Home Cultura Un palazzo, una storia…in cartolina

Un palazzo, una storia…in cartolina

Quando la passione per le cartoline si trasforma in una incessante ricerca storica della vita della città dalla fine dell’800 in poi. È il caso del signor Guido Pironi, rappresentante di prodotti tessili e per l’abbigliamento, che scoprì questa passione nel gennaio 1990. Da quel che ci racconta, fu una vera e propria folgorazione.
Abbiamo chiesto al signor Pironi di raccontarci come e quando è nato questo hobby.
“È cominciato 18 anni fa – ricorda a il Ponte quasi per caso. Visitai una mostra a Riccione, e per me quella esposizione rappresentò una svolta. Mia moglie che era con me, mi disse che avevo cambiato espressione del viso, insomma fu un vero e proprio colpo di fulmine”. Fu da quel momento che iniziò la sua attività di collezionista con le cartoline commerciali?
“Sì, cominciai a frequentare i mercatini rionali, i rigattieri, così i miei orizzonti si allargarono, il mio interesse si estese alle cose antiche: cartoline, materiali e documenti, incisioni riguardanti le famiglie nobili e importanti della nostra città, come la famiglia Zavagli. Ne posseggo diverse migliaia di esemplari. Ci si potrebbe scrivere un libro…”.
Signor Pironi, lei ha anche un’altra storia da raccontare, legata sotto un certo aspetto al suo hobby di raccolta di incisioni e cartoline.
“È vero, il ricordo di mio padre e di mio nonno, che prestarono servizio come falegnami presso la dimora riminese dei conti Petrangolini, famiglia nobile di origini urbinati, che si trovava in corso d’Augusto, dove adesso c’è palazzo Guidi.
A causa dei bombardamenti subiti nell’ultima guerra mondiale, palazzo Petrangolini venne distrutto. Se ne interessò la famiglia dei riminesi Guidi, che al suo posto edificò l’attuale palazzo. Così dopo la guerra l’ex palazzo Petrangolini venne interamente ricostruito. All’interno della nuova struttura, esattamente nella coorte interna, sono rimasti dei reperti che ricordano ancora i fasti di palazzo Petrangolini, il pozzo e la cappella privata”.
La sua passione per la raccolta delle cartoline e materiale antico, ha a che fare con la storia della sua famiglia?
“Sono due cose distinte, diciamo che la storia della mia famiglia e il materiale riguardante palazzo Petrangolini è stato un’inizio che mi ha spinto a proseguire nel mio hobby. Prima di quella mostra di Riccione, la passione per la ricerca anche per le cose riguardanti la mia famiglia non era così sentita”.
Ci racconti la storia della sua famiglia: che legami ci sono con il palazzo Petrangolini?
“Mio nonno Serafino Pironi e mio padre Giovanni hanno lavorato come falegnami per i conti Petrangolini e per altri nobili riminesi come i conti Spina. Mio padre allora era un ragazzino, faceva da bocia a mio nonno. La cappella privata che ancora oggi si trova all’interno di palazzo Guidi-Petrangolini, fu costruita tra il 1926 e il 1927, progettata dallo stesso conte Petrangolini, che era anche un discreto pittore. Il conte affrescò personalmente la cappella privata situata nella coorte del suo palazzo.
Allora i palazzi nobili avevano una loro chiesa privata. Per la costruzione di questa ‘cappellina’ furono impiegate parecchie persone, muratori, falegnami e altre qualifiche professionali. I Petrangolini erano gente ricca senza problemi e con diverse proprietà”.
Mio nonno (il signor Pironi prende fiato, si rigira fra le mani le cartoline di palazzo Petrangolini, ndr.) era anche falegname delle ferrovie sotto il fascismo, allora era un posto buono, sicuro. Fu licenziato perché, essendo antifascista, non prese la tessera del PNF. Così mio padre che era bravo a scuola, fu costretto a smettere di studiare per andare a lavorare, il conte Petrangolini era un uomo buono, una persona generosa, che aiutava chi era in difficoltà, invitava la gente povera a casa e la sfamava, non dava soldi perché diceva: ‘Dopo vai a bere all’osteria, preferisco sfamarti’. Dopo la fine della guerra si ritirò a Tavoleto.
Se devo essere sincero, le storie che mi raccontava mio padre a me non interessavano molto, stavo a sentire per dovere, poi col tempo mi sono appassionato alla ricerca e alla vicenda di palazzo Petrangolini. È stata una maniera per ricostruire le vicende storiche della nostra città negli anni ’30. Mio padre morì nel 1992”.
Che tipo di città era Rimini allora?
“A quel tempo era una città d’arte e balneare, molte famiglie nobili acquistavano ville e palazzi. In quel periodo Rimini era frequentata dall’alta borghesia, c’erano anche molti villini vicino al mare. Il turismo di massa arrivò solo dopo la guerra. Allora i nobili che prendevano dimora nella nostra città ci stavano tutto l’anno, non solo nel periodo balneare, il loro posto di ritrovo era il casinò civico, che si trovava in via Gambalunga”.
Dopo la fine della guerra, suo padre e suo nonno misero a frutto l’esperienza maturata come falegnami, aprendo con uno zio un mobilificio denominato f.lli Pironi, arrivando perfino, nei periodi di maggior splendore, ad avere 10 operai.
“La mia famiglia costruiva mobili per alberghi, insomma abbiamo fatto parte della ricostruzione della nostra città, che partendo dal turismo, ci ha fatto conoscere in Italia e in Europa”.
Attraverso le cartoline e i documenti di una famiglia nobile che ha dimorato a Rimini fino alla Seconda guerra mondiale, ecco ricostruito un pezzo di storia della nostra città.

Patrizio Placuzzi