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Un incontro che libera il cuore


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In questo ultimo periodo nella Missione diocesana si alternano gruppi di giovani italiani e albanesi, che chiedono di fare un’esperienza profondamente inserita nel cuore stesso della vita dei missionari.
Prima era più frequente accogliere chi chiedeva solo di fare qualche attività di animazione nel campo giovani o bambini e c’era anche chi veniva senza partecipare nemmeno alla Messa domenicale, creando non piccolo disagio e incomprensione nei neofiti albanesi.
Ora tutti i preti che guidano questi gruppi chiedono espressamente ai missionari di fare l’intera giornata con loro dalla preghiera del mattino ai servizi, fino all’annuncio del Vangelo.
La maggioranza dei gruppi giovanili sono ora albanesi del nord, ma ci sono anche gruppi italiani che vengono con costanza.
Don Pedro di Savignano-Castelvecchio che quest’anno è ritornato anche nel tempo di Natale è uno di questi.

Ecco una loro testimonianza:
Aiuto, voglia di fare, preghiera, pensieri, coraggio, forza, amore, i sentimenti e le emozioni che più sono rimaste da questo viaggio, da questa avventura…da questa missione. Dal 27 dicembre fino al primo gennaio, accompagnati da don Pedro, siamo andati in Albania, per portare il nostro aiuto e il nostro amore a chi non ha la possibilità di vivere una vita serena e tranquilla per via delle povere condizioni in cui vive. O almeno questo pensavamo di fare. Eravamo un gruppo di 18 persone, dai 16 anni in su, e siamo partiti con l’obiettivo di regalare sorrisi e affetto a tante persone che si trovano in difficoltà e renderle felici con poco; in realtà sono state queste persone, povere economicamente, a rendere felici noi e ad insegnarci tanto. Quello che più ci ha colpito è stato capire che per vivere con gioia non servono soldi o beni materiali, ma tanto amore. È un fatto che sostengono tante persone, tanti uomini che magari vivono anche agiatamente e modestamente, ma è difficile crederlo quando ti ritrovi faccia a faccia con la povertà in persona: case che cadono a pezzi, senza stufa d’inverno o con le finestre rotte, famiglie che hanno figli con gravi malattie e non sanno come curarli, bambini scalzi che non mangiano più di un pezzo di pane al giorno. E allora come fanno a sopravvivere? La risposta è semplice, ma è difficile scovarla: con l’amore. L’amore è così prezioso che le persone, là povere, non fanno altro che ringraziare il Signore per quel poco che hanno e inevitabile è il paragone con il mondo in cui viviamo noi, che ci arrabbiamo tanto se non abbiamo tutto ciò che desideriamo.
Quello che più lascia stupite le persone, è il fatto che anche dei ragazzini di 16 o 17 anni si siano cimentati in questa avventura. “In Albania? Ma cosa ci vai a fare?” è quello che ci chiedono molti, “hai passato il capodanno là alla tua età?” e ci vedono un po’ strani. In realtà, questo ci fa capire come il nostro piccolo viaggio abbia dato i suoi frutti: attraverso la nostra esperienza siamo riusciti, e tutt’ora piano piano riusciamo a divulgare quello che abbiamo fatto e che tante altre persone si impegnano a fare. E ciò speriamo che faccia riflettere anche chi è fuori da questa realtà.

Riflessioni, catechesi, condivisioni. Anche questa è stata l’esperienza, una scoperta di noi stessi, forse di una delle parti più belle che l’essere umano possiede nel cuore. Aiutare il prossimo, e migliorare dentro.
Visite, ascolti, abbracci e sorrisi. Purtroppo non si può salvare il mondo intero, ma si può rendere migliore il mondo di qualcuno, e questo ce lo siamo fatti bastare. Durante le nostre visite alle famiglie abbiamo ascoltato le loro storie, tristi e commoventi, mentre ci offrivano qualcosa da mangiare o da bere (là l’ospite viene accolto molto calorosamente, cosa davvero importante). L’unico gesto che potevamo fare era abbracciarli, ringraziarli per averci fatto aprire gli occhi su quella che è davvero la realtà e sorridere rassicurandoli. Appena tornavamo a casa, pregavamo per loro…e tutt’ora rivolgiamo loro pensieri e preghiere.
Di questa esperienza ci è rimasta tanta sofferenza, sì… ma anche voglia di fare sempre più e di mettersi in gioco per aiutare il prossimo. Il passo successivo sarà quello della divulgazione: da una parte rendere nota questa realtà a chi più ne è estraneo, dall’altra allargare il campo della missione anche ai nostri territori, nella speranza di rendere migliore ciò che ci circonda!

Giorgia Raschi