milioni) sono aumentati del 4,3% mentre i pernottamenti solo dell’1,6% (15,3 milioni). Un bilancio positivo, ma inferiore a quello ottenuto dalla regione Veneto, dall’Emilia Romagna e dall’Italia (+1,8% di presenze).

L’altalena. Non è tutto. Se in Europa le presenze turistiche, stando ad Eurostat, crescono ininterrottamente dal 2009 e nel resto del mondo, nonostante le difficoltà dell’economia, crescono al ritmo del 3-4% l’anno, così avviene per il turismo riminese, molto lontano dalle presenze degli anni del boom (1980-1990). Inoltre, dal 2009, pur con gli arrivi in crescita, i pernottamenti hanno avuto un trend altalenante con il risultato, appunto, che nel 2015 (15,4 milioni) sono stati gli stessi del 2006.

Perché non siamo riusciti ad attrarre i nuovi viaggiatori globali? Sono venute meno le presenze straniere: dai 5,4 milioni nel 1970, sono salite a 6,5 milioni nel 1980, ma nel 2015, dopo un calo continuo di tre anni, si sono dimezzate a 3,5 milioni. Meno del 23% di tutti i pernottamenti provinciali, quando in Italia i visitatori dall’estero totalizzano il 50%. Qualcuno obietterà: gli arrivi dall’estero sono comunque aumentati (+14%). Ma la permanenza media del turista straniero si è più che dimezzata: da 11 giorni nel 1980 a 5 giorni nel 2015.

Il mare non è tutto. In provincia, i primi tre paesi di provenienza dei turisti esteri sono stati, nel 2015: Germania, Svizzera e Russia (in calo della metà, per le note vicende della crisi Ucraina). Ma ci siamo (quasi) persi gli inglesi, che un tempo erano molto numerosi, e tanti turisti scandinavi. Che si sono nel frattempo dirottati verso la Spagna (Catalogna e Baleari). Forse, dunque, non è il mare a non interessare più, ma il nostro prodotto balneare a perdere attrattività (altrimenti non si spiegherebbe l’aumento della costa spagnola).

Alberghi vecchi. Secondo l’Osservatorio di Unioncamere sul Turismo 2015 in Emilia Romagna, il 25% degli operatori pensa che investire nella riqualificazione della struttura ricettiva non sia essenziale, mentre il 55% afferma che il proprio albergo sia stato ristrutturato recentemente e che vada bene così com’è.
Alberghi, prosegue il Rapporto, che risalgono alla anni ’70 e sono privi di insonorizzazione, aria condizionata, piscina, applicazione di norme antincendio, ecc.
Anche un’indagine della Provincia di Rimini, del marzo 2015, sull’innovazione nel turismo sottolinea che la metà delle imprese del settore (alberghi, ristoranti, ecc.) non ha introdotto nessuna novità negli ultimi tre anni. Percentuale di otto punti più elevata della media delle strutture turistiche dell’Emilia Romagna.

Guadagni persi. Se solo si fossero mantenuti i numeri dei pernottamenti stranieri degli anni migliori, secondo l’inchiesta di TRE, oggi ci troveremmo con oltre 18 milioni di presenze complessive, 3 milioni in più di quelle registrate a fine 2015. Considerando una spesa media giornaliera di 80 euro (ipotesi conservativa, perché la Regione Veneto ha calcolato, per i turisti stranieri che la visitano, una spesa media giornaliera di 95 euro, con punte di 180 per giapponesi e cinesi), la perdita per l’economia locale si può calcolare in almeno 240 milioni di euro l’anno. E il lavoro? In corrispondenza della caduta delle presenze (dal 2013) ne risentono anche gli avviamenti (da non confondere con gli assunti, che sono di meno perché ciascuno può avere più contratti nel corso dell’anno): a fine 2015 se ne contano 10mila in meno rispetto al 2012. In parte sono stati sostituiti dai voucher che non rientrano in queste casistiche e che proprio nel turismo hanno avuto un’impennata, ma è difficile che coprano tutta la differenza. In fondo l’equivalenza meno presenze, uguale meno lavoro, non ha bisogno di troppe spiegazioni.

Primo Silvestri