Home Ultimaora Un prete di “periferia” targato don Oreste Benzi

Un prete di “periferia” targato don Oreste Benzi

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Don Romano era uno di quei preti che se gli chiedevi quando lo avresti potuto trovare sicuramente a casa per chiamarlo al telefono, ti rispondeva «chiamami tra le 14 e le 14.30»; e quando tu gli facevi notare che a quell’ora era solito fare la pennichella, lui ti replicava: «Non preoccuparti, io dormo con un occhio solo!». Lo trovavi sempre.
Don Migani era uno di quei preti con le mani grandi e grosse, perché faceva il falegname d’inverno e il barista d’estate prima di diventare prete; a farsi sacerdote non ci pensava neppure, fino a quando, a 17 anni, non vide don Oreste Benzi predicare in piedi sui tavoli di un bar a Misano: non lo mollò più e divenne un bravo educatore.
Don Benzi, che nel frattempo era diventato suo padre spirituale, un giorno glielo propose a bruciapelo. «Non posso farmi prete, io non ho studiato», rispose (aveva infatti solo la V elementare), anche se nel suo cuore iniziava ad affiorare il desiderio di essere <+nero>missionario laico e partire per l’Africa. «Non ti preoccupare – gli replicò don Oreste – ci sono tanti testoni in Seminario, uno in più, uno in meno non importa». Lo convinse subito. Romano dovette però andare in un “seminario” per adulti ad Acquapendente (VT), dove si prendeva cura di un centinaio di ragazzini orfani: «Ho scoperto la vita dura in questi piccoli, che mi è stata utile poi nella vita», raccontava.

Don Romano era uno di quei preti che al mattino presto lo trovavi in chiesa a pregare, nel buio, seduto accanto all’altare con una lampadina fioca: quando ti vedeva entrare ti accoglieva e ti invitava a partecipare con lui alla santa Messa, lì, accanto a lui, all’altare. <+nero>Ti faceva venir voglia di imparare a pregare. E quando glielo chiedevi, ti dava il vangelo in mano e ti metteva davanti al tabernacolo per un’ora, poi ti regalava Il deserto nella città di Carlo Carretto.

Il Don era uno di quei preti che aveva una sorta di radar per trovare i poveri: non aspettava che bussassero alla sua porta, andava a lui cercarli. Come la signora R., che abitava con le galline in casa, senza acqua, né luce, né riscaldamento: don Romano andò a cercare una dottoressa per convincerla a visitarsi e quando faceva molto freddo le portava, tra le altre cose, del buon cognac! La domenica pomeriggio era dedicata ad andare a trovare con i giovani chi non era cercato da nessuno.

Don Migani era uno di quei preti per il quale le parole del vescovo erano “sacre”, ma quando gli facevi notare che forse il suo “capo”  non sarebbe stato molto contento vederlo abitare con gli immigrati e i poveri in canonica, lui cambiava discorso. Si faceva in quattro per trovare loro lavoro e ci riusciva sempre. Era “targato” «don Oreste Benzi».
Il Don era uno di quei preti che <+nero>sapeva promuovere tutti: anche i peccatori. Intuiva le tue capacità e ti invitava a non tenerle per te, ma a metterle a servizio di tutti. Riusciva sempre a “fregarti” i doni che avevi, ma così li faceva crescere e capivi anche qual era il tuo posto nella Chiesa di Cristo.

Don Romano era uno di quei preti che lasciava le 99 per andare a cercare la pecora smarrita: i ragazzi dei muretti, i giovani delle discoteche, persone preda delle sette. Promosse infatti, già dagli anni ’80, la pastorale giovanile di vicariato a Coriano, ed offriva l’esperienza coinvolgente e affascinante dei campeggi estivi; fondò a Rimini il <+cors>Gruppo di ricerca e informazione religiosa (Gris); fu il primo a partire per l’Albania a portare i primi soccorsi nel 1993 per conto della Caritas diocesana. Lasciava sì le 99, ma poi queste non ce la facevano a rimanere nell’ovile: erano come “attirate” ad “uscire con lui verso le periferie”.

Don Migani era tra i primi preti riminesi figli dell’ultimo Concilio: fu tra i primi ad istituire il Consiglio parrocchiale ed economico, nonché la Caritas parrocchiale; promuoveva carismi e ministeri; esortava ad impegnarsi nel mondo professionale e politico; prima annunciava Cristo e poi ti invitava a seguirlo nella Sua Chiesa.
Don Romano era però anche uno di quei preti all’“antica”. Convocava consigli pastorali e riunioni per decidere le varie questioni, ma poi li presiedeva “alla don Camillo”: di fatto vi comunicava le sue decisioni; tuttavia, lo faceva in un modo così avvincente e coinvolgente, che anche i contrari, bonariamente, “deponevano le armi”. Anche chi non la pensava come lui, lo stimava. Era all’antica anche con le donne: non ha mai dato il volante della sua auto e del pulmino della parrocchia ad una donna, fino a quando vi è stato costretto dalla malattia.

Personalmente, quando gli dissi che sarei andata a studiare teologia a Roma, ricordo che reagì dicendomi: «Cosa vai a fare? Non serve», ma poi mi accompagnò di persona al colloquio con il decano e anche a cercare casa. Solo i viserbesi sono riusciti ad addolcirlo un po’, con l’avanzare dell’età.
Don Migani era ottimista, sempre sorridente e accogliente, gli piaceva scherzare (da ragazzino era timido, ma il teatro lo aiutò a superarsi) e, soprattutto, era molto generoso: non capivi mai perché predicava la povertà e fosse così sobrio nel suo stile di vita e, dall’altra parte, abbondasse sempre di regali, soprattutto per i bambini, e invitasse sempre tutti alla sua tavola. Più tardi ho capito che aveva lo stesso stile di Dio: povero e generoso.

Don Romano era uno di quei preti che di fronte alla malattia del Parkinson non lasciò la “sposa”, la parrocchia, ma continuò ad esserle accanto come uno sposo: «nella salute e nella malattia». Volle infatti rimanere a Viserba mare, in una casetta molto modesta, insieme ad una famiglia, che chiamava “i miei Aquila e Priscilla”.
Ciao don! Grazie per averci insegnato ad essere cristiani, vivendo semplicemente da cristiano. Ci hai dato Dio: ci hai dato tutto; ci hai lasciato l’eredità dei santi. Allora, Ad-Dio!

Elisabetta Casadei
(sua figlia spirituale e parrocchiana)